martedì 15 settembre 2015

LIS - di cosa stiamo segnando?

LIS - Lingua dei Segni Italiana, un arcano, un surrogato di miti e leggende che si spargono in ogni dove.
Prima di tutto è universale, questo significa che ogni sordo (e non sordomuto!) si esprime allo stesso modo, che sia inglese, italiano, francese, americano, cinese, indiano, e via dicendo. Ne esiste una sola? Certo che sì, come esiste un'unica lingua parlata, la Uanasghena Cinci di Siena, famosissima e codificata, che ci permette l'interazione fra popoli diversi.
Ma ora, secondo voi, può essere possibile che persone provenienti da paesi, regioni, nazioni e continenti diversi parlino la medesima lingua? Via, basta usare un po' di gnegnero per capire che questa convinzione è assurda quanto credere ai ciuchi che volano! Eppure, ad oggi, la prima affermazione che mi viene fatta appena i miei interlocutori vengono a sapere che sto frequentando un corso LIS è questa, che la lingua dei segni è universale. 
Non lo è, credetemi, e non solo non ne esiste una globale, ma neanche una nazionale, regionale, locale e via dicendo. 
Mi spiego meglio: quanti Italiano esistono? Uno, ovvio. Vero! Ma quanti dialetti ci sono nel nostro bel paese? La nostra lingua è codificata - e in quanto tale riconosciuta per legge dal nostro e dagli altri stati del mondo - e lo fu (codificata, intendo), per così dire, a tavolino. Non si studiarono le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli per poi racchiuderle in un'unica lingua - non tutte almeno. Si scelsero le Tre Corone a baluardo della nostra favella, la codificammo per fare l'Italia ancor prima degli italiani, quasi come se partorito il dizionario, ogni individuo vivente sul suolo italiano se ne sarebbe sentito parte davvero e per la prima volta. Per questo la vera lingua Italiana - tutta la riflessione per mio modestissimo parere - non esiste nel parlato, ma solo nello scritto. Chiunque di noi si esprime in un dialetto generatosi nel tempo e nei secoli, sarà per questo che ci comprendiamo a malapena fra regioni. 
La LIS in questo non fa eccezione, così come le altre lingue dei segni. Ne esistono di varie e diverse, una per ogni nazione, e in esse si racchiudono dialetti molteplici per regione e città. Come esempio porto sempre la parola "settembre" che ad Arezzo è segnata in un modo e a Firenze in un altro.
Io ho iniziato il Corso LIS di primo livello presso l'ENS di Arezzo nel settembre 2013, per poi spostarmi l'anno successivo all'ENS di Firenze, e posso dirvi che ho dovuto integrare numerosi segni, per poter rimanere al passo con la mia classe. Tanto meglio, ne ho potuti conoscere di più e mi sono compresa al meglio con chi non segnava al mio stesso modo.
Segnare, sì, non parlare, e il segno è l'equivalente della parola, anche se non è del tutto vero... E' complicato da spiegare, ma una volta che ci sei dentro quella lingua ti cambia la vita. Ti insegna a osservare il mondo da prospettive diverse. Gli udenti sono abituati a discorrere anche senza il contatto visivo. Quante volte, parlando con qualcuno, ci affaccendiamo, scostiamo lo sguardo, diamo le spalle e diciamo la frase che più odio al mondo: "ti ascolto eh". Non è vero! Non mi ascolti! Sei impegnato a fare chissà cosa e non stai guardando me, la mia espressione, la mia postura. Sei altrove e lo sai, ma ti ostini lo stesso a farlo, anche se da fastidio a te, come a me.
Nella LIS sei costretto a guardare, a scrutare ogni più piccolo movimento, espressione, direzione, orientamento, sfumatura... vivi il qui e ora, e non puoi permetterti di perdere neanche un istante di ciò che sta accadendo.
Questo mi ha insegnato lo studio della Lingua dei Segni Italiana, a essere presente nell'attimo in cui qualcosa si manifesta, a non lasciarmi distrarre dal resto, ad amplificare i miei sensi, così come le potenzialità espressive del mio corpo, agente e padrone nello spazio.
Mi ci sono avvicinata per curiosità ed è diventata una parte importante di me, non solo una lingua che stavo studiando. Mi ha permesso di conoscere persone stupende, e altre no per carità, ma pur sempre di entrare in contatto con l'altro.
Oggi inizio il Terzo Livello, e mi sento come una bambina che torna a scuola, impaziente di mostrare a tutti il proprio zainetto nuovo! Io sfoggerò il mio quaderno Arbos, come ho fatto negli anni scorsi - ho le mie fissazioni, e per quanto riguarda lo studio rasentano livelli maniacali!
Varcherò quella soglia ritrovando vecchi amici e nuovi compagni di banco, felice di aver tenuto duro - non pensate che sia semplice! E' una lingua complessa e articolata, segue le sue regole e contiene un universo di eccezioni, ma ne vale la pena!
Per chi volesse informazioni, consiglio di andare sul sito dell'ENS e di cercare la sede più vicina alla propria città. Prendere informazioni non costa niente, e può aprire nuovi percorsi.
Buon inizio di scuola a me e ai mie compagni di corso!

