martedì 14 giugno 2016

Attimi di riflessione



















PlayPride 15 maggio 2016


Che giornata spettacolare è stata quella!
Prima di tutto perché mi era stata data la possibilità di vestirmi interamente di rosa (fluo per giunta, e in quel contesto la mia malsana mania fluorescente era tollerata), e poi perché non ho trascorso un attimo senza sentirmi bene.
E' da tanto che non scrivo sul blog, perché quando non mi sento a mio agio tendo a fare sermoni e soliloqui tragici e vendicativi, che non interesserebbero a nessuno. Mi sono trovata a cestinare non so quanti post, ma penso di aver fatto più che bene... il lamento non ha mai riscosso grandi successi.
Oggi, però, mi sono svegliata con questa immagine in testa: io assurdamente vestita a fianco di due meraviglie, due amiche che mi accettano per quella che sono (una matta furiosa), che sorridono delle mie manie e ne fanno un valore aggiunto, che sono tanto belle da mozzare il fiato e che mi stringono forte, in quell'attimo magico che è stato il Playpride del 15 maggio 2016.
"Un attimo", così mi appare oggi, un istante di pura poesia, senza barriere, senza discriminazioni.
E' passato un mese, solo 30 giorni, eppure guardo a questa foto come se fosse stata scattata una vita fa, con il sentimento di chi, sentendosi a metà, si accorge di aver lasciato andare qualcosa di importante, ma non sapendo quando e dove, non riesce a trovare neanche il come per farlo tornare.
Ritrovo alle 9:00 del mattino. Arrivo con un quarto d'ora di anticipo (cosa assai rara per me, ma la voglia di scodinzolare in rosa era troppo forte per ritardare come mio solito) e già mi imbatto nell'arbitro assegnato alla Pallavolo che borbotta di fronte alla porta chiusa. "Cominciamo bene!" penso, ma l'infantile felicità con cui mi sono svegliata non può essere spazzata via in un attimo di burberaggine acuta, quindi mi limito a fare quello per cui mi sono alzata alle 6:00 SCODINZOLARE IN ROSA, cazzo, scodinzolare come se non ci fosse un domani, e funziona! La mia ilarità inizia a contagiare anche lui che si sganascia dalle risate di fronte alle mie "prove per gli stacchetti alla cheerleader de no'attri". Arriva Angela puntuale come un orologio svizzero - anche se è molto più carina di un orologio - e le porte della palestra di spalancano. 
Da quel momento in poi le lancette non corrono, volano! Ci troviamo invasi da squadre variopinte (c'era da vincere anche il premio "Miglior divisa") e dai nomi più disparati (per quello nessun premio, ma ci penseremo per il prossimo anno); squadre di uomini, donne o miste, dove l'unica cosa che conta è: "quanto sei bravo a giocare", non chi preghi, se hai studiato, con chi dormi la notte, o chi è il tuo cantante preferito (per quelli che amano Gigi d'Alessio, però, era previsto un girone speciale). 
Stare insieme per vincere, o quantomeno per provarci; calcio, pallavolo, arti marziali e tanto tanto divertimento, grazie anche ai miei stacchetti indimenticabili.
Allora cosa c'è che non va? Perché non sto più bene a guardare quella foto? Ah già, ora ricordo.
E' entrato uno mentre eravamo a festeggiare. Non ce ne siamo accorti subito, la musica era alta e pensavamo che fossero i beat delle casse, ma è bastato un attimo - di nuovo quell'attimo - per renderci conto che qualcosa non andava, che il caos che sentivamo non rispondeva più a grida di gioia, ma a strazianti richieste di aiuto, laceranti urla di dolore. Abbiamo iniziato a veder cadere gli amici sotto le raffiche di colpi sparate alla rinfusa, tanto dove punti punti, in quel marasma c'è per forza un corpo pronto ad accogliere tutto il tuo odio e purtroppo a soccombervi; a poco valeva nascondersi sotto ai tavoli, nei bagni, nel guardaroba, le pallottole volavano come missili diretti al cuore di tutti, dei vivi e di coloro che vivi lo erano stati sino a pochi istanti prima, e magari ti avevano sorriso passandoti accanto. Non riesco a non pensare alle magliette, a quelle stesse magliette che poco prima si muovevano sgargianti in campo e che adesso vedevo colorarsi di rosso sangue e stramazzare al suolo, avvolgendo il corpo senza vita di chi le stava indossando. E poi ancora grida, dolore, corse folli per cercare un riparo, mani che imploravano pietà, piedi che calpestavano teste, braccia, schiene, e ancora... non lo so.
Non posso saperlo, perché al nostro playpride non si è presentato nessuno imbracciando un fucile e distruggendo cinquanta, cento, mille vite. Abbiamo giocato, riso, scherzato e gridato la nostra immensa felicità per quei meravigliosi momenti, per la fortuna di essere lì, insieme, gli uni accanto agli altri, vincenti o perdenti, innamorati, fidanzati, single, cattolici, atei, gay, etero, uomini, donne, alti, bassi, magri, grassi, belli, brutti, assonnati, atletici, stanchi, polemici, chiassosi, studenti, lavoratori, disoccupati, professionisti, dipendenti, juventini, interisti, milanisti, romanisti, aretini, fiorentini, senesi, valdarnesi, vegani, onnivori, vegetariani, fruttariani, intolleranti al lattosio, celiaci, timidi, spavaldi, estroversi, scriteriati, morigerati, pallosi, divertenti e chi più ne ha più ne metta. Eravamo persone, solo persone, proprio come lo erano i 50 di Orlando, le 19 donne curde, i 31 di Bruxelles, i 130 di Parigi, gli 11 di Charlie Hebdo, i 289 in Egitto, i 271 in Nigeria, i 250 nello Yemen, come lo sono le 1600  - così dicono le stime al novembre 2015, dove non si contano i prigionieri di guerra poi giustiziati - vittime di attentati dalla proclamazione del Califfato dal 2014.
A noi non è successo, è vero, ma deve essere successo a tutti noi comunque, altrimenti c'è qualcosa che non va nel genere umano. Se si inizia con lo scegliere le vittime da piangere, chi dei morti nel mondo si merita il minuto di silenzio e chi no, chi la fascia di lutto e chi no, allora il terrorismo ha già vinto, e non parlo di quello che spara vigliaccamente a centinaia di persone stipate in un locale o che mette una bomba nella metro - a uccidere in quel modo, caro Isis dei miei coglioni, siamo bravi tutti credimi. Il vero terrorismo sta nell'assuefarsi al terrorismo stesso, alle stragi sparse nel mondo, alle centinaia e centinaia di morti che giorno dopo giorno ci scorrono davanti in immagini a colori e senza effetti speciali, e che ci indignano meno nel "mi piace" alla foto del nostro ragazzo da parte di quella stronza tutta tette! Ecco ciò che mi terrorizza a morte, che mi pietrifica e mi fa dubitare di volerci ancora stare in mezzo alla gente: la totale indifferenza a ciò che accade, quando non si rovina in atroci inneggiamenti ai fatti avvenuti. In quel caso non riesco a capire quale parte dell'individuo in questione possa essere definito "persona".
Sono felice che quel 15 maggio 2016 la nostra festa sia stata graziata dal sole e dalle risate; ringrazio Angela che mi stringe sorridendo in quella foto e Veronica che si mostra in una posa alla moda, abbracciandomi anche lei!
Le ringrazio e me le tengo strette all'anima, ma non posso fare a meno di notare quanto questa foto assomigli a tante che in questi giorni stanno facendo il giro del mondo, dove persone come noi si stringevano in abbracci sorridenti o si pavoneggiavano in pose alla moda, e che oggi, a causa dell'odio disumano che serpeggia nella mente dell'uomo, non potranno più farlo. 

venerdì 19 febbraio 2016

Era il 23 gennaio 2016...

