martedì 24 novembre 2015

#compleanno #pinkpunkgirl - terza puntata: #Realtà sabato 7 novembre

...la saga continua e forse si conclude! Eccoci alla tanto attesa terza puntata, quella che svela il momento culmine di un compleanno così inaspettato da avermi sorpresa come non mi succedeva da molto (troppo) tempo.
Se avete letto la prima (qui) e la seconda (qui), sarete a conoscenza sia delle aspettative, sia dell'impegno messo da famiglia, amodes e allievi nel corso della settimana per festeggiare questa cinica e noiosa artistoide teatrale, dedita alla pseudo-depressione cosmica. Il 3 e il 5 novembre si erano rivelati giorni talmente ricchi di eventi e sorprese, che giunta al sabato mi trovavo ben lontana dal credere che ci sarebbe stato altro per me - quello che avevo avuto era già tanto, considerando che non mi ero preoccupata di organizzare feste, cene, o festeggiamenti di sorta, sempre in virtù dell'assioma: Avere aspettative implica delusioni, meglio stare ferma e prendere quel che viene.
Il sabato 7 novembre il mio programma era ben strutturato: mattina ripetizioni a una nana dell'amore cresciutella che necessitava di stimoli per affrontare mille mila interrogazioni, poi pranzo con la mia amica Baby e la sua meravigliosa famiglia, e pomeriggio all'insegna dello shopping. Dovete sapere, infatti, che non sono sempre stata una teatrante depressa; un tempo amavo lo shopping e girovagare per negozi mi faceva sentire bene -  in seguito il lavoro, giorno e notte, senza ferie, senza sosta, spesso senza stipendio (manco a nero!) senza contratto #questosconosciuto, e la disperata rincorsa dell'indipendenza economica, mi hanno allontanata da quella Caterina trucco&tacchi, e che in tanti momenti mi manca un po'. Non che comprassi il mondo, ma mi sapevo muovere bene fra offerte e capi stravaganti, e non disdegnavo di uscire e fare tardi, sfoggiando il capo nuovo di pacca (non di marca sia chiaro!). 
In tutto ciò Baby era sempre stata presente e per il sabato era stata categorica:
"Sabato non prendere impegni, sei per me tutto il pomeriggio. Andiamo a fare shopping, ci divertiamo... e poi devi aiutarmi a comprare il regalo per F. (N.d.A. il suo amore) per il nostro anniversario! (che cadeva proprio il 7) Poi la sera ceniamo insieme e ti festeggiamo... non fare quella faccia brontolona! Giusto una tortina e un regalino solo per te! Me lo concedi?"
Ero stata chiara anch'io in merito: non voglio feste a sorpresa! Non mi piacciono, o meglio, mi piace farle, ma non subirle; temo sempre che rimarrei delusa dal luogo scelto, dalla serata, dall'organizzazione, dagli invitati (chi c'è, chi manca, chi ha detto di no, chi non è stato invitato, chi è stato invitato e non avrei voluto... e via dicendo).
Baby lo sapeva benissimo ed era stata sufficientemente redarguita in tal senso: "Non ti ho organizzato niente! Giuro!", e io quando dice una cosa mi fido sempre.
Il gran giorno arriva, la mattinata trascorre bene (non per la creatura sotto le mie grinfie per ben due ore di ripetizioni), il pranzo si conclude e siamo pronte per partire: io, Baby e M. la piccola di casa -  sì, perché fra la Caterina shoppingara e l'artista depressa ne è trascorso di tempo e Baby ha visto bene di rendermi zia non una, ma due volte: B. la più grande (3 anni di boccoli e occhioni a cerbiatto) sarebbe stata con il babbo, la piccola di 3 mesi sarebbe venuta con noi - dato che le poppe della mamma sarebbero state a fare shopping!
ore 15:00 partiamo alla volta dei Gigli e come una bambina di fronte al paese dei balocchi, corro di qua e di là senza sosta, con Baby che ride a crepapelle delle mie follie. Negozi, negozi a perdita d'occhio, e mentre penso che è davvero passato troppo tempo da quei giorni di sfrenate corse al ribasso e scarpe con il tacco, mi piace appurare che nonostante i figli, il lavoro e la vita ci richiedano di essere donne adulte, io e Baby siamo sempre noi, con i nostri giochi, le battute, gli sguardi e le ciaccole infinite. La piccola M. qualche volta si fa sentire, ma non più di ogni bambino presente: piange, mangia, dorme dopo essere stata cambiata, il tutto per 4 ore!
Ce ne usciamo dal centro commerciale cariche di vestiti e pienamente soddisfatte, ma ci accorgiamo che è tardi per andare a fare incetta di scarpe: gli uomini ci stanno aspettando a casa e non amano attendere; e poi la piccola ha bisogno di riposo, anche se ha retto bene la giornata (è donna, lo shopping è nel suo DNA). Telefono allo mio amodes e scopro che è già arrivato a casa di Baby: "arriviamo verso le 20:00, partiamo adesso" gli dico, e lui esordisce con "fai con calma, va bene... vi siete divertite?"... Mmm questa cosa mi puzza, ma ci passo sopra, M. ha iniziato un concerto in macchina di urla che potrebbero sentirla dall'Abetone, e mi concentro sulla guida dolce per evitare ulteriori traumi alla nana malefica.
"Ah, devo passare da una signora a vedere una stanza per la cresima di mia nipote... 10 minuti a Figline e saliamo su!" esordisce Baby, e io me la bevo, ma resto pur sempre dubbiosa. Amodes che non è in ansia da ritardo, Baby che deve vedere una stanza... inoltre i miei genitori, che ogni fine settimana smusano perché parto il sabato mattina e torno la domenica sera, stamattina sono stati insolitamente cordiali: "divertiti stasera"... a cosa si riferivano? Inizio a sospettare qualcosa, ma penso anche che sono stata chiara: NIENTE FESTE A SORPRESA! E non credo che di fronte a tanto impegno nell'urlarlo al mondo, qualcuno si sia preso la briga di organizzarla, giusto?
Giungiamo al luogo dell'appuntamento, e tutto tace. 
"Vai tu... io ti aspetto in macchina con la bimba" dico.
"No, dai, accompagnami! Se poi M. si mette a piangere?! Me la tieni tu dai!"
E va bene! Ci incamminiamo verso quello che sembra il retro di qualcosa; una scenderia curvata ci fa da strada e dalle finestre alte e strette intravedo una luce bluastra e sagome di festoni appesi... inizio a presagire il peggio.