Ah, ps: La Lingua dei Segni Italiana non è riconosciuta per legge dal nostro mitico stato italiano. La battaglia per il riconoscimento della LIS è lunga e difficile e vanta anni di impegno da parte delle numerose associazioni - fra cui l'ENS appunto, la più capillare e presente in Italia - sparse per tutto il suolo italiano. Ovviamente si tratta di un primato italiano - quello di non riconoscerla per legge intendo - dietro a cui si celano lobby farmaceutiche e dottori pro-impianto che farebbero impallidire chiunque. Credo, però, che con l'informazione e l'impegno da parte di tutti - sordi e udenti - riusciremmo a produrre risultati concreti, che già in qualche regione si iniziano a vedere.
In tal caso la scelta per l'impianto potrebbe essere una delle tante opzioni e non la più allettante, come in effetti lo è oggi.
Poiché un udente, con un figlio sordo, di fronte al dottore che spiega le numerose soluzioni chirurgiche - passate anche dallo stato, o quantomeno cofinanziate - potrebbe essere messo a conoscenza di una valida alternativa: quella di imparare una lingua insieme al proprio figlio e di concedergli la possibilità di esprimersi al meglio. In entrambi i casi andrà bene, ma almeno saranno state esposte tutte le strade possibili, e non solo alcune perché più fruttuose.
L'ENS, infatti, di fronte a chi chiede informazioni al riguardo, non inneggia a "Viva la LIS, abbasso l'impianto!". Dona tutte le informazioni, perché i genitori possano scegliere in piena libertà e coscienza personale. Lo Stato dovrebbe fare altrettanto!

lunedì 14 settembre 2015

Il primo giorno di scuola...

