martedì 4 agosto 2015

La generazione perduta

Maledetti i giovani! Maledetti quelli che se ne stanno senza far niente dalla mattina alla sera, che si muovono in branco, che disturbano con urla e schiamazzi la quiete notturna, che si pavoneggiano sfoggiando con arte rutti e bestemmie, che si svendono per una foto o un bel selfino su facebook, bocca a culo annessa, che rappresentano il degrado della nostra società e la devastazione di una generazione che ormai sembra volgere al declino. Eh già, proprio maledetti. Perché ai nostri tempi non era così! Sarebbe quasi da esclamare "si stava meglio quando si stava peggio!" dando ragione a chi ce l'ha sbattuto in faccia fino alla nausea.


Ma quanto c'è di vero in questo assurdo mito del degrado giovanile? Io me lo sto chiedendo da qualche tempo, e non riesco a trovare un fondamento a un'affermazione che sembra volersi confermare un intramontabile luogo comune.

Proprio pochi giorni fa ho vissuto una giornata in pieno stile giovani d'oggi, al fianco di figure strane e dall'aspetto umano, in età compresa fra i quattordici e i diciotto anni, e contro ogni previsione, ne sono uscita illesa! Giuro, senza contusioni, timpani perforati, rutti o bestemmie del caso, e via discorrendo.
Ovvio, c'ero io che tiravo su la media, "si saranno trattenuti" ho pensato tornandomene a casa all'una e mezzo di notte. Sì, perché quello che doveva essere un pomeriggio in piscina, è diventato pomeriggio-cena, e inevitabilmente pomeriggio-cena-dopocena-seratardi. Ma la realtà è che si comportavano esattamente come se fossi stata parte del loro mondo, come se non ci dividessero ben quindici anni di esperienze, percorsi, vita; e ciò che è emerso è stata meraviglia, solamente inondante, assordante, spasmodica, entusiasmante meraviglia.

Maledetti i giovani! Ti fai un'idea del loro universo, e con la leggerezza che solo a quell'età si è in grado di regalare al mondo, ti smontano certezze come fossero playmobil. Sapete che tutt'ora questi esseri strani hanno sogni e speranze? In amore, ad esempio, non si lanciano a caso su qualcuno solo per il gusto di averlo accanto - verità che noi matusa crediamo pienamente assodata - al contrario, ne discutono fra sé, riflettono sui comportamenti del diretto interessato, su quello che vorrebbero trovare nella persona ideale, e si becchettano perché ognuno ha una precisa idea di come dovrebbe essere l'amore. Buffa la loro convinzione che di amore ce ne dovrebbe essere uno solo, perché scopriranno che le delusioni esistono e fanno male, specialmente dopo la fine del primo grande amore, ma siamo noi grandi a saperlo e dovremmo tenerlo segreto, aspettando che sia la loro vita a confermare lo svolgersi della nostra - o a smentirla magari!
Quanta passione mettono in quello che fanno! Dovrebbero metterne un po' in pillole e regalarcela. perché strada facendo ce la siamo fatta scivolare dalle dita; una passione che si sprigiona non solo nel selfie perfetto - perché in quel caso anche i vecchiarelli stanno salendo la classifica del click figo - basta dargliene l'occasione.