"Baby, mica ci sarà una festa a sorpresa lì dentro vero?" lei non risponde.
"Baby mi incazzo come una iena condor e lo sai... giura che nessuno urlerà Sorpresaaaaaaaaaaaa, o ti lascio qui e ti mollo con la nana nell'ovetto!"
"Te lo giuro! Nessuno dirà sorpresa!"
Ma io sono già lì che ho capito la situazione e non posso tornare indietro. Mi hanno fregata e anche perbene stavolta!
Mi avvicino alla porta e la chiudo per errore, il maniglione antipanico è all'interno e non posso entrare, ma nel frattempo dalla porta a vetri vedo partire un filmato proiettato sul muro: ci sono io... il mio faccione che scorre, le mie pose stupide e strane, i selfie con i miei allievi, le foto dello spettacolo di fine anno, loro che si divertono a fare linguaccia, che sorridono immobili di foto in foto, bloccati nel tempo io e loro, in momenti che se anche non torneranno più, ci sono stati e fanno bene al cuore.
Mio cognato viene ad aprire,io entro e mi piazzo davanti a quel tuffo nel passato. Sono incazzata come una bestia, vestita male, struccata, impreparata a quello che accadrà, non so e non sapere per me è una tortura!
Poi qualcosa si rompe, dentro... sento un crack forte, deciso, e le lacrime iniziano a scendere senza poterle fermare. Con la coda dell'occhio inizio a vedere ombre che si affollano una accanto all'altra, la piccola B. che mi viene alle gambe e vuole essere presa in braccio, le silenziose presenze che diventano rumore assordante. Il video finisce, la luce si accende. Nessuno grida sorpresa, nessuno parla...Li osservo uno ad uno, sono volti che conosco e sono carichi di aspettative: vogliono sapere se questa sorpresa che non ho voluto e che ho temuto a lungo è riuscita davvero, se sono felice del loro impegno... e io mi sento la solita ingrata. Mia nipote, quell'ammasso di boccoli biondi e dolcezza allo stato puro mi viene alle gambe: "Auguri ziaaaa" e io mi sento morire, mi si spezzano le ginocchia più di quanto non lo siano in realtà e non so come fare a stare in piedi. Che faccio adesso? Mi sento spiazzata e confusa, ma stranamente e straordinariamente FELICE. 
Inizio a baciarli tutti, mi sento addosso le mani, le bocche, il frastuono da festa che ha finalmente inizio, con la musica si sparge l'allegria per la riuscita del tutto, le pacche di compiacimento, le domande, "non te n'eri accorta?" mi verrà ripetuto per tutta la sera e godranno nel sentirmi ripetere "no" perché è vero, non me l'aspettavo, non quest'anno!
"Te l'avevo detto che nessuno avrebbe detto sorpresa" sussurra Baby, e tra le facce gongolanti intravedo lo mio Amodes, l'organizzatore, che ha atteso un anno intero questo momento e mi guarda come se dai miei occhi dipendesse tutto il suo mondo.
Questa festa, infatti, era stata preparata lo scorso anno, allestita con largo anticipo e sin nei minimi dettagli; il 2 novembre, però, il destino aveva in serbo altri piani: lo mio amodes in gara a Livorno si era infortunato; corsa all'ospedale, malleolo rotto, operazione e ripresa lenta e faticosa. Tutto era stato disdetto, con un'unica certezza: silenzio assoluto, la festa sarebbe stata riproposta l'anno dopo. Da allora sono cambiate molte cose e, a conti fatti, sono felice che sia andata così. Mancavano alcuni, cui si sono sostituiti altri.
So di persone invitate che non sono potute venire e alle quali è dispiaciuto molto... so di altre che hanno accampato scuse per non esserci, e di questo mi dispiace, ma non si può piacere a tutti, anche se ti dicono il contrario, e non a tutti riesce essere un buon amico, o un buon familiare - perché anche in famiglia ci sono state brutte sorprese e amare delusioni.
Quantomeno prendi le misure per il futuro e fai tesoro di quanto ti è stato dato, di bene e/o di male.
Ho visto che in tanti si sono fatti in mille per rendermi felice, rubando tempo anche alla propria famiglia e ai figli; li ho visti fremere nei primi istanti in cui la luce si è accesa e tirare un sospiro di sollievo vedendo che sul mio viso, qualunque cosa fosse, era positiva! C'è chi ha fatto da mangiare tutto il giorno e ha continuato fino a sera; chi ha corso come un matto facendo torte, allattando, portandomi in giro e regalandomi attimi indimenticabili; chi è venuto da lontano e non ha sentito il peso della strada, ha portato con sé il proprio amore e insieme si sono dati anima e corpo perché io fossi protagonista ancora una volta; chi ha raccolto foto per farmi video strappacuore (maledetti loro); chi ha scelto di esserci nonostante tutto e arrivando in ritardo, ma a chi importa? C'erano e questo basta...
Mi hanno fatta sentire una principessa in rosa, perché tutti gli addobbi erano rosa, la torta era rosa, i piattini erano rosa... insomma avete capito...
A tutti loro, a quelli che durante la settimana mi sono stati vicini, a chi anche dopo si è impegnato affinché il mio giorno fosse speciale, a chi ha comprato #Poldino, un gattino miagolante di peluche perché sapeva che non potevo averne di veri, a chi mi ha donato un ombrellino rosa da borsetta perché proprio non potevo farne a meno, a chi mi ha donato un pacchetto di fazzoletti tascabile e un lapis con sopra un fiore di carta, a chi un taccuino rosa con occhiali da sole disegnati... a tutti e di più voglio dire GRAZIE.
So che a volte avreste meritato una Caterina migliore, quindi grazie di non aver giudicato troppo e aver capito, anche tirandomi un nocchino in testa, ma restando con me sempre. Questa è amicizia, tutto il resto è contorno, e anche se fa male capire che si è voluto bene a chi non lo meritava, a chi ha preso per non dare mai, fa bene sapere che al mondo esistono anche persone come voi, belle persone, che ci sono e basta, senza se e senza ma. A voi va il mio amore e la mia stima.