Oggi per molti studenti è il primo giorno di scuola, e se anche per alcuni la campanella suonerà domani o dopodomani, faccio finta che sia già stata udita da tutti quei piccoli nani malefici che invaderanno i corridoi e le aule, muniti di zainetto del supereroe, della cantante o del telefilm preferito, astucci dai mille colori, e penne che si cancellano - non si sa mai che prendano consapevolezza che gli errori nella vita non se ne andranno, neanche con la migliore delle cancelline in circolazione.
Scusate, piccola polemica emotiva dovuta al lunedì! Torno subito in modalità blogger positiva.
Dicevamo, primo giorno di scuola e tragedia per molte mamme, sollievo per altre, disperazione per ogni studente. Quanti bruschi risvegli, quante sveglie maledette perché hanno suonato proprio all'ora prestabilita, quanti mal di pancia agognati o raffreddori dell'ultimo minuto cui appellarsi per evitare di varcare la soglia del bastardissimo primo giorno di scuola.
Eppure, cari studenti, quanto vi invidio. Invidio la vostra giovinezza, le possibilità che avete davanti, le migliaia di strade che potrete percorrere, le merende di metà mattina, gli intervalli strasciconi per i corridoi, magari a rincorrere quello bello della C, i diari strapieni di scritte e dediche, i libri consunti e malconci a fine anno, l'odore dei quaderni nuovi e la sensazione al tatto di quelli vecchi, le copertine colorate e lucide, il compagno di banco che non ti passa mai la lezione, il secchione odioso e saputello, lo scanzonato giocherellone e la bellina tutta capelli e pantaloni attillati, la grassottella presa in giro (all'epoca ero io!), la snob stupida, la ciancica gomme da masticare, lo sportivo, l'amico migliore da amare in segreto, l'amica migliore con cui litigare a ogni ora, il gruppetto di cui sparlare, il gruppetto che sparla di te, quelli che ti prendono in giro, quelli che ti difendono, quelli che difendi tu per solidarietà, il professore bastardo e incompetente che spara sentenze a caso, quello dolce e comprensivo, ma che di insegnare non ha voglia, quello giovane e pieno di speranze che si smostra per farvi amare la sua materia e che viene bistrattato peggio di un appestato nel 1348 (se non sapete a quale evento mi riferisco, studiate!!!!!). Invidia, pura invidia. Perché se potessi tornare alla vostra età rifarei tutto meglio, con più slancio e con meno paranoie.
Me ne fregherei di essere apostrofata come "buzzona, grassona, obesa, gorilla, balena, caterpillar, mostro" e via dicendo, e ancora "Mentadent" dato che per una malformazione congenita ho passato l'adolescenza e più (fino ai 22 anni) senza denti!
Aspetterei il bullo della scuola all'uscita e lo pesterei rendedogliele tutte a quel demente, tutte quelle che mi aveva dato in mezzo al corridoio, con i bidelli e i professori a guardare immobili e disinteressati. Poi aspetterei anche loro e li tonferei come Dio comanda, per far capire a chi dovrebbe tutelare gli studenti che non è lì per caso, che il suo lavoro ha uno scopo, e non è solo quello di spiegare, interrogare e mettere voti. Ne terrei un paio anche per i codardi dei miei amici, ciechi e silenziosi prima, durante e dopo il pestaggio.
Studierei di più e con più voglia, perché saprei che mi sarebbe utile dopo, e quando arriverebbe il momento di scegliere della mia vita, potrei farlo in modo più consapevole, e non solo per emozioni dettate dal momento.
Vi chiediamo troppo, è vero, ci aspettiamo tanto da voi e forse non è giusto, ma sappiate che più una persona conosce, meno potrà essere ingannata. Chiudete i social per qualche ora, spegnete il cellulare, dai! Allargate la vostra mente, siate critici di fronte a chi vi mette su un piatto d'argento verità e assiomi e lasciatevi il tempo per decidere quale voce ascoltare. 
Combattete il bullismo come si è sempre fatto quando ancora di bullismo non si parlava: dentro e fuori dal cortile, con braccia sanguinanti e gambe piene di lividi, guerre aperte per il rispetto e la dignità. La scuola è un campo di battaglia, e dovrete essere forti, ogni mattina, senza mollare mai. Difendete gli amici anche quando sbaglieranno, poi li menerete dopo, in separata sede, perché il vostro rimprovero servirà molto più di quello di mille adulti. 
