domenica 2 agosto 2015

La Venere Bulgara

Eccomi in tutta la mia bellezza nella palestra dell'Istituto Gaetano Palloni di Montevarchi, al termine di quella che possiamo definire come "l'avventura al fianco della Venere Bulgara", che mi ha vista sudare l'anima fra le mani di una fisioterapista dedita alla riabilitazione delle mie povere ginocchia. Quattro lunghe e intense sedute, fra Tecar e palestra, per creare le basi di un lavoro ben più lungo e costante, al quale dovrò dedicarmi vita natural durante, se intendo riacquistare la totale mobilità dei miei arti inferiori e mantenerla, in eterno!

La mia avventura inizia due settimane fa (sul come mi ci sia ritrovata ne ho parlato qui), e adesso che sta per partire la seconda fase, mi accorgo che questa storia sembra voler assumere più significato di quanto all'apparenza sembri avere.
Lunedì 20 luglio, appuntamento all'Istituto ore 15:00. Arrivo con 15 minuti di anticipo (memore dell'intramontabile consiglio di Mary Poppins "chi ben comincia è a metà dell'opera", e del mio nuovo mantra personale "nessuna scusa Caterina!"), supero il trauma dello sbalzo di temperatura dai 40° gradi fuori ai 15° dentro, e mi dirigo verso la palestra. Due ragazze in tuta coordinata stanno parlottando di non so quale terapia. "Sapranno senza dubbio darmi indicazioni". Mi schiarisco la voce, prendo coraggio e:
"Buong..."
"Tu sei Chiara Carli" (notare il tono affermativo, e la mancanza di punto di domanda)
"No, Caterina Meniconi"
Scorre l'elenco che ha in mano, prima pagina, seconda pagina, terza pagina... niente. 
"Non sei qui!" - se ne va.
L'altra, più caritatevole, si avvicina:
"Devi fare fisioterapia? hai fissato con qualcuno? o avevi bisogno di informazioni?"
"Sì, voglio dire... è il primo giorno di fisioterapia e devo fare lezione con..."
"Ah, ok. Non sei qui ancora. Devi andare dall'altra parte. Vieni, ti accompagno."
Entriamo in un corridoio asettico, ma piacevole. Un intenso odore di disinfettante mi si infila su per il naso, mi provoca tre starnuti di seguito, ma cerco di mantenere il controllo, odio starnutire in pubblico! Arriviamo in una sala d'aspetto, di nuovo un punto di partenza, penso.
"Ecco" mi dice la ragazza in tuta "ci vediamo dopo", ripercorre il corridoio, e scompare chiudendosi la porta alle spalle, mentre il mio sguardo la segue. E adesso? non mi piace chiedere indicazioni, e mi vergogno quando non so esattamente cosa devo fare o dove devo andare.
"Caterina?" a chiamarmi è una voce fredda, dall'accento dell'est, mi volto e proviene da una ragazza alta e magra. Ha un viso duro, quasi quanto la sua voce, incorniciato da una cascata di capelli castani, addolciti da qualche meches ramata. Le mani conserte, in attesa di una qualche risposta.
"Sì"
"Seguimi".
Entriamo in un altro corridoio, poi un altro ancora, seconda porta a sinistra. 
"Prego, togliti i pantaloni e sistemati sul lettino, io arrivo subito".
Andiamo bene! Odio mettermi nuda davanti a gente che non conosco - al mare non fa differenza, mi ci vogliono come minimo 20 minuti di training autogeno per convincermi a sfoggiare il costume senza crisi isterica e annesso collasso nervoso - menomale mi sono fatta i peli.
Rientra con la leggerezza di una piuma - non mi ero accorta di quanto fosse delicata nel muoversi. Ha braccia lunghe e affusolate, anche il suo volto è allungato, occhi scuri e profondi, bocca piccola e carnosa, dita lunghe e curate. Porta la fede e un anello con diamante, "è sposata" - chissà perché noi donne controlliamo sempre questo elemento? Sarà una deformazione di genere!
"Ciao, mi chiamo ....ina"
Se avessi mai capito il nome ve lo scriverei, forse è per questo che le ho affibbiato il soprannome di Venere Bulgara, ma venere lo è davvero.