A te, Amodes, va la parte migliore di me... tu sai qual è; te la mando quando te ne vai, te la dono adesso per no riprenderla più.

e a voi lettori grazie per essere arrivati in fondo a questa carrellata!

martedì 17 novembre 2015

#compleanno #pinkpunkgirl - seconda puntata: #Realtà martedì 3 novembre / giovedì 5 novembre

Premessa: ieri era nei piani che uscisse la seconda puntata dedicata al mio compleanno. Avevo pensato di lasciar perdere, poi stamattina ho cambiato idea. Mi scuso con chi, sulla scia degli atroci eventi degli scorsi giorni, si sentirà offeso dalla mia frivolezza.  
Se state leggendo la seconda puntata significa che siete già a conoscenza della prima (e se così non fosse, cliccate qui) dove spiegavo quali fossero le aspettative per il mio trentunesimo compleanno, e dove in qualche modo si intuiva quanto si fossero rivelate al di sotto della realtà. Ebbene oggi inizia la carrellata di eventi che ha caratterizzato la settimana del mio compleanno, una settimana intera giuro, neanche fossi Caterina di Russia... Devo ammettere che è stato bello sentirmi festeggiata, comprendere quante persone si erano preoccupate per la mia felicità (dato che gli ultimi anni sono stati del tipo: gente il cui unico scopo è distruggerti la vita, così a caso, perché la loro è di una mediocrità tale da far rabbrividire la mediocrità stessa.
Vi anticipo che le puntate saranno tre, perché racchiudere tutto in una volta voleva dire fare un dramma a stazioni, una prosopopea tale da far annoiare anche i lettori più allenati... e poi voglio ricordare e fermare nel tempo ogni momento, quanto mi è stato dato è troppo speciale per rischiare di dimenticarne anche un attimo. Oltre questa vi attendono ancora:

  1. Sabato 7 novembre - terza puntata
  2. Il Konnubio - #Veganbirthday

Ma partiamo dal principio. 

Martedì 3 novembre:

Mattina: Ho saltato fisioterapia (mhuahahahah risata satanica) perché volevo dormire! Il mio primo regalo sarebbe stato il letto caldo, morbido e confortevole, e così è stato. Me la sono goduta come non mi succedeva da tempo (dovete considerare che per chi soffre di insonnia godersela ha più o meno il senso di: dormire 5 ore di fila al mattino, mentre il mondo corre e tu invece puoi fermarti.) Mi sono alzata alle 10:00 sentendomi la persona più fortunata del mondo. 
I miei genitori rientrano poco dopo con torta per me e un treno di regali... il babbo e la mamma restano tali, anche se compi trentun'anni. Tre pigiami (il mio indumento preferito) tutti sulle tonalità di rosa, un libro (di cui vi parlerò in seguito quando l'avrò finito, sequel compresi) e oggettistica varia per la casa, dato che qualcuno si sta armando per andare a vivere da sola! Inoltre un bel gruzzoletto versato in banca per sopperire alla montagna di tasse da pagare, in quanto libera professionista di stacippadilippa. Non c'è di che Renzi!
Pomeriggio: avevo il corso della Lingua dei Segni, e non poteva fermarsi per me (per il Papa sì, ma questa è un'altra storia e un'altra polemica), quindi ci vado senza troppa convinzione, ma felice di vedere le mie amiche. Arrivando con il treno sempre in anticipo di circa 40 minuti (perché ce ne sono pochi e o prendi quello o arrivi un'ora in ritardo) posso prendermela con calma, fermarmi al Bar dell'ENS, discutere di ciò che c'era o non c'era da fare, leggere se non ho voglia di fare conversazione e salire a lezione. Quel giorno mi vedo apparire nel giardino interno lo mio Amodes, con gli occhi che brillano di fronte alla mia espressione sospesa (e non sorpresa), fra il dubbio e la paura. Cosa ci fa Lui in un contesto che non gli appartiene e dove, per timidezza, non si sente a proprio agio? Mi sembra di scorgere uno sguardo malizioso, e mi irrigidisco. "Che ci fai qui?" non risponde e nel frattempo si sfila lo zaino, lo appoggia sulla panchina, e inizia a tirare fuori dolciumi incartati (così sembra), un regalo e una bottiglia di Champagne. 
Avete presente quando siete alla vostra prima uscita con gli amici, quelli più grandi, e i vostri genitori iniziano a presentarsi come se fossero ancora ccciòvani e non si accorgono di non esserlo più neanche dentro??? Ecco, il mio stato di imbarazzo era tanto tangibile che avrei preso lo mio Amodes, me lo sarei caricato sulle spalle con bottiglia, dolcini e regalo e l'avrei spedito su Marte!
"Vai a chiamare le tue amiche!". Non volevo deluderlo, si era impegnato per farmi questa sorpresa, e meritava una ragazza migliore della solita polemica Caterina, almeno quel giorno, quindi mi metto a cercare tutte le ragazze del corso sparse per corridoi e aule del caso. Ne raccolgo quante più posso, e insieme a loro e agli amici dell'ENS spengo la mia prima candelina della giornata, su un millefoglie alla panna senza latte, quindi commestibile anche per l'intollerante che c'è in me. Il regalo sono riuscita a rimetterlo nello zaino, volevo aprirlo con i miei tempi, non in corsa prima della lezione. (lo scatto è a cura di Irene che ringrazioTerminati i primi momenti, da sospesa mi sono trovata piacevolmente sorpresa. Amodes aveva avuto ragione stavolta.
Sera: Amodes mi viene a prendere al corso e via, ci immergiamo nelle vie di Firenze. Già questo dovrebbe bastare a rendere il compleanno di chiunque speciale. Io avevo Firenze e lo mio Amodes tutto per me, cosa potevo volere di più? Non sapevo che di lì a poco avrei provato la meravigliosa esperienza del Konnubio (per saperne di più dovrete attendere la puntata specifica).