Amate quello/a della B, C, D, o della sezione che preferite, scrivete lettere d'amore su carta e fogliolini con "vuoi metterti con me?" e caselline da riempire con "sì, no, forse". Sarà bello ritrovarli quando sarete grandi.
Prendete un 4 - a volte serve anche sbattere il naso - ma cercate di rimediarlo in corsa alla fine della scuola - è importante anche questo!
Non pensate che i professori abbiano il coltello dalla parte del manico, non c'hanno niente, ve lo dico io, e spesso sono più persi di voi - non è facile stare davanti a 20 persone e sentirne il giudizio costante sulla faccia - non fatevi impaurire se minacciano o millantano bocciature, e battetevi se non vi danno il voto che meritate. Ma portate anche rispetto, perché se non ne date, non potrete riceverne, e ultimamente ne avete concesso poco a voi e agli altri. 
Non prendete in giro il diverso, pensate che diversi lo siete anche voi, e il fatto che abbiate un fisico migliore di un altro o vi vestiate alla moda, fa solo di voi il prodotto perfetto che la società vuole che siate, non vi rappresenta e non vi contraddistingue come esseri umani. Le vostre azioni sì, siatene consapevoli.
Non pensate che i voti che prenderete diranno chi sarete in futuro, a giudicarvi ci sono pur sempre persone, e in quanto tali sono fallibili.
La mia professoressa di Italiano e Latino all'esame di maturità, di fronte alla mia risposta "vorrei fare l'Università"  - data alla presidentessa esterna, fra l'altro, manco a lei! - ebbe il coraggio di dirmi, ridendo: "no, tu no. Non riusciresti mai a fare l'Università! Vai a lavorare, è meglio!"... e io l'ho ripagata con due 110 e lode, e una media del 30. Non pensate che di fronte a tali vittorie si sia ricreduta, ha solo esclamato: "La tua era un'Università facile!", e con quello mi ha pagata.
Di persone povere di spirito ne incontrerete a bizzeffe, la scuola serve solo a darvi la dimensione in piccolo del casino che è la società cui andrete incontro, imparate a gestire il liceo, e gestirete la vita al meglio.
Le assemblee sono fatte per discutere e insegnarvi la politica, prima di noi tanti hanno combattuto perché voi aveste la libertà di riunirvi e dire la vostra, non lasciate che siano momenti per cazzeggiare, o fare forca giustificata! Nella politica ci entrerete poco dopo, credetemi, e sarà un brusco risveglio, peggio di quello di stamattina!
Ricordate che chi governa non vuole un popolo istruito, e per quanto abbaino il contrario, quegli zuzzurelloni dei politicanti non fanno niente per migliorarla. Si impegnano a darsi rimborsi a caso, quello sì, ma questi sono luoghi comuni, ahimè! e quanta miseria c'è in tale verità.
Non mandate i genitori a fare le vostre ragioni, fatevele da soli: la vostra voce è importante quanto la loro; e cercate di capire quando la ragione potete chiederla a buon diritto e quando no.
E' assai triste quando babbo e mamma vanno a litigare l'insegnante di turno per le vostre mancanze come persone rispettose delle regole, ci fanno una pessima figura e non vi insegnano al meglio... l'amore per un figlio annebbia la vista, ma la vostra ci vede bene, siate onesti, vi servirà. (Ovviamente liberate le belve quando c'è bisogno, i miei non l'hanno mai fatto, anche quando avrebbero dovuto, e seppur sia sopravvissuta, un vaffanculo a qualche mia/o insegnante non ci sarebbe stato male!)
Riguardo ai professori, ce ne saranno di cani - vedi il vaffanculo di cui sopra - ma anche di buoni, davvero! Io ne ho incontrati (elementari, medie, liceo e università compresi) e mi hanno cambiato letteralmente la vita. Mi sono resa conto, però, che parte di quella magia dipendeva da me, quindi ascoltatevi, e se la vostra amica prende il giro la prof di turno, mentre per voi è un esempio da seguire, difendete il vostro pensiero, di pecoroni al mondo ce ne sono fin troppi.