Mi domanda la mia storia, "Me l'ha detta il dottore, ma vorrei sentirla anche da te". Mi piace questa domanda, e anche la motivazione che la spinge a farmela. Una storia ha sempre un sapore diverso se raccontata da chi l'ha vissuta, le sfumature in particolare.
Terminato il resoconto iniziamo la seduta. La Tecar è piacevole e rilassante, e come accade dall'estetista, dal parrucchiere, e in questo caso dal fisioterapista, si comincia con le domande di rito: di dove sei, cosa fai, quanti anni hai.
Lei - mi dice - si è trasferita in Italia per amore. Ha studiato in Bulgaria, e il suo paese le manca molto, "non avrei fatto una vita da regina, ma con il mio lavoro sarei stata bene", ma si sa, per amore si sradicano radici profonde, si cambia nazione, lingua, abitudini, e lei ha scelto di accogliere l'inaspettato, solo per stare accanto al suo uomo. La rispetto per questo, non so se sarei riuscita a farlo, penso. La nostra Italia le piace, anche se all'inizio è stata dura. "Essere dell'est non è un buon biglietto da visita" mi spiega "e il mio accento mi tradisce". Mentre parla talvolta si ferma, riflette, chiede conferma "Si dice così vero?" io annuisco o la correggo, a seconda. Lei sorride dei propri sbagli, il suo volto così duro si trasforma - è proprio bella. "Quanto è difficile la vostra lingua!" mi dice. Non la biasimo, è difficile anche per gli italiani e per questo la rassicuro, le racconto della storia della nostra lingua, della sua formazione, della strana affluenza di sostrati nei dialetti e della totale incapacità per gli italiani di parlarlo davvero questo italiano. "L'italiano esiste in forma scritta, nel parlato quasi nessuno ne è padrone, e molti non se ne rendono neanche conto!".
Mi dice che ha comprato I Promessi sposi perché le è stato detto che è i libro che racchiude la nostra lingua, ma le è stato quasi impossibile leggerlo e ha abbandonato l'impresa per adesso - "ma un giorno lo leggerò". Quanto mi piace! Una straniera che si impegna a leggere un libro che forse solo il 10% di noi ha letto davvero - io sono in quel 10% e me ne vanto! Saperne la trama attraverso il bignami e i pochi estratti delle antologie non conta cari studenti. Lei sì, vuole leggerlo, ma nel frattempo mi chiede la trama, così per curiosità. Le faccio un breve riassunto, ma la brevità non è proprio il mio forte, e comincio senza neanche accorgermene a viaggiare fra i personaggi, le loro manie, le avventure che sono costretti a vivere, i percorsi che intraprendono e i cambiamenti inconsapevoli che si insinuano nella loro anima... Lei mi guarda con meraviglia: "deve essere proprio un bel libro, ne parli come se fosse reale!" eh già, è proprio un gran bel libro, anche se molti non se ne rendono conto. 
"Ma perché c'è così tanta differenza fra nord e sud?" mi chiede. Ah, bella domanda. Provo a darle risposta attraverso la storia della nostra terra, ma non è semplice, è lunga e complicata, così semplifico mille anni di storia in accenni, date fondamentali, tematiche principali e giungo all'unità d'Italia. Lei mi guarda come se fossi un Alien, "ma come fai a ricordarti date e nomi? come fai a sapere tutto questo? a me la storia non piace, ma mi sarebbe piaciuta se avessi avuto un'insegnante come te!".
Spegne la macchina. "Vestiti e sistemati, andiamo in palestra".
La seduta è finita.
Mentre mi rivesto mi sento bene, ma non è per la tecar. Mi sento leggera, appagata, sollevata e non riesco a capirne il motivo. Stringo bene i lacci delle scarpe, "mi verrà in mente il perché" penso "prima o poi".

Nessun commento:

Posta un commento

Un post senza commenti, è come un cielo senza stelle...