Era il 23 gennaio 2016, un giorno che ad oggi sembra così lontano, forse quasi mai esistito. Eppure quel giorno io c'ero, me lo ricordo bene e ci sono foto ad attestarlo. Io c'ero e camminavo lentamente seguita da quattro persone - poche direte voi, è vero, ma necessarie al mio scopo, anzi il numero esiguo era quasi preferibile. 
Eccomi lì, all'inizio di piazza San Jacopo ad Arezzo, che mi dirigo silenziosa e lenta di fianco a una folla gremita, ammasso di persone colorate, persone arcobaleno; e non perché fossero tutte gay, se a qualcuno fosse venuto il dubbio, quanto piuttosto perché di ogni età e sesso,  colore e forma, e anche orientamento sessuale, certo. Io nera come la pece rappresentavo il pensiero che inneggia alla "Famiglia normale" - che già da sola come espressione mette paura - incarnavo quella parte del paese ancora convinta che nel 2016 vi siano vite di Serie A e di Serie B, persone migliori di altre solo perché la loro natura è consona a quella di chi punta il dito e risponde alle richieste di una convenzione sociale saldamente radicata e barbaramente mantenuta.
"Non fraintendere, io ho tanti amici gay e lesbiche e gli voglio bene, ma.." che vuol dire? Il senso di questa frase cosa significa?
"Per me possono fare quello che vogliono, basta che lo facciano a casa loro!" che vuol dire? Anche a me fa senso pensare a due che se la godono davanti così a caso, etero o gay che siano - non sono una purista, ma a me i porno non sono mai piaciuti; ho sempre preferito sperimentare sul campo, e lo mio amodes è un eccellente compagno di sperimentazione! (Ti amo!)
"Massimo rispetto per tutti, ma qui si tratta di difendere i diritti dei bambini!" che vuol dire? I bambini esistono, ci sono, e se ne fregano se sono figli di un babbo e una mamma, di due mamme, di due babbi, si interessano solo a una cosa: se vuoi loro del bene, e quanto! Ecco cosa cercano!
Inutile dire che sono migliaia gli esempi di famiglie con un unico genitore (per le più diverse ragioni) i cui figli sono cresciuti senza troppe complicazioni, così come è inutile dire che ci sono troppe famiglie normali al cui interno vi sono problemi ben più gravi del sesso dei genitori.
La famiglia è un concetto assai complicato; spesso non è come la vorremmo, talvolta ci appartiene solo in parte e nella maggior parte dei casi forma una storia a sé, personale, intima, in cui è difficile entrare e dare giudizi.
Ve ne sono di problematiche, a tratti anche assurde, ma il "problema" se c'è è da ricondurre alla persona in sé, piuttosto che al suo sesso. La convivenza fra esseri umani è tanto necessaria quanto difficile, e la famiglia ne è la sua minima espressione, un microcosmo che va formandosi giorno per giorno, che struttura regole proprie sulla base di esperienze pregresse dei componenti e nuovi fattori di disequilibrio. La mia famiglia, assolutamente fuori dall'assioma di famiglia naturale - io e mio fratello figli di un secondo matrimonio e con una sorella solo da parte di padre, ma che è sorella a tutti gli effetti, anche se non ha vissuto con noi... vabbè, è complicata ma bellissima, posso assicurarvelo! - la mia famiglia, dicevo, cambia continuamente e non è certo uguale a quando i miei genitori si incontrarono, a quando decisero di convivere, a quando nascemmo io e mio fratello o a quando, con due figli di 6 e 5 anni, decisero di sposarsi (io c'ero e me lo ricordo bene, ero ovviamente la più bella della festa, con ben tre cambi d'abito!). Le dinamiche che si sono andate formando hanno determinato le mie esperienze, così come le mie esperienze hanno mutato le dinamiche interne al nucleo strampalato che siamo! E poi il matrimonio di mia sorella, due nani di nipoti che più belli non potevano essere, e via ancora verso un nuovo matrimonio - mio fratello è chiaro, non pensate male! Io mi limito a fare da testimone a questo e a quello, ma niente di più! - insomma avete capito, un coas di nuovi membri e feste, tragedie e lacrime, come la vostra, come quella del fruttivendolo, dell'impiegato delle poste o del macellaio. Famiglie, e questo ci basti per pennellare tutte le sfumature che in quella parola vogliamo intendere. 
Se, allora, esistono così tante tipologie di famiglie che generalizzare equivarrebbe a banalizzarne l'importanza nella vita di ognuno di noi - bella o brutta che sia - perché si devono identificarne di giuste o sbagliate, perché uomo-donna sì, donna-donna e uomo-uomo no?
Se mia madre mi avesse cresciuta da sola con mia nonna, non avrei avuto una famiglia - in un certo modo - omogenitoriale? Suppongo di sì. Stessa cosa se mio padre mi avesse cresciuto con suo fratello, suo padre e via dicendo... 
"Ma non sarebbero stati una coppia!"
Ecco il problema: l'omosessualità, punto. Ancora oggi NON CI PIACE. Ditelo, ad alta voce però, senza volervi nascondere dietro a panegirici che farebbero rabbrividire il peggiore degli avvocati (non me ne voglia la categoria, mi sarebbe piaciuta come professione). Non ci piace e basta - non piace a voi per essere sinceri, perché a me va benissimo, anzi andrebbe sperimentata (io l'ho fatto!), ma forse è un concetto troppo estremo e mi fermo qui.
Vorrei però porre un quesito, sperando di non cadere in errori matematici... amodes abbi pietà di me! (lui è un matematico statistico e ho detto tutto):
Se l'omosessualità contraddistingue una condizione per cui non si è adatti a formare un nucleo familiare;
Se la famiglia è il microcosmo minimo su cui si fonda la nostra società - ce l'avete sbandierato in faccia, rintronandoci fino all'ossesso con questo baluardo della famiglia normale - e che della società è specchio;
Significa che l'individuo omosessuale - in quanto tale - non è capace di soddisfare al compito sociale, è inadatto a contribuire alla struttura della società che sulla famiglia si fonda.
Se, però, è inadatto a contribuire alla struttura della società, poiché in quanto omosessuale è per natura innaturalmente adatto a tale scopo, perché mai dovrebbe esserne sostenitore economico? (Voi paghereste una cena in un ristorante per stare fuori nel parcheggio e farla mangiare tutta a quello del tavolo accanto al vostro? Anche no!) 
Ne consegue che: gli omosessuali non devono pagare le tasse per ciò che concerne la famiglia e la sua struttura.
Faccio un esempio:
Perché io donna omosessuale che NON POSSO formare una famiglia, dovrei pagare le tasse per sostenere il pulmino pubblico e messo a disposizione dal comune dove vivo per portare i bambini a scuola di cittadini naturalmente predisposti al proseguimento e alla strutturazione della società? Quella tassa la lascerei a loro, sono figli loro, mica miei, io sono naturalmente inadatta a farmi una famiglia!
Ne faccio un altro:
Perché io uomo omosessuale che NON POSSO formare una famiglia dovrei pagare le tasse per l'assistenza sanitaria del reparto di maternità se per natura sono incapace e inadatto a farmi una famiglia e quindi a procreare? Se la paghino gli eterosessuali che possono per natura fare figli, ed essere accettati dalla società cui stanno contribuendo in modo corretto (secondo natura), a prescindere dal fatto che per cervello siano adatti o meno a crescere un figlio.
Ecco, allora potrei darvi ragione. 
Ultimissimo esempio:
Due anni fa sono stata in vacanza in Corsica con lo mio amodes, suo fratello e fidanzata. Io ero l'unica a non poter bere latte o mangiare alimenti che lo contenessero, quindi mi ero accuratamente portata cose da casa. Ogni mattina facevamo la spesa (eravamo in campeggio) per quello che avremmo mangiato durante il giorno. Va da sé che ciò che conteneva latte io NON LO PAGAVO, perché non ne avrei potuto usufruire. 
Qui è lo stesso: posso farmi una famiglia? Bene pagherò le tasse che devo. Non posso farmela e mi è interdetta qualsiasi possibilità di riconoscere la mia coppia come tale? Benissimo, lo accetto, ma non voglio pagare per chi lo può fare. Se lo paghi da sé!
"Ma è assurdo questo ragionamento!"
Non più del vostro miei signori della famiglia normale (mi fa senso ogni volta che lo scrivo).
Guardatevi intorno: che cosa è normale al giorno d'oggi? E' davvero questa la battaglia contro cui volete combattere? O ce ne sarebbero altre che meriterebbero più attenzione?
Iniziamo ad accettare e ad accogliere, perché quando toccherà agli altri accettarvi e accogliervi sarà brutto ricevere la porta in faccia.
Io quel 23 gennaio 2016 camminavo interpretando quello che non avrei voluto essere, orgogliosa di vedere che i tanti accorsi in piazza a sostenere le unioni civili nemmeno facevano caso a me... Purtroppo a tutti voi che fate muro devono fare caso per forza, perché siete voi a costringerli in un "non puoi, non devi, non sei, non farai". 
Quante piazze gremite e sonanti? Quanti baci, sorrisi, scherzi, sguardi, mani, lacrime e parole hanno inondato l'Italia (e non solo) quel giorno ?
Quando l'uomo scende in piazza per combattere in nome di un diritto diviene poesia, quando lo fa per negare un diritto che lui ha, a chi è come lui, diviene cosa?
Voi, dal basso delle vostre ottuse visioni, cosa siete divenuti? Quante piazze dovremo riempire per dimostrare che l'uguaglianza fra gli uomini non è e non può rimanere una frase fatta?
Se la risposta è milioni, che sia! A me camminare piace, e lentamente piace ancora di più. Che si consumino le scarpe, si sbuccino i piedi, si stanchino le gambe, io continuerò a camminare in piazze arcobaleno come le persone che le riempiranno.