Adesso, se sarete giunti alla fine di questo sfogo maldestro, dovrete sorbirvi le mie scuse.
Chiedo scusa se alla fine questo post è dedicato a una specifica fascia d'età, non ne ho potuto fare a meno... è quella che preferisco, e la più decisiva, per me!
Mi dispiace se avete alzato gli occhi, ma vi ringrazio se vi siete dati il tempo di leggermi fino a qui.
E' che voi siete il nostro futuro, la passione e la forza che a noi mancano, a quelli come me che a 30 anni si ritrovano in balìa degli eventi, fra un contratto a progetto, e un pagamento a nero che non arriva mai. 
Noi siamo la generazione che in parte ha fallito il suo scopo. Vittime della crisi e dell'inadempienza che ci ha contraddistinti da sempre.
Eravamo bravi, anche noi, avevamo passione proprio come voi, speravamo nel futuro e ci vedevamo mordere il mondo a cavallo dei nostri sogni.
Poi ci siamo dimenticati di un periodo storico: dal 1600 al 1900. Quello proprio ce lo siamo perso.
Perché se ce ne fossimo ricordati, ad oggi non elemosineremmo qualche spicciolo (i più sfigati, tipo me!) o non ci terremmo ben stretti il nostro stipendio (quei fortunati che hanno scelto la carriera giusta, o hanno avuto culo! e se ne stanno nel loro orticello, beandosi del "sono stato più bravo di..."): saremmo tutti insieme in piazza, memori di popoli in sommossa e ribellione in tempi di crisi, di contadini armati di forcone a combattere per la propria dignità. Ci ricorderemmo di una verità assoluta: che lassù, a dirci quante tasse dobbiamo pagare, quanta merda ingoiare, sono pochi, rispetto a quanti siamo noi... Pochi privilegiati che dovrebbero temere la nostra mente, la nostra conoscenza, la nostra potenza, e i nostri numeri.