Giovedì 5 novembre: 

Dato che il mio compleanno era trascorso in bellezza, non mi aspettavo certo che di lì a poco avrei di nuovo dovuto fare i conti con l'astuzia e l'ingegno di qualcuno intorno a me.
Piccola premessa: il lunedì pomeriggio insegno Teatro a San Giovanni. Poco prima che la lezione degli adolescenti iniziasse, la presidentessa dell'Associazione per cui lavoro si presenta da me dicendo: "Giovedì sera riunione". Capirete la mia sorpresa, il giovedì pomeriggio ho il corso LIS e scendo dal treno alle 20:50, figuriamoci se intendo andare a una riunione così, perché non si può posticipare a un altro giorno! Di fronte alle mie rimostranze, la presidentessa fu categorica: "Sono stanca delle tue lamentele. Alle 21:00 in riunione, punto!".
Se un po' mi conoscete, o avete imparato a conoscermi, saprete che ordinarmi qualcosa è deleterio, ancor di più se mi si impone con un tono di voce decisamente autoritario e scostante. La mia furia si percepiva, avreste potuto tagliarla a fette e farci colazione il giorno dopo - come si fa con i ciambelloni avanzati dalla domenica. In tutto questo, quegli animalini dei miei allievi adolescenti se la ridevano come matti, e in quel momento li avrei penzolati dalla finestra per i piedi uno per uno. Maledetti nani malefici in piena pubertà, come si permettevano di ridermi in faccia senza alcun ritegno?
Ammetto che nel corso degli anni ho imparato che gli adolescenti, e gli allievi in generale (grandi o piccoli che siano, i grandi ancor di più) possono essere estremamente crudeli, hanno lame taglienti pronte a recidere le tue parti più deboli, e molto spesso se la godono mentre tu sei costretta a leccarti le ferite e a chiederti: quando studiavo notte e giorno per raggiungere i migliori risultati all'Università, quando mi spaccavo la schiena per lavorare in orari assurdi, in contesti discutibili, sottopagata e a nero, per permettermi stage in giro per l'Italia, era davvero questo cui aspiravo? Decisamente no.
Quel pomeriggio, però, ho deciso di passarci su; il giorno dopo era il mio compleanno e non volevo arrabbiarmi proprio il giorno prima. Ero già in fase festa, un po' sabato del villaggio, ma dimentica degli avvertimenti leopardiani. Faccio lezione e via.
Giunge finalmente il giovedì sera. La presidentessa mi telefona alle 20:00:
"Dove sei?"
"Alla stazione"
"Dove vai?"
"A casa?!?!?! Arrivo con il treno alle 20:50, alle 21:00 sono in ufficio!"
"va bene... ci vediamo nel piazzale e ci prendiamo un caffè prima di salire, che dici?"
"Emozione! (rido e penso che lo stia facendo perché si è accorta che lunedì ha esagerato con i toni) va bene."
"chiamami appena scendi dal treno"
"perché?"
"tu chiamami e basta!"
Ci ripenso, no, è ancora scorbutica come lunedì!
Scendo dal treno, chiamo, fisso, ci vediamo in piazza e il mio stomaco urla la morte!!! Fame!
"Mi prendo una piadina e saliamo ok?"
"Macché piadina!? La riunione è già iniziata!"
"Ma con chi?"
"dai basta, saliamo!"
Immaginate me che mi metto a sbraitare per le scale come se mi avessero dato fuoco alla casa. Una pentola che bolle avrebbe borbottato di meno. Mi dirigo verso l'ufficio.
"No, facciamo riunione in sala prove"
Ormai di stranezze ne ho fin sopra ai capelli, ma acconsento. La fame mi fa perdere fermezza e mi rende docile e stanca.
Apro la porta e ciò che vedo mi blocca.
I miei ragazzi, proprio quei nani malefici in piena fase puberale che se la ridevano lunedì pomeriggio, che squittivano di fronte a me che rivendicavo il giovedì sera libero, erano lì immobili e potenti, con sguardi che avrebbero trafitto l'anima di chiunque.
Fieri, silenziosi e fermi nelle loro posture (per un'insegnante di teatro una visione del genere è pura poesia, tanto perché lo sappiate), illuminati da piccole luci sparse a terra; una melodia inizia a risuonare per la stanza: è il finale di Dancing di Elisa, e so perché è proprio quel pezzo a farsi strada verso di me. Non potevano sceglierne uno migliore, sapevano quanto significato attribuisco a quelle note, quali immagini e momenti evocano in me... e c'hanno preso, piccoli ammassi di ormoni!
Poi iniziano... voci che si susseguono con un ritmo cadenzato e incalzante, mi rimbombano in testa frasi che toccano e fanno male, o bene, o tutti e due, non lo so, so solo che in quel momento vorrei tanto piangere e urlare, perché nella loro innocenza quelle parole assumono una forza tale da trascinarmi a terra. Poi sorridono insieme... "auguri cate" saltano ovunque, battono le mani, mi si precipitano addosso, io mi aggrappo al corpo di una di loro, quella che so essere l'artefice di tutto (conosco i miei ragazzi), gli altri mi si accavallano sopra, intorno, dietro, in un abbraccio che mi schiaccia e mi scalda tanto che vorrei non finisse per tutta la sera... ne ho bisogno. Qualcuno mi sbuca alle spalle, una torta si avvicina, le candeline ci sono, l'accendino no, ma non è un problema. Si accende il flash del telefonino, si intona la canzone, e appena soffio una mano si chiude sul telefono: Candeline spente. Anche questo sono gli adolescenti, fantasia e concretezza.
Mi bombardano con sorrisi così caldi da stordirmi e mi consegnano pacchettini e regali, biglietti e dolci. Infine giunge la pizza - che pago io, a dispetto delle loro rimostranze. Va bene tutto, ma non voglio che dopo regali, dolci, spettacoli e quant'altro, debbano essere costretti a privarsi di quei soldini che si tengono in tasca! Ci vadano fuori, e si divertano con gli amici; a me non pesa quanto a loro.
La serata prosegue mangiando pizza per terra, ridendo dell'insegnante credulona che non si è accorta di niente, e mi raccontano quanto si sono prodigati perché questa serata potesse avere luogo: la preparazione dello spettacolo, la corsa a prendere le candeline alla coop perché qualcuno se l'era scordate, la fuga finale perché stavo arrivando troppo presto... insomma una corsa contro il tempo e gli impegni di questa insegnante sempre troppo indaffarata.
E mentre me li vedo lì davanti, giovani e bellissimi, corpi ignari della propria carica espressiva ed emotiva, inconsapevoli del grande regalo che mi hanno fatto, che ridono e scherzano insieme, senza paura, senza disagio, vecchi allievi e nuovi arrivati insieme, mi sembra di non entrarci niente, di essere quel "di troppo" inavvertito e pesante. Mi tengo un po' in disparte e li osservo... nessuno di loro se ne accorge, forse qualcuno sì, ma lascia correre (conosco loro e loro conoscono me!) e mi rendo conto di una verità assoluta: quando studiavo, lavoravo, correvo in giro per l'Italia rincorrendo il Teatro e le sue avanguardie, mi trascinavo per Festival e teatri in cerca di quell'emozione vera e unica che il Teatro sapeva regalarmi e che mi aveva spinto a seguirlo e a dedicargli la vita, era davvero questo cui aspiravo? Decisamente sì. Teatro e Vita insieme, rinnovate e sorprendenti, sul pavimento sconnesso di una sala prove. 
Ps: la poesia del biglietto, quella recitatami la tengo per me... 
Un grazie speciale va a Barbara, la nostra presidentessa che se l'è spassata nel tormentarmi e di cui adesso comprendo gli insoliti comportamenti autoritari - solitamente è molto più dolce e meno dittatrice! 
Un grazie speciale anche a Silvano per quel giorno di giugno (tu sai).
Queste qui sotto sono le mie meraviglie adolescenti (ne manca qualcuna perché impegnata o impossibilitata...)