domenica 14 febbraio 2016

Buon San Valentino amore mio

"Oggi è il sesto San Valentino insieme..."
"Il sesto?" e abbiamo riso come matti, meravigliandoci che nonostante tutto, dopo quasi sei anni, siamo ancora insieme.
Chi l'avrebbe detto? Non certo io, pessimista di natura, che quel 22 agosto 2010 mi sarebbe bastato avere un solo bacio da te, e non il primo di una lunga bellissima emozionante serie. Ma questo è, amore mio, quasi sei anni e sei San Valentino festeggiati perché tu ci tieni tanto, a differenza di me che di romantico non ho proprio niente.
Tu sei la parte più bella della nostra storia, perché se fosse stato per me avremo smesso tanto tempo fa. Io che sono pronta a rovesciare tutto in un attimo perché in quel momento così mi va, io che non credo mai in chi mi sta davanti e diffido di chiunque mi passi accanto, io che non sono proprio un fiorellino indifeso, io che di femminile ho forse solo l'apparato genitale.
E poi ci sei tu, bellissimo e con un cuore grande davvero, di quelli caldi e accoglienti, sinceri e fedeli, di quelli che speri di incontrare e che hai sognato fin da bambina; tu con le tue mani grandi che mi sanno prendere anche quando non voglio, tu che mi abbracci forte la sera prima di dormire, che ridi delle mie assurde battute - anche quando io non faccio lo stesso con le tue - tu che mi dici, la mattina appena sveglia "Quanto sei bella eh? Sei così bella da farmi arrabbiare!" e mi insegui per casa fingendo di non raggiungermi mai, io che goffa come sono non riesco nemmeno a fare mezzo giro della tavola che rischio di inciampare...
Ci sei, che sia una giornata buona o una cattiva - e di cattive ultimamente te ne sto regalando anche troppe.
Accidenti a te, che non ti importa se sono in tuta o in abito da sera. Accidenti a te, che riesci a farmi sentire donna sempre, risvegliando in me una femminilità che non ho mai creduto di avere...
Accidenti a te, sì, perché quando torno alle vecchie abitudini, crogiolandomi in frasi fatte sull'egoismo e la cattiveria del mondo, quando mi accontento di accettarli e mi compiaccio di pensare "avevo ragione a credere che...", te ne esci con un sorriso tanto bello da far crollare l'oscurità in cui mi nascondo in milioni di pezzi, che il vento è pronto a portarsi via. 
Accidenti a te che quando te ne vai la domenica sera è come se ti portassi via il sole, per rendermelo ancora più caldo e forte il sabato dopo...
Accidenti a te quando vieni alla stazione per farmi una sorpresa e passare con me quei pochi, miseri, minuti prima che il treno mi porti via...
Accidenti a te che ogni giorno ti dimostri migliore del giorno prima, e mi fai credere nel bene e nell'amore...
E accidenti a te perché quando una come me incontra uno come te e ha la straordinaria fortuna di vederlo restare nella propria vita, di sentirsi amata oltre ogni pensiero di bambina, di vivere emozioni come quelle che mi fai vivere tu... ecco, una come me in quel caso non può fare a meno di mandare a quel paese intellettuali congetture sul consumismo della festa degli innamorati, e dirti:

Auguri amore mio! Grazie per questo meraviglioso sesto San Valentino insieme! Ti amo Amodes!

scandendo così in un melenso, insulso, consumistico, banale elogio a questa insignificante Festa degli innamorati

martedì 19 gennaio 2016

Oggetti smarriti... e se ci riuscissimo a farli tornare a casa?

Ciao a tutti,è tanto che non scrivo, perché fondamentalmente non avevo niente da dire. Il 2015 era stato duro e difficile quanto il 2013 e il 2014, avevo sperato di risollevarne le sorti con il blog e la fisioterapia, ma quando dentro senti che qualcosa non torna, ha poco senso nasconderti dietro  un dito. Ieri, però, è successa una cosa che mi ha profondamente colpita e intendo colpita come un fulmine al cuore!Chi mi conosce lo sa, non sono un'amante di gioielli e preziosi in senso stretto: se non hanno un valore affettivo non racchiudono alcun interesse per me; non mi sfracello sulle vetrine luccicanti delle gioiellerie, la bigiotteria non mi attrae come una gazza ladra e se devo ricevere un regalo preferisco un libro... ma quando quel gioiello rappresenta un affetto forte, unico e speciale, allora tutto cambia.Qualche tempo fa comprai un cosiddetto "Sacchettino di protezione" una collana di corda con in fondo un sacchettino (nel mio caso di velluto verde acqua scuro) al cui interno era possibile mettere quello che si voleva: l'importante era che avesse una valenza affettiva tale da proteggerti nel corso della giornata. Io credo poco, anzi, non credo per niente, e dopo un trascorso cristiano da ultras (catechismo presenze 10/10 - messe in una settimana mi vergogno quasi a dirlo - membro del coro della chiesa - basta che sennò mi sento male!) la mia fede si è spostata in altri contesti, più cosmologici che teologici, per spiegarmi meglio: credo nell'energia dell'uomo e della natura, non in una forza divina (di qualsiasi sorta o provenienza) che segni le nostre decisioni, destini e via dicendo. Negli affetti credo ancora di più. Nelle persone che ti amano e te lo dimostrano sempre, non quando fa loro comodo, o capita per caso, no! Di quelle per cui tu vali tanto e te lo dicono giorno dopo giorno, che se stai male ci sono, se stai bene ci sono, se non le vuoi ci sono ancora di più, perché sanno che la solitudine ti uccide e ti conoscono meglio di quanto tu ti conoscerai mai. Di quelle rare, che non a tutti capita di incontrare, ma se le trovi sei costretto a credere di nuovo nel genere umano, anche se in passato ti ha deluso tanto e continua a deluderti: loro sono in grado di spazzare via il brutto nell'uomo, di regalarti fiducia nel prossimo. Insomma, sono rare, ma ci sono e quando ti regalano qualcosa tu lo tieni stretto a te come fosse parte della tua carne.Questo io ho fatto. Giravo e rigiravo il sacchettino nelle mani, immaginando cosa ci potesse essere dentro di tanto potente da farmi sentire protetta, e la soluzione arrivò da sola: due anelli di non molto valore economico, ma affettivo quello sì. Li avevo portati al dito uniti tanto e tanto a lungo da farmi venire un callo, li tenevo da sei anni al dito... sei lunghissimi anni in cui quelle due presenze mi hanno protetta nonostante tutto. Solo che ora le mie dita ospitavano altri anelli, importanti anch'essi, e non riuscivo a portarli più. Li ho messi nel sacchettino perché fossero sempre con me, proprio come lo erano stati per ben sei anni.E ieri, quando mi cambiavo in sala con gli allievi nani malefici che scorrazzavano di qua e di là e mi sono sentita vuota al petto mi si è fermato il sangue. Ho pensato come e dove potevo aver perduto il sacchettino, ho svuotato le borse, cercato fra i vestiti, mi sono spogliata e rivestita interamente. Il mio sacchettino non c'era più. Sarei corsa indietro, avrei fatto la strada di nuovo tutta, sino alla macchina, ma non potevo. Ero responsabile dei bambini, e nessuno poteva sostituirmi. Non ero sicura di averlo perso lì, è vero, ma facendo la strada a ritroso almeno avrei evitato di sentirmi inutile nel non fare niente...Ho continuato a lavorare confortandomi con l'idea: "lo hai lasciato a casa... tranquilla!" Ma rientrando la sera tardi, la mia camera è risultata vuota. Nessun sacchettino ad accogliermi, a dirmi: "Ehi, mi avevi lasciato qui, vedi? Non vado da nessuna parte se non al tuo collo...".Strano come la perdita di una piccola cosa possa risultare così distruttiva. A me quell'oggetto (e ciò che conteneva soprattutto) faceva stare bene, era un modo per sentire quelle persone vicine al mio cuore, e per sempre al mio fianco. E adesso sono triste, nel vero senso della parola, triste e arrabbiata perché so che chiunque lo abbia trovato, col cavolo che me lo riporterà! E se invece non fosse così? Se la persona in questione - pur tentata dal suo contenuto - avesse in mente di restituirlo al suo legittimo proprietario, perché ritiene sia un oggetto importante per chi lo ha perduto? Sì, voglio avere fiducia nel genere umano. Dimostriamo al mondo di cosa è capace l'uomo se si mette in testa di fare qualcosa di bello, e in fondo è una piccolissima cosa... restituire un oggetto al suo proprietario, dovrebbe essere insito nell'uomo e spero che lo sarà anche stavolta, anzi ne sono sicura.L'oggetto in questione è quello che vedete nella foto in alto, pendente al mio collo, vicino a #poldino (di cui un giorno vi parlerò, promesso). Fra l'altro nella foto in questione potete notare uno degli anelli ancora al mio dito medio sinistro, ma metto una foto più nitida così capite meglio.
Uno è la fascia che vedete al medio sinistro, una semplice fascia di metallo, con sopra incisi quattro scorpioni (o cinque non ricordo bene). E' stato il primo anello che amodes (l'amore della mia vita) mi ha regalato. Stavamo insieme da quindici giorni e lui, nella sua meravigliosa semplicità, mi regalò un anello con il mio segno inciso sopra: "Ho visto prima che lo guardavi... ti piaceva... te l'ho preso". Un gesto così piccolo per lui, un legame infinito per me. Ecco quello che contiene. Legami, affetti, ricordi.L'altro anello è quello che nella foto sopra porto al medio destro. Me lo aveva regalato un mio amico, per un motivo ben preciso. Quando avevo sedici anni avevo un anello a fascia semplice, che tenevo al pollice. Non me lo toglievo mai, era sempre con me. Ci giocavo mentre parlavo e mi identificava come persona per chi mi conosceva abbastanza bene da aver trascorso del tempo al mio fianco. Una di queste persone era (ed è) il mio migliore amico, che qualche anno dopo, fu costretto ad adempiere alla leva obbligatoria; non poteva più rinviare per via dei suoi studi, il paese chiamava e lui doveva partire. Per me fu un duro colpo, eravamo sempre insieme, io e lui, compagni di avventure e disavventure del caso, a sperimentare la vita a suon di risate. Lo immaginai nella caserma, da solo, in un mondo dove di risate ce n'erano sì, ma anche tanti silenzi e facce brutte, e decisi di dargli il mio anello: "Portalo con te, saprai che qualcuno a casa aspetta il tuo ritorno." Partì. Ci sentivamo non tanto spesso, non aveva tutta questa libertà, ma quando lo facevamo batteva sulla cornetta del telefono il mio anello, quello che si era messo al collo: "Lo porto sempre con me!" e io stavo bene. Eravamo uniti e vicini, nonostante tutto. Quando tornò a casa la prima cosa che fece fu rendermi l'anello:"è un po' consunto, ma facendolo lucidare torna come nuovo. Grazie, mi è servito per sentire che casa non era poi così lontana.""Tienilo tu - dissi - ormai è tuo. Ti dirà che ovunque andrai potrai tornare, io ci sarò, e che dovunque andrò potrò tornare, tu ci sarai!" E così fu. Quell'anello ci teneva legati, l'uno all'altra, a prescindere da chiunque entrasse nella nostra vita. Poi un giorno uscimmo, una sera come tante, di quelle che avevamo trascorso mille volte insieme e con una scusa banale: "Apri il portaoggetti, me lo prendi quel sacchetto?" mi porse una scatolina, "è tuo, così anche tu avrai qualcosa che ti conduce a me". Era un anello, quell'anello al mio dito medio destro nella foto sopra, con tre cerchi, uno più grande al centro e due più piccoli ai lati, e due piccole pietre sopra a quello centrale.Ecco il contenuto del mio sacchettino, pezzi della mia vita che sono belli, di quei momenti di cui hai bisogno per capire che non tutto è perduto, nonostante il mondo ti dimostri il contrario. Domenica mattina sono sicura di averlo avuto ancora al collo, e anche domenica pomeriggio, ma non essendone sicura, spiegherò il percorso fatto da domenica pomeriggio a lunedì pomeriggio - 24 ore in cui il sacchettino si è perso nell'universo!Firenze: Domenica pomeriggio ore 16:00 ho preso la tranvia alla fermata Talenti in direzione Stazione centrale.Ore 16:30 sono stata alla mostra Bellezza Divina a Palazzo Strozzi.Ore 19:13 ho preso il treno regionale da Firenze Santa Maria Novella diretto a Foligno, davanti a me erano seduti due ragazzi: uno sulla trentina e del Valdarno (era una faccia conosciuta, ma non ricordavo dove lo avessi visto), l'altro in età compresa fra 16 e 19 anni, amico delle due ragazze sedute alla mia sinistra, intente a leggere e ascoltare musica. Sono scena a San Giovanni Valdarno e sono tornata a casa.Lunedì pomeriggio - ore 16:10 circa - ho parcheggiato dietro la Stazione di San Giovanni Valdarno, ho fatto il sottopassaggio, attraversato Corso Italia, piazza Cavour ed entrata all'Acli dove faccio lezione di Teatro tutti i lunedì pomeriggio. Quando mi sono spogliata per fare lezione con gli allievi il sacchettino non c'era più.So che può sembrare un'impresa impossibile, ma credo nell'umanità e so che il sacchettino può tornare a casa. Ci vogliamo provare? Diffondete ovunque! Facciamo girare la notizia, prendete la foto, fate post... Dimostriamoci che siamo meglio di come ci dipingono e che l'onestà esiste ancora! Grazie e che #riportiamoilcuoreacasa abbia inizio!

