martedì 14 giugno 2016

Attimi di riflessione



















PlayPride 15 maggio 2016


Che giornata spettacolare è stata quella!
Prima di tutto perché mi era stata data la possibilità di vestirmi interamente di rosa (fluo per giunta, e in quel contesto la mia malsana mania fluorescente era tollerata), e poi perché non ho trascorso un attimo senza sentirmi bene.
E' da tanto che non scrivo sul blog, perché quando non mi sento a mio agio tendo a fare sermoni e soliloqui tragici e vendicativi, che non interesserebbero a nessuno. Mi sono trovata a cestinare non so quanti post, ma penso di aver fatto più che bene... il lamento non ha mai riscosso grandi successi.
Oggi, però, mi sono svegliata con questa immagine in testa: io assurdamente vestita a fianco di due meraviglie, due amiche che mi accettano per quella che sono (una matta furiosa), che sorridono delle mie manie e ne fanno un valore aggiunto, che sono tanto belle da mozzare il fiato e che mi stringono forte, in quell'attimo magico che è stato il Playpride del 15 maggio 2016.
"Un attimo", così mi appare oggi, un istante di pura poesia, senza barriere, senza discriminazioni.
E' passato un mese, solo 30 giorni, eppure guardo a questa foto come se fosse stata scattata una vita fa, con il sentimento di chi, sentendosi a metà, si accorge di aver lasciato andare qualcosa di importante, ma non sapendo quando e dove, non riesce a trovare neanche il come per farlo tornare.
Ritrovo alle 9:00 del mattino. Arrivo con un quarto d'ora di anticipo (cosa assai rara per me, ma la voglia di scodinzolare in rosa era troppo forte per ritardare come mio solito) e già mi imbatto nell'arbitro assegnato alla Pallavolo che borbotta di fronte alla porta chiusa. "Cominciamo bene!" penso, ma l'infantile felicità con cui mi sono svegliata non può essere spazzata via in un attimo di burberaggine acuta, quindi mi limito a fare quello per cui mi sono alzata alle 6:00 SCODINZOLARE IN ROSA, cazzo, scodinzolare come se non ci fosse un domani, e funziona! La mia ilarità inizia a contagiare anche lui che si sganascia dalle risate di fronte alle mie "prove per gli stacchetti alla cheerleader de no'attri". Arriva Angela puntuale come un orologio svizzero - anche se è molto più carina di un orologio - e le porte della palestra di spalancano. 
Da quel momento in poi le lancette non corrono, volano! Ci troviamo invasi da squadre variopinte (c'era da vincere anche il premio "Miglior divisa") e dai nomi più disparati (per quello nessun premio, ma ci penseremo per il prossimo anno); squadre di uomini, donne o miste, dove l'unica cosa che conta è: "quanto sei bravo a giocare", non chi preghi, se hai studiato, con chi dormi la notte, o chi è il tuo cantante preferito (per quelli che amano Gigi d'Alessio, però, era previsto un girone speciale). 
Stare insieme per vincere, o quantomeno per provarci; calcio, pallavolo, arti marziali e tanto tanto divertimento, grazie anche ai miei stacchetti indimenticabili.
Allora cosa c'è che non va? Perché non sto più bene a guardare quella foto? Ah già, ora ricordo.
E' entrato uno mentre eravamo a festeggiare. Non ce ne siamo accorti subito, la musica era alta e pensavamo che fossero i beat delle casse, ma è bastato un attimo - di nuovo quell'attimo - per renderci conto che qualcosa non andava, che il caos che sentivamo non rispondeva più a grida di gioia, ma a strazianti richieste di aiuto, laceranti urla di dolore. Abbiamo iniziato a veder cadere gli amici sotto le raffiche di colpi sparate alla rinfusa, tanto dove punti punti, in quel marasma c'è per forza un corpo pronto ad accogliere tutto il tuo odio e purtroppo a soccombervi; a poco