martedì 10 novembre 2015

#compleanno #pinkpunkgirl - prima puntata: #Teorie e #Aspettative



Nella mia modesta carriera di persona esistente al mondo, il compleanno ha sempre ricoperto un ruolo strano: il giorno più e meno atteso dell'anno. Adoravo andare alle feste degli altri, mi piacevano quelle dei miei amici con mamme indaffarate e ricoperte di farina, zucchero e marmellata, con le case stracolme di decorazioni cartonate dai più vivaci colori, i cappellini che rigorosamente ti segavano il mento con quell'elastico sempre troppo corto per il tuo viso, la casa che profumava di dolci appena sfornati e i giardini costellati di giochi a premio; la caccia al tesoro era il mio preferito. Mi piaceva preparare il vestito che avrei messo, incartare il regalo che avevo scelto con cura, vedere occhi e mani avide di scartare e scoprire la sorpresa... eh sì, i compleanni mi piacevano. Tutti tranne il mio. Il mio cadeva il 3 novembre, dopo i Santi e i Morti, dopo che tutte le famiglie - la mia prima di tutto - erano state indaffarate in pranzi e cene a otto portate, abbuffate alla stregua di gare preparatorie a quelle natalizie, troppo impegnate a vivere le feste comandate per festeggiare la mia. Il compleanno per me era il 1 novembre, il 2 se andava bene, il tutto in famiglia. Casomai c'era quello dell'asilo se ero fortunata e capitava all'interno della settimana, ma già dalle elementari si limitavano al: "oggi è il compleanno di Caterina, facciamo tutti un augurio affinché passi questo giorno al meglio... e ora passiamo a matematica, per oggi c'era da fare...".
Festeggiarlo davvero per me era strano, e di conseguenza una volta cresciuta ho sempre teso a non farlo, questo come altre feste, tipo quelle di laurea. Perché stare a festeggiare, perché spendere i soldi, perché perdere tempo a preparare, organizzare, scegliere, fare... il tutto per un semplice motivo: le aspettative.
Odio le mie aspettative, sono sempre più alte di quello che accade, e mi deludo puntualmente da sola; se invece mi limito a dire: "no grazie, non festeggio", ciò che verrà sarà comunque meglio di ciò che mi sarei aspettata, quindi è tutto guadagnato.
Così ho fatto anche quest'anno. Niente festa per me, nessuna fantasmagorica cena organizzata, nessun piano specifico... dopotutto era un giorno come un altro, un martedì monotono e uguale a tanti altri martedì. Mattina al lavoro su copioni e parti varie, pomeriggio al Corso LIS a Firenze, sera rientro in tarda serata, sistemazione appunti e infine letto. E poi erano 31, dico trentuno. Ma che razza di numero è? Non ho festeggiato quello dei 30, dove tutti fanno le super feste, figuriamoci se mi interessava festeggiare questo, la misera conferma del fatto che sto invecchiando - male fra l'altro -  e che ho compicciato ben poco nella mia vita, in fatto di risultati. No lavoro remunerativo, no indipendenza, no fisico atomico. Tutto un po' no, insomma, e che c'era da festeggiare?
Il fatto è che se anche fossi riuscita a evitare le grandi celebrazioni in stile ballo delle debuttanti, non avrei potuto esimermi dal fare felice chi, vicino a me, si fosse messo a organizzare qualcosa - anche solo rifilarmi una piccola, stopposa, gommosa e intollerante tortina presa in corsa dal bar triste in fondo alla strada.
Consapevole di questo mi sono detta che avrei reagito seguendo gli insegnamenti dei più grandi saggi della storia: Sorridi e cinguetta! Squittisci davanti ai regali, mostrati eccitata per tutti gli auguri che riceverai, il giorno passerà in fretta e tu te ne andrai a letto stanca, ma felice.
C'è da dire, comunque, che resto una #pinkpunkgirl e in quanto tale avevo la mia lista di regali agognati ben chiara nella mente:
  1.   UGG rosa come se non ci fosse un domani. Chissene se sembrano per bambine dai biondi capelli che dicono "perdindirindina"! Se le fanno per adulti - con numeri ben oltre il 40 (il mio) - significa che sanno che qualcuno le comprerà. E io sono una di quelle persone che, senza vergogna alcuna, le ama! Toglietemi tutto, ma non le mie UGG. Avrei potuto cedere anche per colori quali: celeste, oro, corallo, rosso... tutti via!!! Un paio di Ugg non si rifiuta mai.