martedì 24 novembre 2015

#compleanno #pinkpunkgirl - terza puntata: #Realtà sabato 7 novembre

...la saga continua e forse si conclude! Eccoci alla tanto attesa terza puntata, quella che svela il momento culmine di un compleanno così inaspettato da avermi sorpresa come non mi succedeva da molto (troppo) tempo.
Se avete letto la prima (qui) e la seconda (qui), sarete a conoscenza sia delle aspettative, sia dell'impegno messo da famiglia, amodes e allievi nel corso della settimana per festeggiare questa cinica e noiosa artistoide teatrale, dedita alla pseudo-depressione cosmica. Il 3 e il 5 novembre si erano rivelati giorni talmente ricchi di eventi e sorprese, che giunta al sabato mi trovavo ben lontana dal credere che ci sarebbe stato altro per me - quello che avevo avuto era già tanto, considerando che non mi ero preoccupata di organizzare feste, cene, o festeggiamenti di sorta, sempre in virtù dell'assioma: Avere aspettative implica delusioni, meglio stare ferma e prendere quel che viene.
Il sabato 7 novembre il mio programma era ben strutturato: mattina ripetizioni a una nana dell'amore cresciutella che necessitava di stimoli per affrontare mille mila interrogazioni, poi pranzo con la mia amica Baby e la sua meravigliosa famiglia, e pomeriggio all'insegna dello shopping. Dovete sapere, infatti, che non sono sempre stata una teatrante depressa; un tempo amavo lo shopping e girovagare per negozi mi faceva sentire bene -  in seguito il lavoro, giorno e notte, senza ferie, senza sosta, spesso senza stipendio (manco a nero!) senza contratto #questosconosciuto, e la disperata rincorsa dell'indipendenza economica, mi hanno allontanata da quella Caterina trucco&tacchi, e che in tanti momenti mi manca un po'. Non che comprassi il mondo, ma mi sapevo muovere bene fra offerte e capi stravaganti, e non disdegnavo di uscire e fare tardi, sfoggiando il capo nuovo di pacca (non di marca sia chiaro!). 
In tutto ciò Baby era sempre stata presente e per il sabato era stata categorica:
"Sabato non prendere impegni, sei per me tutto il pomeriggio. Andiamo a fare shopping, ci divertiamo... e poi devi aiutarmi a comprare il regalo per F. (N.d.A. il suo amore) per il nostro anniversario! (che cadeva proprio il 7) Poi la sera ceniamo insieme e ti festeggiamo... non fare quella faccia brontolona! Giusto una tortina e un regalino solo per te! Me lo concedi?"
Ero stata chiara anch'io in merito: non voglio feste a sorpresa! Non mi piacciono, o meglio, mi piace farle, ma non subirle; temo sempre che rimarrei delusa dal luogo scelto, dalla serata, dall'organizzazione, dagli invitati (chi c'è, chi manca, chi ha detto di no, chi non è stato invitato, chi è stato invitato e non avrei voluto... e via dicendo).
Baby lo sapeva benissimo ed era stata sufficientemente redarguita in tal senso: "Non ti ho organizzato niente! Giuro!", e io quando dice una cosa mi fido sempre.
Il gran giorno arriva, la mattinata trascorre bene (non per la creatura sotto le mie grinfie per ben due ore di ripetizioni), il pranzo si conclude e siamo pronte per partire: io, Baby e M. la piccola di casa -  sì, perché fra la Caterina shoppingara e l'artista depressa ne è trascorso di tempo e Baby ha visto bene di rendermi zia non una, ma due volte: B. la più grande (3 anni di boccoli e occhioni a cerbiatto) sarebbe stata con il babbo, la piccola di 3 mesi sarebbe venuta con noi - dato che le poppe della mamma sarebbero state a fare shopping!
ore 15:00 partiamo alla volta dei Gigli e come una bambina di fronte al paese dei balocchi, corro di qua e di là senza sosta, con Baby che ride a crepapelle delle mie follie. Negozi, negozi a perdita d'occhio, e mentre penso che è davvero passato troppo tempo da quei giorni di sfrenate corse al ribasso e scarpe con il tacco, mi piace appurare che nonostante i figli, il lavoro e la vita ci richiedano di essere donne adulte, io e Baby siamo sempre noi, con i nostri giochi, le battute, gli sguardi e le ciaccole infinite. La piccola M. qualche volta si fa sentire, ma non più di ogni bambino presente: piange, mangia, dorme dopo essere stata cambiata, il tutto per 4 ore!
Ce ne usciamo dal centro commerciale cariche di vestiti e pienamente soddisfatte, ma ci accorgiamo che è tardi per andare a fare incetta di scarpe: gli uomini ci stanno aspettando a casa e non amano attendere; e poi la piccola ha bisogno di riposo, anche se ha retto bene la giornata (è donna, lo shopping è nel suo DNA). Telefono allo mio amodes e scopro che è già arrivato a casa di Baby: "arriviamo verso le 20:00, partiamo adesso" gli dico, e lui esordisce con "fai con calma, va bene... vi siete divertite?"... Mmm questa cosa mi puzza, ma ci passo sopra, M. ha iniziato un concerto in macchina di urla che potrebbero sentirla dall'Abetone, e mi concentro sulla guida dolce per evitare ulteriori traumi alla nana malefica.
"Ah, devo passare da una signora a vedere una stanza per la cresima di mia nipote... 10 minuti a Figline e saliamo su!" esordisce Baby, e io me la bevo, ma resto pur sempre dubbiosa. Amodes che non è in ansia da ritardo, Baby che deve vedere una stanza... inoltre i miei genitori, che ogni fine settimana smusano perché parto il sabato mattina e torno la domenica sera, stamattina sono stati insolitamente cordiali: "divertiti stasera"... a cosa si riferivano? Inizio a sospettare qualcosa, ma penso anche che sono stata chiara: NIENTE FESTE A SORPRESA! E non credo che di fronte a tanto impegno nell'urlarlo al mondo, qualcuno si sia preso la briga di organizzarla, giusto?
Giungiamo al luogo dell'appuntamento, e tutto tace. 
"Vai tu... io ti aspetto in macchina con la bimba" dico.
"No, dai, accompagnami! Se poi M. si mette a piangere?! Me la tieni tu dai!"
E va bene! Ci incamminiamo verso quello che sembra il retro di qualcosa; una scenderia curvata ci fa da strada e dalle finestre alte e strette intravedo una luce bluastra e sagome di festoni appesi... inizio a presagire il peggio.
"Baby, mica ci sarà una festa a sorpresa lì dentro vero?" lei non risponde.
"Baby mi incazzo come una iena condor e lo sai... giura che nessuno urlerà Sorpresaaaaaaaaaaaa, o ti lascio qui e ti mollo con la nana nell'ovetto!"
"Te lo giuro! Nessuno dirà sorpresa!"
Ma io sono già lì che ho capito la situazione e non posso tornare indietro. Mi hanno fregata e anche perbene stavolta!
Mi avvicino alla porta e la chiudo per errore, il maniglione antipanico è all'interno e non posso entrare, ma nel frattempo dalla porta a vetri vedo partire un filmato proiettato sul muro: ci sono io... il mio faccione che scorre, le mie pose stupide e strane, i selfie con i miei allievi, le foto dello spettacolo di fine anno, loro che si divertono a fare linguaccia, che sorridono immobili di foto in foto, bloccati nel tempo io e loro, in momenti che se anche non torneranno più, ci sono stati e fanno bene al cuore.