Forse la mia visione è falsata da una cerchia ristretta di giovani anime che mi trovo ad avere come allieve, forse è colpa loro se credo ancora alla straordinaria potenza della gioventù, e forse me le tengo strette perché ho bisogno di ricordarmi quanta ne avevo io alla loro età. Ma dovreste vederli. Pazzi, perché nella pazzia molto spesso si riconosce la vita stessa, e loro sono folli allo stato puro perché si fidano senza chiedere, si lanciano in quello che fanno senza paracadute, solo per il gusto di vedere dove quel salto li porterà. Di paure ne hanno, certo, anche troppe, ma gliele abbiamo donate noi, adulti distratti e ipocondriaci del domani, che vaghiamo ignari di quante energie sprechiamo nell'affannarci a "farne qualcosa di questa vita". 
Ogni anno, al saggio finale mi arrivano lettere colme di "grazie" per quello che ho dato, e non si rendono conto che grazie dovrei essere io a dirlo, tutti i giorni, sempre. Non sanno che quando penso di aver sbagliato tutto, di aver scelto una strada bastarda e sempre in salita, che dovrei mollare capra e cavoli, invece di salvarli, penso a loro, ossigeno che invade la mente e la rigenera.
Sanno essere crudeli, è vero, perché ci sputano in faccia il loro disappunto per i limiti che mettiamo, chiedono instancabilmente perché di tutto e non accettano scuse, non ce le concedono neanche per un istante. Credo bene che la nostra generazione li osservi dall'alto in basso, capisco la nostra frustrazione nell'appurare che nonostante il mondo sembri andare sempre peggio, ci sono loro a correre ridendo per le strade, a farsi gavettoni a fine scuola e a combattere perché quel momento non venga loro tolto; e li osserviamo con superbia perché vorremmo tornare a correre anche noi senza freni per le vie, a ridere di uno scivolone, a lanciarci palloncini pieni d'acqua e ad amare come solo a quell'età si è soliti fare. 

Quante volte li sento lamentarsi dei propri insegnanti che li classificano in un modo e non accennano a voler cambiare idea, neanche quando si sfiniscono nel migliorare, nel plasmarsi in quello che l'insegnante di turno vorrebbero che diventassero. Adulti che non si accorgono del danno che provocano nel proferire sentenze a caso, forti del fatto che sono dietro una cattedra, pertanto giustificati anche nel parlare a vanvera. 

Di soggetti al limite ce ne sono, nessuno lo nega, ma come in ogni altra generazione, perché quel bullismo cui tutti inneggiano come il male del secolo è sempre esistito. Conosco padri e madri di famiglia, poco più grandi di me, che dalle medie in poi si divertivano a picchiare i più piccoli, a minacciare - me compresa - per uno sguardo di troppo, o una merenda. Potrei indicarli uno ad uno, ma ne varrebbe la pena? Le guerre a quel tempo erano fra noi, guerre aperte prima, durante e dopo la scuola; ci rimboccavamo le maniche e partivamo per la battaglia del secolo, tornando a casa con il naso sanguinante, gomiti e ginocchia lacere e qualche buco nella maglietta. Il giorno dopo si ricominciava, consapevoli che se avevamo perso ieri, avremmo potuto vincere oggi o domani. Le minacce non ci spaventavano, e i genitori si limitavano a curare le ferite con un po' di tintura di iodio e una carezza.
I ragazzi di oggi non sono diversi da noi, hanno solo più paura di quello che sarà, perché siamo noi i primi ad averne e loro come spugne si impregnano di timori inutili alla loro crescita. Sono oberati di un peso che non li dovrebbe competere, di un futuro che sembra non volersi avverare, e quando si domandano che cosa faranno della propria vita li vedi persi fra sogno e realtà, fra quello che vorrebbero fare e quello che la società di oggi li spinge a scegliere.
Penso che la generazione perduta non sia la loro, ma la nostra e quelle precedenti, branchi che hanno abdicato a poteri non più forti, solo da troppo tempo radicati.

Dovremmo tornare ragazzi con la consapevolezza delle nostre età, fare tesoro dell'impulsività e della passione giovanile, tramutarla in potere concreto e rovesciarla su chi ci dice che è così, punto e basta; plasmarci in giovani-adulti prendendo il meglio delle due esperienze, smettere di vivere sui "se" e tradurci in azione.
Imparare dai giovani e con i giovani, renderli parte della società non solo come meri prodotti finali di un sistema che vacilla da anni, perché di fallimenti sociali ne abbiamo anche troppi, e non se ne vanno in giro in motorino, ma in giacca e cravatta e ci comandano pure!



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