Noi ce ne siamo dimenticati, voi non fate altrettanto. E quando sarete ben coscienti di quanta forza avete nelle vostre mani, prendete le nostre e portateci oltre la paura e l'apatia che ci affanna. Ricordateci il valore della piazza e di un popolo istruito che chiede giustizia.
Questo lo imparerete fra uno sbadiglio e l'altro, proprio su quel banco di scuola, quindi impegnatevi quanto più potrete!
E parafrasando, concludo dicendovi:


Siate cauti nell'accettare consigli, ma siate pazienti con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.
Ma accettate il consiglio... per questa volta. 
Ps per chi non lo sapesse è la fine del monologo tratto dal film "The Big Kahuna", che merita di essere visto!



Buon primo giorno di scuola, e buoni tutti quelli a seguire! Rendetevi orgogliosi di voi! 

Non andate a "Tutti matti per Colorno"

Se siete persone che amano il silenzio e la calma; se preferite starvene in panciolle e il massimo del movimento per voi è trascinarvi al frigo per prendere qualcosa da sgranocchiare (e di conseguenza aumentare drasticamente il vostro giro vita, già senza speranze); se siete apatici e la cosa vi piace; se la malinconia è quello che sperate il mondo vi regali; se storcete il naso quando il postino suona perché significa che dovrete interagire con un altro essere umano; se la noia è ciò che agognate più della nutella; se la vostra idea di "gita fuori porta" è andare al nuovo Lidl e vedere se le offerte del catalogo consegnatevi dal suddetto postino ci sono ancora; se avete vinto il premio per migliore spippolatore di smartphone dell'anno; se non siete e vi va bene così, allora NON ANDATE A TUTTI MATTI PER COLORNO, perché non è il posto che fa per voi.
Troppe persone - circa 40.000 quest'anno i visitatori stimati - troppi spettacoli - 24 senza contare gli indipendenti venuti a titolo personale e non presenti nel programma ufficiale - troppi stand artigianali - dai vestiti, alle borse, ai monili, ai giochi eco-sostenibili - troppe installazioni d'arte, troppi stand gastronomici - dalla pizza, ai ravioli, dal gelato vegano (grazie Dio!), alla piadina e così via - insomma troppo di tutto e tutto insieme.
Entrare in quel mondo significa perdersi completamente, tornare bambini più dei bambini. Sì, perché se per un bambino la meraviglia è una condizione sine qua non della sua età e non può fare a meno di esserne invaso, per l'adulto riuscire a meravigliarsi e lasciarsi andare all'inaspettato è doppiamente sconvolgente. Noi che siamo abituati a tutto, che abbiamo conosciuto tutto e ne siamo consapevoli (poveri illusi), che guardiamo al futuro come un film già visto - il solito lavoro, la solita dieta che non inizieremo mai quel maledetto "lunedì", la solita iscrizione in palestra dimenticata in cassetto, il solito aperitivo, ecc... - noi adulti frastornati dalla vita, quando ci perdiamo come a 5 anni, sgraniamo gli occhi di fronte a un salto mortale fatto a pochi centimetri da noi, restiamo a bocca aperta senza riuscire a chiuderla neanche volendo, quello diventa il momento di un'inevitabile e inarrestabile regressione. E dovremmo averne timore, perché ci condurrebbe a correre dietro a un pallone solo per il gusto di farlo, a sudare nella maglina nuova, a sporcare le scarpe da ginnastica che di ginnico hanno ben poco e che inneggiano allo status di accessorio glamour. Gandalf il grigio griderebbe "Fuggite, sciocchi!", conoscendo il pericolo cui andremo incontro.
"Di arte non si vive" tuonava quel gran genio di Tremonti, e aveva ragione. Perché se vivessimo di arte saremmo costretti a incontrare l'altro, senza scampo, a vederselo davanti nella sua spettacolare fragilità, simile alla nostra e tanto diversa da essere poesia; saremmo in balia della meraviglia e noi non vogliamo meravigliarci più, di niente e di nessuno; diverremmo comprensivi e aperti al mondo (ma stiamo scherzando?); il nostro orticello si dimostrerebbe troppo stretto a contenere la nostra voglia di vivere, costringendoci ad aprire il cancello, uscire e far entrare, in un via vai di esperienze, sensazioni, attimi, passioni e paure che sconvolgerebbe il delicato e apatico equilibrio in cui la società ci impone di stare.
Quell'accozzaglia di folli sparsi per le vie di Colorno sarebbe un universo troppo vasto! Ma vi pensate a ridere di niente, a sdraiarvi sull'erba con un giocoliere che si esibisce solo per voi? Vi immaginate ad applaudire sino a finirvi le mani di fronte alla straordinaria bravura di artisti provenienti da ogni parte del mondo? Potreste sopportare di divertirvi più di vostro figlio davanti alle diavolerie di un clown, di un mago, di un equilibrista, di un danzatore?
Ebbene sì, questo è ciò a cui andreste incontro: tre giorni di infanzia e spettacolarità tutta per voi, tre giorni per riscoprirvi vivi, per stupirvi del fatto che riuscite ancora a provare meraviglia.
Se temete tutto questo, vi avverto: NON ANDATE A TUTTI MATTI PER COLORNO.
Perché una volta che ci siete stati, non si torna indietro, si spalancherebbero per voi le porte di Fantasia, del Paese delle Meraviglie, vi ritrovereste a rincorrere il bianconiglio, o a volare su Falkor, il fortunadrago più famoso al mondo, e a non voler più scendere.
Se pensate, poi, di entrare a far parte dello staff o dei volontari che con tanto impegno lavorano incessantemente perché la Meraviglia diventi tale, allora siete perduti per sempre!
Io vi ho avvisati, poi non dite che non ve l'avevo detto.

venerdì 11 settembre 2015

La Venere Bulgara #2

Eccomi di nuovo a parlare della Venere Bulgara, colei che ha dato inizio alla mia fisioterapia e che, suo malgrado, ne è rimasta vittima inconsapevole! Vi avevo già descritto il suo aspetto qui, la sua leggerezza, la sua voce, la sua bellezza, cui però rileggendo il post, mi sono resa conto di non aver reso adeguatamente giustizia.
Chiedo venia, Venere, ma ancora non ti conoscevo abbastanza per poterti descrivere appieno, e certo anche adesso non sono la tua più intima conoscitrice. Qualcosa in più, però, penso di averla intuita, e vorrei descriverti ancora un po', se per te va bene.