Mio cognato viene ad aprire,io entro e mi piazzo davanti a quel tuffo nel passato. Sono incazzata come una bestia, vestita male, struccata, impreparata a quello che accadrà, non so e non sapere per me è una tortura!
Poi qualcosa si rompe, dentro... sento un crack forte, deciso, e le lacrime iniziano a scendere senza poterle fermare. Con la coda dell'occhio inizio a vedere ombre che si affollano una accanto all'altra, la piccola B. che mi viene alle gambe e vuole essere presa in braccio, le silenziose presenze che diventano rumore assordante. Il video finisce, la luce si accende. Nessuno grida sorpresa, nessuno parla...Li osservo uno ad uno, sono volti che conosco e sono carichi di aspettative: vogliono sapere se questa sorpresa che non ho voluto e che ho temuto a lungo è riuscita davvero, se sono felice del loro impegno... e io mi sento la solita ingrata. Mia nipote, quell'ammasso di boccoli biondi e dolcezza allo stato puro mi viene alle gambe: "Auguri ziaaaa" e io mi sento morire, mi si spezzano le ginocchia più di quanto non lo siano in realtà e non so come fare a stare in piedi. Che faccio adesso? Mi sento spiazzata e confusa, ma stranamente e straordinariamente FELICE. 
Inizio a baciarli tutti, mi sento addosso le mani, le bocche, il frastuono da festa che ha finalmente inizio, con la musica si sparge l'allegria per la riuscita del tutto, le pacche di compiacimento, le domande, "non te n'eri accorta?" mi verrà ripetuto per tutta la sera e godranno nel sentirmi ripetere "no" perché è vero, non me l'aspettavo, non quest'anno!
"Te l'avevo detto che nessuno avrebbe detto sorpresa" sussurra Baby, e tra le facce gongolanti intravedo lo mio Amodes, l'organizzatore, che ha atteso un anno intero questo momento e mi guarda come se dai miei occhi dipendesse tutto il suo mondo.
Questa festa, infatti, era stata preparata lo scorso anno, allestita con largo anticipo e sin nei minimi dettagli; il 2 novembre, però, il destino aveva in serbo altri piani: lo mio amodes in gara a Livorno si era infortunato; corsa all'ospedale, malleolo rotto, operazione e ripresa lenta e faticosa. Tutto era stato disdetto, con un'unica certezza: silenzio assoluto, la festa sarebbe stata riproposta l'anno dopo. Da allora sono cambiate molte cose e, a conti fatti, sono felice che sia andata così. Mancavano alcuni, cui si sono sostituiti altri.
So di persone invitate che non sono potute venire e alle quali è dispiaciuto molto... so di altre che hanno accampato scuse per non esserci, e di questo mi dispiace, ma non si può piacere a tutti, anche se ti dicono il contrario, e non a tutti riesce essere un buon amico, o un buon familiare - perché anche in famiglia ci sono state brutte sorprese e amare delusioni.
Quantomeno prendi le misure per il futuro e fai tesoro di quanto ti è stato dato, di bene e/o di male.
Ho visto che in tanti si sono fatti in mille per rendermi felice, rubando tempo anche alla propria famiglia e ai figli; li ho visti fremere nei primi istanti in cui la luce si è accesa e tirare un sospiro di sollievo vedendo che sul mio viso, qualunque cosa fosse, era positiva! C'è chi ha fatto da mangiare tutto il giorno e ha continuato fino a sera; chi ha corso come un matto facendo torte, allattando, portandomi in giro e regalandomi attimi indimenticabili; chi è venuto da lontano e non ha sentito il peso della strada, ha portato con sé il proprio amore e insieme si sono dati anima e corpo perché io fossi protagonista ancora una volta; chi ha raccolto foto per farmi video strappacuore (maledetti loro); chi ha scelto di esserci nonostante tutto e arrivando in ritardo, ma a chi importa? C'erano e questo basta...
Mi hanno fatta sentire una principessa in rosa, perché tutti gli addobbi erano rosa, la torta era rosa, i piattini erano rosa... insomma avete capito...
A tutti loro, a quelli che durante la settimana mi sono stati vicini, a chi anche dopo si è impegnato affinché il mio giorno fosse speciale, a chi ha comprato #Poldino, un gattino miagolante di peluche perché sapeva che non potevo averne di veri, a chi mi ha donato un ombrellino rosa da borsetta perché proprio non potevo farne a meno, a chi mi ha donato un pacchetto di fazzoletti tascabile e un lapis con sopra un fiore di carta, a chi un taccuino rosa con occhiali da sole disegnati... a tutti e di più voglio dire GRAZIE.
So che a volte avreste meritato una Caterina migliore, quindi grazie di non aver giudicato troppo e aver capito, anche tirandomi un nocchino in testa, ma restando con me sempre. Questa è amicizia, tutto il resto è contorno, e anche se fa male capire che si è voluto bene a chi non lo meritava, a chi ha preso per non dare mai, fa bene sapere che al mondo esistono anche persone come voi, belle persone, che ci sono e basta, senza se e senza ma. A voi va il mio amore e la mia stima.

A te, Amodes, va la parte migliore di me... tu sai qual è; te la mando quando te ne vai, te la dono adesso per no riprenderla più.

e a voi lettori grazie per essere arrivati in fondo a questa carrellata!

martedì 17 novembre 2015

#compleanno #pinkpunkgirl - seconda puntata: #Realtà martedì 3 novembre / giovedì 5 novembre

Premessa: ieri era nei piani che uscisse la seconda puntata dedicata al mio compleanno. Avevo pensato di lasciar perdere, poi stamattina ho cambiato idea. Mi scuso con chi, sulla scia degli atroci eventi degli scorsi giorni, si sentirà offeso dalla mia frivolezza.  
Se state leggendo la seconda puntata significa che siete già a conoscenza della prima (e se così non fosse, cliccate qui) dove spiegavo quali fossero le aspettative per il mio trentunesimo compleanno, e dove in qualche modo si intuiva quanto si fossero rivelate al di sotto della realtà. Ebbene oggi inizia la carrellata di eventi che ha caratterizzato la settimana del mio compleanno, una settimana intera giuro, neanche fossi Caterina di Russia... Devo ammettere che è stato bello sentirmi festeggiata, comprendere quante persone si erano preoccupate per la mia felicità (dato che gli ultimi anni sono stati del tipo: gente il cui unico scopo è distruggerti la vita, così a caso, perché la loro è di una mediocrità tale da far rabbrividire la mediocrità stessa.
Vi anticipo che le puntate saranno tre, perché racchiudere tutto in una volta voleva dire fare un dramma a stazioni, una prosopopea tale da far annoiare anche i lettori più allenati... e poi voglio ricordare e fermare nel tempo ogni momento, quanto mi è stato dato è troppo speciale per rischiare di dimenticarne anche un attimo. Oltre questa vi attendono ancora:

  1. Sabato 7 novembre - terza puntata
  2. Il Konnubio - #Veganbirthday

Ma partiamo dal principio. 