valeva nascondersi sotto ai tavoli, nei bagni, nel guardaroba, le pallottole volavano come missili diretti al cuore di tutti, dei vivi e di coloro che vivi lo erano stati sino a pochi istanti prima, e magari ti avevano sorriso passandoti accanto. Non riesco a non pensare alle magliette, a quelle stesse magliette che poco prima si muovevano sgargianti in campo e che adesso vedevo colorarsi di rosso sangue e stramazzare al suolo, avvolgendo il corpo senza vita di chi le stava indossando. E poi ancora grida, dolore, corse folli per cercare un riparo, mani che imploravano pietà, piedi che calpestavano teste, braccia, schiene, e ancora... non lo so.
Non posso saperlo, perché al nostro playpride non si è presentato nessuno imbracciando un fucile e distruggendo cinquanta, cento, mille vite. Abbiamo giocato, riso, scherzato e gridato la nostra immensa felicità per quei meravigliosi momenti, per la fortuna di essere lì, insieme, gli uni accanto agli altri, vincenti o perdenti, innamorati, fidanzati, single, cattolici, atei, gay, etero, uomini, donne, alti, bassi, magri, grassi, belli, brutti, assonnati, atletici, stanchi, polemici, chiassosi, studenti, lavoratori, disoccupati, professionisti, dipendenti, juventini, interisti, milanisti, romanisti, aretini, fiorentini, senesi, valdarnesi, vegani, onnivori, vegetariani, fruttariani, intolleranti al lattosio, celiaci, timidi, spavaldi, estroversi, scriteriati, morigerati, pallosi, divertenti e chi più ne ha più ne metta. Eravamo persone, solo persone, proprio come lo erano i 50 di Orlando, le 19 donne curde, i 31 di Bruxelles, i 130 di Parigi, gli 11 di Charlie Hebdo, i 289 in Egitto, i 271 in Nigeria, i 250 nello Yemen, come lo sono le 1600  - così dicono le stime al novembre 2015, dove non si contano i prigionieri di guerra poi giustiziati - vittime di attentati dalla proclamazione del Califfato dal 2014.
A noi non è successo, è vero, ma deve essere successo a tutti noi comunque, altrimenti c'è qualcosa che non va nel genere umano. Se si inizia con lo scegliere le vittime da piangere, chi dei morti nel mondo si merita il minuto di silenzio e chi no, chi la fascia di lutto e chi no, allora il terrorismo ha già vinto, e non parlo di quello che spara vigliaccamente a centinaia di persone stipate in un locale o che mette una bomba nella metro - a uccidere in quel modo, caro Isis dei miei coglioni, siamo bravi tutti credimi. Il vero terrorismo sta nell'assuefarsi al terrorismo stesso, alle stragi sparse nel mondo, alle centinaia e centinaia di morti che giorno dopo giorno ci scorrono davanti in immagini a colori e senza effetti speciali, e che ci indignano meno nel "mi piace" alla foto del nostro ragazzo da parte di quella stronza tutta tette! Ecco ciò che mi terrorizza a morte, che mi pietrifica e mi fa dubitare di volerci ancora stare in mezzo alla gente: la totale indifferenza a ciò che accade, quando non si rovina in atroci inneggiamenti ai fatti avvenuti. In quel caso non riesco a capire quale parte dell'individuo in questione possa essere definito "persona".
Sono felice che quel 15 maggio 2016 la nostra festa sia stata graziata dal sole e dalle risate; ringrazio Angela che mi stringe sorridendo in quella foto e Veronica che si mostra in una posa alla moda, abbracciandomi anche lei!
Le ringrazio e me le tengo strette all'anima, ma non posso fare a meno di notare quanto questa foto assomigli a tante che in questi giorni stanno facendo il giro del mondo, dove persone come noi si stringevano in abbracci sorridenti o si pavoneggiavano in pose alla moda, e che oggi, a causa dell'odio disumano che serpeggia nella mente dell'uomo, non potranno più farlo.