Ciò che mi aveva colpita durante il nostro primo incontro era la sua leggerezza, ricordate? Era entrata nella stanza quasi carezzando il pavimento, senza alcun rumore, la sua andatura era fluida e silenziosa, così come il tocco delle sue mani lunghe e affusolate. Osservandola nel corso di questo mese mi sono resa conto

giovedì 10 settembre 2015

Differenti prospettive

Stamattina, mentre mi dilettavo nel consueto appuntamento fisioterapico presso l'Istituto Gaetano Palloni di Montevarchi (anche se lo sapete, sempre meglio ribadire il concetto), mentre morivo nella macchina della morte - tesa a migliorare l'elasticità dei movimenti e che detesto quanto l'herpes genitale, ma che funziona! - per non pensare al dolore lancinante che stava imperversando in tutto il mio corpo, mi sono messa a spulciare i social, sperando che qualche post mi intrattenesse nei 10 minuti più lunghi della giornata. Avrei volentieri ascoltato musica, ma avevo dimenticato gli auricolari a casa, accidenti a me! Scorrendo la home di Facebook, dopo le solite frasi del buongiorno - che fanno sempre piacere - e qualche video esilarante, mi è apparsa questa foto,

martedì 8 settembre 2015

Il 29 agosto mi chiedevo: La Felicità è una scelta?

Il 29 agosto mi chiedevo se la Felicità fosse una scelta, e lo facevo perché avevo vissuto un inizio di giornata complicato. Non pubblicai il post perché non ero sicura di volerlo davvero. Poi oggi si è riproposto il medesimo problema, di una giornata molto difficile sin dal principio, e per non ripetermi, ho preferito proporre quanto avevo scritto in quel sabato mattina... il ginocchio non si è incastrato, ma il resto non cambia... buona lettura.

29/08/2015
Oggi non è una buona giornata. Lo so, è soltanto all'inizio, ma è iniziata male, malissimo! Mi sono svegliata per il dolore al ginocchio destro, si era incastrato come sempre quel maledetto, e ho sofferto le pene dell'inferno per farlo tornare a posto (e non apposto che è participio passato di appòrre, sappiatelo l'italiano giornalisti!). Nonostante questo risveglio un po' brusco, la dodicesima seduta di fisioterapia era fissata per le 8:00 (qui le foto e i video, casomai vi interessassero) e non potevo mancarla - e la mia dedizione al progetto #fisioterapiarules mi imponeva di andare; non è stata la seduta della vita, ma è trascorsa al meglio che ho potuto, anche se il ginocchio ha deciso di incastrarsi altre tre volte, protagonista che non è altro.
Sono tornata a casa abbastanza demoralizzata - dopo tutto il lavoro che sto facendo da un mese, tornare al punto di partenza non è stato piacevole, e non trovare il giusto supporto da chi mi sta intorno mi ha resa ancora più triste. 
Poi mi sono detta: "la felicità è una scelta, quindi sorridi perché di ragioni per farlo ne hai a bizzeffe", e mi sono rilassata. Oddio, non sono ancora giunta alla fase Zen ma ci sto lavorando.

Sull'amicizia...