Martedì 3 novembre:

Mattina: Ho saltato fisioterapia (mhuahahahah risata satanica) perché volevo dormire! Il mio primo regalo sarebbe stato il letto caldo, morbido e confortevole, e così è stato. Me la sono goduta come non mi succedeva da tempo (dovete considerare che per chi soffre di insonnia godersela ha più o meno il senso di: dormire 5 ore di fila al mattino, mentre il mondo corre e tu invece puoi fermarti.) Mi sono alzata alle 10:00 sentendomi la persona più fortunata del mondo. 
I miei genitori rientrano poco dopo con torta per me e un treno di regali... il babbo e la mamma restano tali, anche se compi trentun'anni. Tre pigiami (il mio indumento preferito) tutti sulle tonalità di rosa, un libro (di cui vi parlerò in seguito quando l'avrò finito, sequel compresi) e oggettistica varia per la casa, dato che qualcuno si sta armando per andare a vivere da sola! Inoltre un bel gruzzoletto versato in banca per sopperire alla montagna di tasse da pagare, in quanto libera professionista di stacippadilippa. Non c'è di che Renzi!
Pomeriggio: avevo il corso della Lingua dei Segni, e non poteva fermarsi per me (per il Papa sì, ma questa è un'altra storia e un'altra polemica), quindi ci vado senza troppa convinzione, ma felice di vedere le mie amiche. Arrivando con il treno sempre in anticipo di circa 40 minuti (perché ce ne sono pochi e o prendi quello o arrivi un'ora in ritardo) posso prendermela con calma, fermarmi al Bar dell'ENS, discutere di ciò che c'era o non c'era da fare, leggere se non ho voglia di fare conversazione e salire a lezione. Quel giorno mi vedo apparire nel giardino interno lo mio Amodes, con gli occhi che brillano di fronte alla mia espressione sospesa (e non sorpresa), fra il dubbio e la paura. Cosa ci fa Lui in un contesto che non gli appartiene e dove, per timidezza, non si sente a proprio agio? Mi sembra di scorgere uno sguardo malizioso, e mi irrigidisco. "Che ci fai qui?" non risponde e nel frattempo si sfila lo zaino, lo appoggia sulla panchina, e inizia a tirare fuori dolciumi incartati (così sembra), un regalo e una bottiglia di Champagne. 
Avete presente quando siete alla vostra prima uscita con gli amici, quelli più grandi, e i vostri genitori iniziano a presentarsi come se fossero ancora ccciòvani e non si accorgono di non esserlo più neanche dentro??? Ecco, il mio stato di imbarazzo era tanto tangibile che avrei preso lo mio Amodes, me lo sarei caricato sulle spalle con bottiglia, dolcini e regalo e l'avrei spedito su Marte!
"Vai a chiamare le tue amiche!". Non volevo deluderlo, si era impegnato per farmi questa sorpresa, e meritava una ragazza migliore della solita polemica Caterina, almeno quel giorno, quindi mi metto a cercare tutte le ragazze del corso sparse per corridoi e aule del caso. Ne raccolgo quante più posso, e insieme a loro e agli amici dell'ENS spengo la mia prima candelina della giornata, su un millefoglie alla panna senza latte, quindi commestibile anche per l'intollerante che c'è in me. Il regalo sono riuscita a rimetterlo nello zaino, volevo aprirlo con i miei tempi, non in corsa prima della lezione. (lo scatto è a cura di Irene che ringrazioTerminati i primi momenti, da sospesa mi sono trovata piacevolmente sorpresa. Amodes aveva avuto ragione stavolta.
Sera: Amodes mi viene a prendere al corso e via, ci immergiamo nelle vie di Firenze. Già questo dovrebbe bastare a rendere il compleanno di chiunque speciale. Io avevo Firenze e lo mio Amodes tutto per me, cosa potevo volere di più? Non sapevo che di lì a poco avrei provato la meravigliosa esperienza del Konnubio (per saperne di più dovrete attendere la puntata specifica).


Giovedì 5 novembre: 

Dato che il mio compleanno era trascorso in bellezza, non mi aspettavo certo che di lì a poco avrei di nuovo dovuto fare i conti con l'astuzia e l'ingegno di qualcuno intorno a me.
Piccola premessa: il lunedì pomeriggio insegno Teatro a San Giovanni. Poco prima che la lezione degli adolescenti iniziasse, la presidentessa dell'Associazione per cui lavoro si presenta da me dicendo: "Giovedì sera riunione". Capirete la mia sorpresa, il giovedì pomeriggio ho il corso LIS e scendo dal treno alle 20:50, figuriamoci se intendo andare a una riunione così, perché non si può posticipare a un altro giorno! Di fronte alle mie rimostranze, la presidentessa fu categorica: "Sono stanca delle tue lamentele. Alle 21:00 in riunione, punto!".
Se un po' mi conoscete, o avete imparato a conoscermi, saprete che ordinarmi qualcosa è deleterio, ancor di più se mi si impone con un tono di voce decisamente autoritario e scostante. La mia furia si percepiva, avreste potuto tagliarla a fette e farci colazione il giorno dopo - come si fa con i ciambelloni avanzati dalla domenica. In tutto questo, quegli animalini dei miei allievi adolescenti se la ridevano come matti, e in quel momento li avrei penzolati dalla finestra per i piedi uno per uno. Maledetti nani malefici in piena pubertà, come si permettevano di ridermi in faccia senza alcun ritegno?
Ammetto che nel corso degli anni ho imparato che gli adolescenti, e gli allievi in generale (grandi o piccoli che siano, i grandi ancor di più) possono essere estremamente crudeli, hanno lame taglienti pronte a recidere le tue parti più deboli, e molto spesso se la godono mentre tu sei costretta a leccarti le ferite e a chiederti: quando studiavo notte e giorno per raggiungere i migliori risultati all'Università, quando mi spaccavo la schiena per lavorare in orari assurdi, in contesti discutibili, sottopagata e a nero, per permettermi stage in giro per l'Italia, era davvero questo cui aspiravo? Decisamente no.
Quel pomeriggio, però, ho deciso di passarci su; il giorno dopo era il mio compleanno e non volevo arrabbiarmi proprio il giorno prima. Ero già in fase festa, un po' sabato del villaggio, ma dimentica degli avvertimenti leopardiani. Faccio lezione e via.
Giunge finalmente il giovedì sera. La presidentessa mi telefona alle 20:00:
"Dove sei?"
"Alla stazione"
"Dove vai?"
"A casa?!?!?! Arrivo con il treno alle 20:50, alle 21:00 sono in ufficio!"
"va bene... ci vediamo nel piazzale e ci prendiamo un caffè prima di salire, che dici?"
"Emozione! (rido e penso che lo stia facendo perché si è accorta che lunedì ha esagerato con i toni) va bene."
"chiamami appena scendi dal treno"
"perché?"
"tu chiamami e basta!"
Ci ripenso, no, è ancora scorbutica come lunedì!
Scendo dal treno, chiamo, fisso, ci vediamo in piazza e il mio stomaco urla la morte!!! Fame!
"Mi prendo una piadina e saliamo ok?"
"Macché piadina!? La riunione è già iniziata!"
"Ma con chi?"
"dai basta, saliamo!"
Immaginate me che mi metto a sbraitare per le scale come se mi avessero dato fuoco alla casa. Una pentola che bolle avrebbe borbottato di meno. Mi dirigo verso l'ufficio.
"No, facciamo riunione in sala prove"
Ormai di stranezze ne ho fin sopra ai capelli, ma acconsento. La fame mi fa perdere fermezza e mi rende docile e stanca.
Apro la porta e ciò che vedo mi blocca.
I miei ragazzi, proprio quei nani malefici in piena fase puberale che se la ridevano lunedì pomeriggio, che squittivano di fronte a me che rivendicavo il giovedì sera libero, erano lì immobili e potenti, con sguardi che avrebbero trafitto l'anima di chiunque.
Fieri, silenziosi e fermi nelle loro posture (per un'insegnante di teatro una visione del genere è pura poesia, tanto perché lo sappiate), illuminati da piccole luci sparse a terra; una melodia inizia a risuonare per la stanza: è il finale di Dancing di Elisa, e so perché è proprio quel pezzo a farsi strada verso di me. Non potevano sceglierne uno migliore, sapevano quanto significato attribuisco a quelle note, quali immagini e momenti evocano in me... e c'hanno preso, piccoli ammassi di ormoni!
Poi iniziano... voci che si susseguono con un ritmo cadenzato e incalzante, mi rimbombano in testa frasi che toccano e fanno male, o bene, o tutti e due, non lo so, so solo che in quel momento vorrei tanto piangere e urlare, perché nella loro innocenza quelle parole assumono una forza tale da trascinarmi a terra. Poi sorridono insieme... "auguri cate" saltano ovunque, battono le mani, mi si precipitano addosso, io mi aggrappo al corpo di una di loro, quella che so essere l'artefice di tutto (conosco i miei ragazzi), gli altri mi si accavallano sopra, intorno, dietro, in un abbraccio che mi schiaccia e mi scalda tanto che vorrei non finisse per tutta la sera... ne ho bisogno. Qualcuno mi sbuca alle spalle, una torta si avvicina, le candeline ci sono, l'accendino no, ma non è un problema. Si accende il flash del telefonino, si intona la canzone, e appena soffio una mano si chiude sul telefono: Candeline spente. Anche questo sono gli adolescenti, fantasia e concretezza.
Mi bombardano con sorrisi così caldi da stordirmi e mi consegnano pacchettini e regali, biglietti e dolci. Infine giunge la pizza - che pago io, a dispetto delle loro rimostranze. Va bene tutto, ma non voglio che dopo regali, dolci, spettacoli e quant'altro, debbano essere costretti a privarsi di quei soldini che si tengono in tasca! Ci vadano fuori, e si divertano con gli amici; a me non pesa quanto a loro.
La serata prosegue mangiando pizza per terra, ridendo dell'insegnante credulona che non si è accorta di niente, e mi raccontano quanto si sono prodigati perché questa serata potesse avere luogo: la preparazione dello spettacolo, la corsa a prendere le candeline alla coop perché qualcuno se l'era scordate, la fuga finale perché stavo arrivando troppo presto... insomma una corsa contro il tempo e gli impegni di questa insegnante sempre troppo indaffarata.
E mentre me li vedo lì davanti, giovani e bellissimi, corpi ignari della propria carica espressiva ed emotiva, inconsapevoli del grande regalo che mi hanno fatto, che ridono e scherzano insieme, senza paura, senza disagio, vecchi allievi e nuovi arrivati insieme, mi sembra di non entrarci niente, di essere quel "di troppo" inavvertito e pesante. Mi tengo un po' in disparte e li osservo... nessuno di loro se ne accorge, forse qualcuno sì, ma lascia correre (conosco loro e loro conoscono me!) e mi rendo conto di una verità assoluta: quando studiavo, lavoravo, correvo in giro per l'Italia rincorrendo il Teatro e le sue avanguardie, mi trascinavo per Festival e teatri in cerca di quell'emozione vera e unica che il Teatro sapeva regalarmi e che mi aveva spinto a seguirlo e a dedicargli la vita, era davvero questo cui aspiravo? Decisamente sì. Teatro e Vita insieme, rinnovate e sorprendenti, sul pavimento sconnesso di una sala prove. 
Ps: la poesia del biglietto, quella recitatami la tengo per me... 
Un grazie speciale va a Barbara, la nostra presidentessa che se l'è spassata nel tormentarmi e di cui adesso comprendo gli insoliti comportamenti autoritari - solitamente è molto più dolce e meno dittatrice! 
Un grazie speciale anche a Silvano per quel giorno di giugno (tu sai).
Queste qui sotto sono le mie meraviglie adolescenti (ne manca qualcuna perché impegnata o impossibilitata...)