2. Instax Mini 8 (Rosa): una meraviglia firmata fujifilm, una mini polaroid disponibile in diversi colori, fra cui rosa appunto, con tanto di accessori tanto variopinti quanto inutili, ma che mi fanno impazzire e saltellare come una ragazzina davanti al suo primo Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari (per me così è stato, guai a chi si mette a ridere!)



3. Moon Boot Rosa: quanto sono belli?  A cosa mi servono? A mettermi in condizioni tali che, se casomai un domani venisse una nevicata dalle mie parti, o mi prendesse la briga di andare a cercarla (la neve), sarei pronta e calzata di rosa, devo aggiungere un altro motivo?



4. Cane: Animalisti non incominciate a inveire contro di me! Non lo voglio Rosa (perché non c'è, ma se ci fosse...), vorrei solo un cucciolo per me, vivere l'esperienza del cane, del migliore amico dell'uomo. La razza è una e semplice: tutte e nessuna, quella da canile sarebbe perfetta, e se è brutto meglio ancora.

5. Gatto: un anno e mezzo fa, in pochi mesi, vidi morire le mie gattone, Chicca e Tristezza (guai a chi prende il giro i nomi, li avevamo scelti con cura). Adesso sento l'esigenza di tornare ad avere zampotte pelosone che mi svegliano la mattina, cuccioli che si strusciano a me e mi cercano per coccole dell'ultimo minuto. Dopo 17 anni a fianco degli animali, non se ne può fare a meno e io ne sento decisamente la mancanza.

Queste erano le Aspettative che fino al 2 novembre avevo per il mio compleanno, la realtà è stata ben diversa...
Per scoprire se è stata migliore o peggiore, non vi resta che attendere la seconda puntata!

domenica 1 novembre 2015

Halloween: Satana, Gesù o che altro?

31 ottobre: Halloween.
Fin qui tutto bene, se non fosse che: non è una festa cattolica, non è una festa italiana, non deriva da tradizioni autoctone, non riguarda il nostro sostrato, non ci identifica come popolo, non ci appartiene, e fingiamo che abbia elencato altri "non" del caso, almeno avrò fatto felice l'esercito del "No ad Halloween!".
Vero, non sono cresciuta girovagando mascherata per le case il 31 sera gridando con voce stridula: "Trick or Treat?" (Dolcetto o scherzetto). Sono d'accordo con chi afferma che si tratti di una festa giunta a noi da influenze esterne, a mio avviso prettamente americane e anglosassoni, ma ritengo che se ne stia facendo un caso più grande di quanto sia in realtà.
L'interesse per questa festa da parte mia è pari a zero, ovvero: non la vivo come qualcosa da festeggiare a tutti i costi, per la quale valga la pena di sciorinare grandi preparativi e se mi ritrovo il 31 sera in casa, da sola, con un libro in mano davanti al fuoco va bene lo stesso.
Non fa parte delle mie tradizioni, non la riconosco come tale e non me ne dovrebbe fregare niente di renderla un giorno memorabile... ma! Qui sorge un ma: chi l'ha detto che non possa diventare una scusa per divertirsi e stare insieme, magari mascherandosi e passando il limite del socialmente accettabile?
Per scrivere questo post mi sono messa alla strenua ricerca di fonti e informazioni circa la sua reale origine, della quale avevo letto qualcosa in passato.
Vi ricordate questo film? Nel 1993 usciva nelle sale Hocus Pocus, e la piccola Caterina ne faceva la strabiliante scoperta, facendolo divenire uno dei suoi film preferiti (avevo nove anni, evitate i commenti!). Non riuscivo, però, a capire di quale festa si stesse parlando. Ripensate a quegli anni e ditemi se Halloween era già l'Halloween che conosciamo oggi, una festa a livello globale, seconda solo al Natale - così dicono le statistiche di vendita dei prodotti annessi. Ovviamente no! Di Halloween si sapeva quello che la televisione, americana in particolare, ci passava e io - secchiona nell'anima - mi misi alla ricerca di questa strana festa, che a me sembrava molto più somigliare al carnevale, essendo tutti i partecipanti travestiti. All'epoca era ancora in voga la spiegazione secondo cui la festa di Halloween fosse da far risalire a quella di Samhain, il capodanno celtico, tesi che ad oggi sembrerebbe del tutto errata, ma che ancora vede numerosi sostenitori.
A poco a poco, Halloween ha iniziato a invadere le nostre strade, il tutto in virtù del mercato che ne stava avvertendo la grande potenza: se in America, ad esempio, si spendevano milioni di dollari per festeggiarlo, poteva accadere lo stesso in altri paesi? Era possibile inserire questa festa nei calendari altrui e farla divenire punto di riferimento annuale? Il mercato avrebbe di lì a poco avuto la conferma delle proprie previsioni, e i grandi festeggiamenti che ci hanno visti impegnati sabato - dal costume preparato per tempo, ai make-up mostruosi, ai nani malefici che si aggiravano con genitori (più o meno partecipi) al seguito - ne sono la prova.
E ora vi chiedo: è questa una colpa? Ci dobbiamo sentire vittime di un raggiro economico-sociale che ci vede succubi manichini nelle mani di un consumismo trito e ritrito, del quale non riusciamo a fare a meno? Viaaaaaaaaaaaaaa... 
Nei numerosi siti che ho visitato mi sono trovata di fronte a opinioni contrastanti, che oscillano fra le seguenti sintesi:
Halloween è
- una super figata!
- una mera forma di consumismo che ci vede schiavi!
- una festa di origine celtica, evolutasi nel tempo.
- una festa Satanica (qui scende in campo la religione nostrana)
- una festa cristiana; evidentemente parte della nostra tradizione!