Ho sempre ritenuto l'amicizia un universo strano, e nell'economia della vita sopravvalutato. Mi ha sempre fatto sorridere quanto impegno le donne mettessero nell'essere amiche, specialmente in età adolescenziale. Ci si confida ogni più piccolo segreto, si costituiscono alleanze, si ordiscono complotti e cerchi della fiducia dove vige la regola "se sei mia amica, allora...", si esclude quella perché è brutta, veste male, è bella, veste troppo alla moda, piace troppo ai ragazzi, non ha i capelli lunghi, non è cresciuta con noi, parla poco, è una facile, è una casa&chiesa, legge troppo, non legge affatto, ha il cane, odia gli animali... e così via, perché poco importa come eri e chi eri, se facevi parte di un gruppo, era matematico che almeno da uno ne eri stata esclusa. E in questo si andava a giro: prima o poi toccava a tutte, anche se c'erano quelle tre (sempre e solo tre) che la facevano da padrona e erano più amiche di tutte, avevano i loro segreti che non ti avrebbero mai confidato, i loro modi di dire, di vestire, di pettinarsi, si clonavano vicendevolmente - copiarsi sarebbe stato poco - e non ti avrebbero mai inclusa nel loro mondo perfettamente costruito sul niente. 
Ecco perché l'amicizia per me era ed è sopravvalutata. Esiste raramente e per comodo, non si muove seconde le leggi che noi tutti vorremmo, ed è fallibile quanto l'uomo che ha visto bene di crearsela. Ma qualche volta capita che ci sia, che si manifesti davvero, e si dimostri un appiglio per quando non sembra ci possa essere soluzione.

mercoledì 2 settembre 2015

Confesso: io sono un MANOVALE!

Confesso che a volte mi verrebbe voglia di prendermi a schiaffi, e se non lo faccio è per pura decenza e contegno – quel poco che mi è rimasto, o che ho mai avuto. Pochi giorni fa – esattamente il 28 agosto – apparivo bella pimpante nel promuovere i miei buoni propositi per l’anno nuovo, e proprio il giorno in cui questi avrebbero dovuto entrare in atto mi sono confermata la solita Caterina, senza se e senza ma.
Uno dei propositi, il primo per l’esattezza, prevedeva che se qualcuno mai avesse avuto bisogno dei miei servigi come artista avrebbe dovuto pagarli. Ieri pomeriggio, invece,
mi sono ritrovata (e non senza sapere come) in una performance per le strade di San Giovanni Valdarno, per una giovane artista che avrebbe esposto il risultato delle riprese durante l’inaugurazione di un progetto artistico che vede la presenza di numerosi artisti della zona – o formatisi in essa - il prossimo 5 settembre. Eccola lì! Grande Cate! Tu sì che sei in grado di tenere fede ai tuoi propositi! Il fatto è che non ho potuto farne a meno, non per come mi è stata proposta.
Qualche giorno prima mi aveva contattato un mio allievo, parlandomi di questa iniziativa, a lui proposta dalla sua ex insegnante presso l’Istituto d’Arte. Mi raccontò di queste strane maglie da lei ideate, che uniscono più persone insieme, cucite per il fianco, per le maniche, a tre, a due, a cerchio… insomma un vero concerto di corpi che avrebbero dovuto interagire. Inizialmente rifiutai, perché il 5 settembre sarei stata a Colorno a lavorare per quel meraviglioso Festival Tutti Matti per Colorno, e quindi mi sarebbe stato impossibile partecipare. Poi, contattata di nuovo da lui, gli dissi di passarmi il numero della sua insegnante e capire se avrei potuto esserle d’aiuto, anche solo in piccola parte.

martedì 1 settembre 2015

Il primo settembre è arrivato...

E anche il primo settembre è arrivato, con tutti i buoni propositi che si sarebbe dovuto portare con sé...  Ovviamente la mia vita non va come vorrei - forse è giusto che vada come vuole lei - e di tutte le cose che mi ero riproposta di fare oggi, sono riuscita a farne e cominciarne due... o tre - devo contarle!
Prima di tutto, sarebbe dovuto partire uno dei sottoprogetti di #fisioterapiarules, ovvero #addominalirules. Ebbene sì, oggi avrei dovuto iniziare a faticare per aggiungere i tanto agognati (e mai avuti) addominali al mio stupendissimissimo corpo da favola.