martedì 10 novembre 2015

#compleanno #pinkpunkgirl - prima puntata: #Teorie e #Aspettative



Nella mia modesta carriera di persona esistente al mondo, il compleanno ha sempre ricoperto un ruolo strano: il giorno più e meno atteso dell'anno. Adoravo andare alle feste degli altri, mi piacevano quelle dei miei amici con mamme indaffarate e ricoperte di farina, zucchero e marmellata, con le case stracolme di decorazioni cartonate dai più vivaci colori, i cappellini che rigorosamente ti segavano il mento con quell'elastico sempre troppo corto per il tuo viso, la casa che profumava di dolci appena sfornati e i giardini costellati di giochi a premio; la caccia al tesoro era il mio preferito. Mi piaceva preparare il vestito che avrei messo, incartare il regalo che avevo scelto con cura, vedere occhi e mani avide di scartare e scoprire la sorpresa... eh sì, i compleanni mi piacevano. Tutti tranne il mio. Il mio cadeva il 3 novembre, dopo i Santi e i Morti, dopo che tutte le famiglie - la mia prima di tutto - erano state indaffarate in pranzi e cene a otto portate, abbuffate alla stregua di gare preparatorie a quelle natalizie, troppo impegnate a vivere le feste comandate per festeggiare la mia. Il compleanno per me era il 1 novembre, il 2 se andava bene, il tutto in famiglia. Casomai c'era quello dell'asilo se ero fortunata e capitava all'interno della settimana, ma già dalle elementari si limitavano al: "oggi è il compleanno di Caterina, facciamo tutti un augurio affinché passi questo giorno al meglio... e ora passiamo a matematica, per oggi c'era da fare...".
Festeggiarlo davvero per me era strano, e di conseguenza una volta cresciuta ho sempre teso a non farlo, questo come altre feste, tipo quelle di laurea. Perché stare a festeggiare, perché spendere i soldi, perché perdere tempo a preparare, organizzare, scegliere, fare... il tutto per un semplice motivo: le aspettative.
Odio le mie aspettative, sono sempre più alte di quello che accade, e mi deludo puntualmente da sola; se invece mi limito a dire: "no grazie, non festeggio", ciò che verrà sarà comunque meglio di ciò che mi sarei aspettata, quindi è tutto guadagnato.
Così ho fatto anche quest'anno. Niente festa per me, nessuna fantasmagorica cena organizzata, nessun piano specifico... dopotutto era un giorno come un altro, un martedì monotono e uguale a tanti altri martedì. Mattina al lavoro su copioni e parti varie, pomeriggio al Corso LIS a Firenze, sera rientro in tarda serata, sistemazione appunti e infine letto. E poi erano 31, dico trentuno. Ma che razza di numero è? Non ho festeggiato quello dei 30, dove tutti fanno le super feste, figuriamoci se mi interessava festeggiare questo, la misera conferma del fatto che sto invecchiando - male fra l'altro -  e che ho compicciato ben poco nella mia vita, in fatto di risultati. No lavoro remunerativo, no indipendenza, no fisico atomico. Tutto un po' no, insomma, e che c'era da festeggiare?
Il fatto è che se anche fossi riuscita a evitare le grandi celebrazioni in stile ballo delle debuttanti, non avrei potuto esimermi dal fare felice chi, vicino a me, si fosse messo a organizzare qualcosa - anche solo rifilarmi una piccola, stopposa, gommosa e intollerante tortina presa in corsa dal bar triste in fondo alla strada.
Consapevole di questo mi sono detta che avrei reagito seguendo gli insegnamenti dei più grandi saggi della storia: Sorridi e cinguetta! Squittisci davanti ai regali, mostrati eccitata per tutti gli auguri che riceverai, il giorno passerà in fretta e tu te ne andrai a letto stanca, ma felice.
C'è da dire, comunque, che resto una #pinkpunkgirl e in quanto tale avevo la mia lista di regali agognati ben chiara nella mente:
  1.   UGG rosa come se non ci fosse un domani. Chissene se sembrano per bambine dai biondi capelli che dicono "perdindirindina"! Se le fanno per adulti - con numeri ben oltre il 40 (il mio) - significa che sanno che qualcuno le comprerà. E io sono una di quelle persone che, senza vergogna alcuna, le ama! Toglietemi tutto, ma non le mie UGG. Avrei potuto cedere anche per colori quali: celeste, oro, corallo, rosso... tutti via!!! Un paio di Ugg non si rifiuta mai.




2. Instax Mini 8 (Rosa): una meraviglia firmata fujifilm, una mini polaroid disponibile in diversi colori, fra cui rosa appunto, con tanto di accessori tanto variopinti quanto inutili, ma che mi fanno impazzire e saltellare come una ragazzina davanti al suo primo Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari (per me così è stato, guai a chi si mette a ridere!)



3. Moon Boot Rosa: quanto sono belli?  A cosa mi servono? A mettermi in condizioni tali che, se casomai un domani venisse una nevicata dalle mie parti, o mi prendesse la briga di andare a cercarla (la neve), sarei pronta e calzata di rosa, devo aggiungere un altro motivo?



4. Cane: Animalisti non incominciate a inveire contro di me! Non lo voglio Rosa (perché non c'è, ma se ci fosse...), vorrei solo un cucciolo per me, vivere l'esperienza del cane, del migliore amico dell'uomo. La razza è una e semplice: tutte e nessuna, quella da canile sarebbe perfetta, e se è brutto meglio ancora.

5. Gatto: un anno e mezzo fa, in pochi mesi, vidi morire le mie gattone, Chicca e Tristezza (guai a chi prende il giro i nomi, li avevamo scelti con cura). Adesso sento l'esigenza di tornare ad avere zampotte pelosone che mi svegliano la mattina, cuccioli che si strusciano a me e mi cercano per coccole dell'ultimo minuto. Dopo 17 anni a fianco degli animali, non se ne può fare a meno e io ne sento decisamente la mancanza.