Tralascio le tesi più tristi e mi concentro su due in particolare: Satana vs Jesus.
Festa Satanica? Eccome anche! Addirittura vi sarebbero testimonianze di una ex satanista che racconta di sacrifici animali e umani, abusi su minori e messe nere nel corso della notte del 31 ottobre. Ora, che i satanisti fossero gente un po' strana è appurato, e la verginella redenta che se ne è uscita con tali affermazioni tutta tutta non c'era manco prima, a mio avviso, se è stata testimone di tali abomini contro l'uomo e l'essere vivente in generale al grido di "viva Satana!" così, a caso! Che vi possano essere geni del male che utilizzano quella notte per tali atrocità posso anche crederci, che però far festeggiare Halloween ai bambini vada a incentivare il satanismo nelle loro piccole menti, andando a creare un nuovo numerosissimo esercito di Anticristo mascherati per le strade, anche no! Di eserciti del male se ne vedono anche troppi al mondo e i nani mascherati li escluderei dal gruppo. Non sono della stessa opinione numerosi figli di Dio, così si definiscono, che se ne escono con tali genialate.
e si giunge fino alla perla del Comune di Caccamo:(leggi qui la notizia) dove il sindaco avrebbe vietato la festa in seguito a passati atti di vandalismo verificatisi proprio in quella notte - problematica che esula dalla festa, a mio parere, e va a identificarsi nella maleducazione personale - il cui divieto, però, è stato preso a emblema dai perbenisti di cui sopra.
Festa di Gesù? A detta della cristianissima e agguerritissima Giovanna Jacob, Sì, e il suo articolo qui lo spiega passo per passo. Chi sia Giovanna Jacob non lo so, ammetto la mia ignoranza e vado a cospargermi il capo di cenere, e poi mi informerò in merito. Inutile che vi riporti tutta la sua riflessione, che potete andare a leggere di persona e farvi un'opinione personale. Vi riporto solo un breve incipit che da avvio alla teorizzazione che la Jacob vuole dimostrare:
"[...]è una festa cattolica inventata da immigrati cattolici (irlandesi e francesi) in una nazione puritana. Non potendo sopportare che la festa più popolare degli Usa abbia origini “papiste”, i discendenti dei puritani ne hanno sempre parlato malissimo. Nel XIX secolo misero in giro la voce che la festa cattolica di Halloween discendesse da una festa celtica legata al culto dei morti, nel XX misero in giro la voce che durante quella festa celtica si facessero sacrifici umani al dio della morte. In realtà, come abbiamo visto, la festa di Halloween non ha nessun legame, né diretto né indiretto, col paganesimo antico. La festa da cui discende l’attuale festa di Halloween nacque in Irlanda fra VIII e IX secolo dopo Cristo, quando il paganesimo celtico era del tutto estinto. Halloween significa letteralmente “festa della vigilia di Ognissanti”. Tuttora sopravvivono in varie parti d’Europa feste di origine medievale in onore dei santi e dei morti che somigliano in maniera sorprendente alla celebre festa americana. Dunque Halloween non oscura in nessun modo le nostre tradizioni ma piuttosto le illumina.


Detto questo, tutta la mia attenzione vuole concentrarsi in un unico grande assioma: MACHISSENEFREGA!
Satana, Gesù, tutti i santi a raccolta! Capisco la religiosità - un tempo sono stata credente e praticante, cantavo nel coro della chiesa, ero vergine convinta e catechista a tempo pieno, poi ho scoperto la vita, ma questa è un'altra storia, è mia e non è da identificarsi con la giusta via, quindi la eclisso. Dicevo, capisco il rispetto per le proprie tradizioni e capisco che si debba talvolta dare giustificazione a tutto per poterci credere davvero; ma qui si sta parlando di una festa e come tale dovrebbe essere intesa. Il mondo che viviamo oggi è già abbastanza duro e disamorato che non ha bisogno né di nuovi tribunali dell'inquisizione, né di cacce alle streghe. 
La grande vittoria di questa festa voglio attribuirla alla necessità di stare insieme, al bisogno estremo di prevaricare i limiti, con uno spirito più simile al carnevale appunto - almeno in Italia. 
Io non avevo intenzione di festeggiarlo, e invece mi ha portato:
  • un cappello rosa che mi ha resa felice come una bambina di cinque anni!
  • una cena con le amiche di un tempo, che non vedevo da anni e che ho ritrovato più belle e più pazze di prima!
  • un proseguimento di serata in compagnia dello amodes, ma è un'altra storia e non necessita di foto!
  • una maschera fatta a mano da una mia minuscola allieva, #micronanodellamore, che ha dedicato il suo tempo a disegnarla, colorarla, ritagliarla, attaccarci un nastro rosa (ovvio!) e regalarla a me!
Se Halloween è questo, penso sia giunto il momento di iniziare a festeggiarlo!

mercoledì 28 ottobre 2015

#nosmoking - secondo step: la MERDA A CATASTE!