Queste erano le Aspettative che fino al 2 novembre avevo per il mio compleanno, la realtà è stata ben diversa...
Per scoprire se è stata migliore o peggiore, non vi resta che attendere la seconda puntata!

domenica 1 novembre 2015

Halloween: Satana, Gesù o che altro?

31 ottobre: Halloween.
Fin qui tutto bene, se non fosse che: non è una festa cattolica, non è una festa italiana, non deriva da tradizioni autoctone, non riguarda il nostro sostrato, non ci identifica come popolo, non ci appartiene, e fingiamo che abbia elencato altri "non" del caso, almeno avrò fatto felice l'esercito del "No ad Halloween!".
Vero, non sono cresciuta girovagando mascherata per le case il 31 sera gridando con voce stridula: "Trick or Treat?" (Dolcetto o scherzetto). Sono d'accordo con chi afferma che si tratti di una festa giunta a noi da influenze esterne, a mio avviso prettamente americane e anglosassoni, ma ritengo che se ne stia facendo un caso più grande di quanto sia in realtà.
L'interesse per questa festa da parte mia è pari a zero, ovvero: non la vivo come qualcosa da festeggiare a tutti i costi, per la quale valga la pena di sciorinare grandi preparativi e se mi ritrovo il 31 sera in casa, da sola, con un libro in mano davanti al fuoco va bene lo stesso.
Non fa parte delle mie tradizioni, non la riconosco come tale e non me ne dovrebbe fregare niente di renderla un giorno memorabile... ma! Qui sorge un ma: chi l'ha detto che non possa diventare una scusa per divertirsi e stare insieme, magari mascherandosi e passando il limite del socialmente accettabile?
Per scrivere questo post mi sono messa alla strenua ricerca di fonti e informazioni circa la sua reale origine, della quale avevo letto qualcosa in passato.
Vi ricordate questo film? Nel 1993 usciva nelle sale Hocus Pocus, e la piccola Caterina ne faceva la strabiliante scoperta, facendolo divenire uno dei suoi film preferiti (avevo nove anni, evitate i commenti!). Non riuscivo, però, a capire di quale festa si stesse parlando. Ripensate a quegli anni e ditemi se Halloween era già l'Halloween che conosciamo oggi, una festa a livello globale, seconda solo al Natale - così dicono le statistiche di vendita dei prodotti annessi. Ovviamente no! Di Halloween si sapeva quello che la televisione, americana in particolare, ci passava e io - secchiona nell'anima - mi misi alla ricerca di questa strana festa, che a me sembrava molto più somigliare al carnevale, essendo tutti i partecipanti travestiti. All'epoca era ancora in voga la spiegazione secondo cui la festa di Halloween fosse da far risalire a quella di Samhain, il capodanno celtico, tesi che ad oggi sembrerebbe del tutto errata, ma che ancora vede numerosi sostenitori.
A poco a poco, Halloween ha iniziato a invadere le nostre strade, il tutto in virtù del mercato che ne stava avvertendo la grande potenza: se in America, ad esempio, si spendevano milioni di dollari per festeggiarlo, poteva accadere lo stesso in altri paesi? Era possibile inserire questa festa nei calendari altrui e farla divenire punto di riferimento annuale? Il mercato avrebbe di lì a poco avuto la conferma delle proprie previsioni, e i grandi festeggiamenti che ci hanno visti impegnati sabato - dal costume preparato per tempo, ai make-up mostruosi, ai nani malefici che si aggiravano con genitori (più o meno partecipi) al seguito - ne sono la prova.
E ora vi chiedo: è questa una colpa? Ci dobbiamo sentire vittime di un raggiro economico-sociale che ci vede succubi manichini nelle mani di un consumismo trito e ritrito, del quale non riusciamo a fare a meno? Viaaaaaaaaaaaaaa... 
Nei numerosi siti che ho visitato mi sono trovata di fronte a opinioni contrastanti, che oscillano fra le seguenti sintesi:
Halloween è
- una super figata!
- una mera forma di consumismo che ci vede schiavi!
- una festa di origine celtica, evolutasi nel tempo.
- una festa Satanica (qui scende in campo la religione nostrana)
- una festa cristiana; evidentemente parte della nostra tradizione!

Tralascio le tesi più tristi e mi concentro su due in particolare: Satana vs Jesus.
Festa Satanica? Eccome anche! Addirittura vi sarebbero testimonianze di una ex satanista che racconta di sacrifici animali e umani, abusi su minori e messe nere nel corso della notte del 31 ottobre. Ora, che i satanisti fossero gente un po' strana è appurato, e la verginella redenta che se ne è uscita con tali affermazioni tutta tutta non c'era manco prima, a mio avviso, se è stata testimone di tali abomini contro l'uomo e l'essere vivente in generale al grido di "viva Satana!" così, a caso! Che vi possano essere geni del male che utilizzano quella notte per tali atrocità posso anche crederci, che però far festeggiare Halloween ai bambini vada a incentivare il satanismo nelle loro piccole menti, andando a creare un nuovo numerosissimo esercito di Anticristo mascherati per le strade, anche no! Di eserciti del male se ne vedono anche troppi al mondo e i nani mascherati li escluderei dal gruppo. Non sono della stessa opinione numerosi figli di Dio, così si definiscono, che se ne escono con tali genialate.
e si giunge fino alla perla del Comune di Caccamo:(leggi qui la notizia) dove il sindaco avrebbe vietato la festa in seguito a passati atti di vandalismo verificatisi proprio in quella notte - problematica che esula dalla festa, a mio parere, e va a identificarsi nella maleducazione personale - il cui divieto, però, è stato preso a emblema dai perbenisti di cui sopra.
Festa di Gesù? A detta della cristianissima e agguerritissima Giovanna Jacob, Sì, e il suo articolo qui lo spiega passo per passo. Chi sia Giovanna Jacob non lo so, ammetto la mia ignoranza e vado a cospargermi il capo di cenere, e poi mi informerò in merito. Inutile che vi riporti tutta la sua riflessione, che potete andare a leggere di persona e farvi un'opinione personale. Vi riporto solo un breve incipit che da avvio alla teorizzazione che la Jacob vuole dimostrare:
"[...]è una festa cattolica inventata da immigrati cattolici (irlandesi e francesi) in una nazione puritana. Non potendo sopportare che la festa più popolare degli Usa abbia origini “papiste”, i discendenti dei puritani ne hanno sempre parlato malissimo. Nel XIX secolo misero in giro la voce che la festa cattolica di Halloween discendesse da una festa celtica legata al culto dei morti, nel XX misero in giro la voce che durante quella festa celtica si facessero sacrifici umani al dio della morte. In realtà, come abbiamo visto, la festa di Halloween non ha nessun legame, né diretto né indiretto, col paganesimo antico. La festa da cui discende l’attuale festa di Halloween nacque in Irlanda fra VIII e IX secolo dopo Cristo, quando il paganesimo celtico era del tutto estinto. Halloween significa letteralmente “festa della vigilia di Ognissanti”. Tuttora sopravvivono in varie parti d’Europa feste di origine medievale in onore dei santi e dei morti che somigliano in maniera sorprendente alla celebre festa americana. Dunque Halloween non oscura in nessun modo le nostre tradizioni ma piuttosto le illumina.


Detto questo, tutta la mia attenzione vuole concentrarsi in un unico grande assioma: MACHISSENEFREGA!
Satana, Gesù, tutti i santi a raccolta! Capisco la religiosità - un tempo sono stata credente e praticante, cantavo nel coro della chiesa, ero vergine convinta e catechista a tempo pieno, poi ho scoperto la vita, ma questa è un'altra storia, è mia e non è da identificarsi con la giusta via, quindi la eclisso. Dicevo, capisco il rispetto per le proprie tradizioni e capisco che si debba talvolta dare giustificazione a tutto per poterci credere davvero; ma qui si sta parlando di una festa e come tale dovrebbe essere intesa. Il mondo che viviamo oggi è già abbastanza duro e disamorato che non ha bisogno né di nuovi tribunali dell'inquisizione, né di cacce alle streghe. 
La grande vittoria di questa festa voglio attribuirla alla necessità di stare insieme, al bisogno estremo di prevaricare i limiti, con uno spirito più simile al carnevale appunto - almeno in Italia. 
Io non avevo intenzione di festeggiarlo, e invece mi ha portato:
  • un cappello rosa che mi ha resa felice come una bambina di cinque anni!
  • una cena con le amiche di un tempo, che non vedevo da anni e che ho ritrovato più belle e più pazze di prima!
  • un proseguimento di serata in compagnia dello amodes, ma è un'altra storia e non necessita di foto!
  • una maschera fatta a mano da una mia minuscola allieva, #micronanodellamore, che ha dedicato il suo tempo a disegnarla, colorarla, ritagliarla, attaccarci un nastro rosa (ovvio!) e regalarla a me!
Se Halloween è questo, penso sia giunto il momento di iniziare a festeggiarlo!