Quando si giunge alla decisione di smettere di fumare, la prima regola è: urlarlo al mondo. Ditelo a tutti: parenti, amici, vicini di casa, autista dell'autobus, parrucchiere, giardiniere, amministratore di condominio (meglio se rompipalle), dottore di famiglia, dottore non di famiglia passato lì per caso, più persone lo sapranno, più sarai costretta a mantenere fede al tuo patto. Non avrai bisogno di controllarti da sola, saranno gli occhi degli altri a farti da supervisori ogni volta che sentirai la necessità di fumare. E ricordati che ci sarà sempre qualcuno in agguato pronto a gioire se tu cadrai in tentazione mollando la tua salutare impresa (solitamente un fumatore che in passato ha tentato di smettere e non c'è riuscito).
Io ho fatto così. Ero talmente presa dall'euforia salutista che già dopo cinque giorni sbandieravo a destra e a manca la mia nuova vita da "non fumatrice"!
Chi ben comincia è a metà dell'opera, si dice, e io non volevo essere da meno. 
Il problema si è presentato appena rientrata dalle meravigliose ferie (per saperne di più leggete qui - spiego come e dove è nata questa nuova vita). Terminate le lunghe passeggiate in riva al mare, le ore trascorse a guardarsi negli occhi, a vivere al meglio ogni istante, le cene romantiche e coccolose, gli attimi vissuti ad assaporare la nuova me, mi sono ritrovata nella vita quotidiana. Ritmi, persone e paesaggi diverse hanno fatto il resto, facendomi piombare nella disperazione più nera. Come mi era saltato in mente di disfarmi dell'unica cosa che riusciva a tenermi salda alla mia vita bastarda?
Sembra assurdo, lo so. come può una sigaretta avere tanto potere? Ce l'ha, ve lo posso assicurare; altrimenti non sarebbe così difficile smettere, e per me sta diventando un calvario.
Eccola La Merda a Cataste. Un calvario che vi guiderà alla follia e alla rovina mentale, fatta di nervosismo e intolleranza, brutti pensieri e voglia di spaccare tutto, chiunque. Perché? Perché automaticamente, empiricamente, senza alcun dubbio o incertezza: appena avrete smesso di fumare, lo avrete sbandierato ai quattro venti e tutti intorno a voi saranno pronti a giudicare ogni vostra mossa, la vostra vita andrà in malora: vi si presenteranno davanti problemi cui non avreste minimamente pensato il giorno prima, si scoperchieranno vasi di pandora di cui ignoravate l'esistenza e tutto l'universo cospirerà contro di voi. Non si tratta di follia, signori, è realtà.
Tremate, perché non riuscirete più a capire il senso di ciò che si sta aprendo intorno a voi, e voragine dopo voragine, stronzo di turno dopo stronzo di turno, maledirete il giorno in cui vi siete voluti ingannare da soli, fingendovi consapevoli della vostra forza, certi che ce l'avreste fatta a qualsiasi costo.
Io ho accettato da tempo di essere fallibile e come tale mi considero, ma stavolta mi sarei aspettata di più da me stessa. Devo ricredermi: non ce la sto facendo.
Non sto fumando e attualmente sono 38 giorni che non fumo. Detto questo non ho trovato miglioramenti, psicologici quantomeno. Fisici sono indubbi, ma me ne frego dato che sto per cestinare il mio guardaroba a causa dei due culi che mi ritrovo.
Non è semplice e non mi piace. Adoro ancora l'odore del fumo, anche di quello passivo. Leccherei le dita di quelli che hanno fumato intorno a me, e mi getterei su una sigaretta almeno 10 volte al giorno.
Perché continuare, allora, se mi sta massacrando? Perché non amo perdere le scommesse e detesto il giudizio degli altri.
Allo stesso modo voglio essere onesta: se la notizia me la fossi tenuta per me, se non lo avesse saputo nessuno, se mi fossi limitata a dire "ho ridotto un po' il numero" e via dicendo, avrei ricominciato a fumare già da tempo.


giovedì 22 ottobre 2015

Bic for Her - in che senso?

Stamattina mi sono imbattuta in una chicca e non ho potuto fare a meno di pensarci per tutto il giorno. Si tratta di un video di Ellen Degeneres che, all'interno del proprio programma the ellen degeneres show, mostra un nuovo modello di penne della nota casa di produzione BIC, un modello pronto a sconvolgere per sempre il nostro modo di scrivere - e per nostro intendo quello femminile perché la penna in questione è for her, non for him, chiaro?
Essendo una patita di penne, lapis, gomme, cancelline, astucci, adesivi, scotch, ricariche, e chi più ne ha più ne metta, ed essendo al limite dell'ossessione e della compulsione, ho dovuto documentarmi. Necessitavo di controllarne il colore, perché se fossero state rosa le avrei amate, volute, ordinate e comprate. Ed ecco la vasta gamma di Bic for her che sono riuscita a reperire.





Devo ammetterlo, a me piacciono e molto, ma non certo perché sono femmina, quanto piuttosto perché amo il rosa e ciò che gli ruota attorno. Ormai lo avete capito e se non vi fosse stato chiaro prima, adesso avete la conferma del mio essere PINKpunkgirl, ciò non significa, però, che riesca a comprendere un'operazione marketing di questa portata. Forse il mio cervello da femmina ammaliata dal rosa sta facendo acqua da tutte le parti, ma la reputo di uno squallore cosmico. Io stessa che vestirei di rosa sempre, giorno e notte, estati e inverni, che ho riempito il mio astuccio rosa di penne rosa che scrivono rosa (qualcuna anche di blu, lo ammetto), di gomme rosa, di cancelline rosa, di trincetti rosa, di lapis rosa, di righelli rosa, devo continuare?!, ritengo una castroneria tale questa operazione, che mi verrebbe di urlare sino allo sfinimento in faccia al cretino che l'ha escogitata. Poi, lo abbraccerei e gli farei i complimenti, perché ci ha dato il senso del reale, di un mondo in cui possono esistere a buon diritto e senza che nessuno debba indignarsi, luccicanti penne for her.
Non sono una femminista ossessionata dalla parità dei sessi, né mi ritengo uguale agli uomini. Donna e uomo hanno esigenze diverse, fisicamente, biologicamente e mentalmente, e di questo sono fermamente convinta; così come sono altrettanto convinta che entrambi i sessi meritino gli stessi diritti e trattamenti di fronte alla legge, al lavoro, allo studio, all'amore, al sesso, al tutto. 
Non voglio fare delle Bic for her il baluardo della propaganda sessista che ancora si muove nella nostra società, perché non lo sono, per quanto siano di una tristezza epica. Il vero problema è altro ed è talmente radicato da risalire al fondamento della nostra società maschilista, di cui la nostra lingua ne è il più chiaro esempio. Non possiamo meravigliarci se nel 2015 ci propinano ancora la penna da donna e da uomo, e i perché sono tanti:
  1. Perché ancora accettiamo che ci venga chiesto di fare pompini per una parte a Teatro o al Cinema, per un posto di lavoro, per un avanzamento di carriera, per qualsiasi cosa - non ditemi di no, e non scandalizzatevi per le parole forti... siate seri/serie e fatela finita con i "oh, ha detto pompini!"...
  2. Perché in qualsiasi pubblicità che si rispetti, di qualsiasi prodotto si tratti e in qualsiasi piattaforma la si incontri - televisione, web, stampa che sia - c'è una donna nuda e a noi va bene.
  3. Perché siamo fermi ai tempi in cui: hai un utero quindi devi procreare. Se scegli di non farlo: che tu sia maledetta. Se non puoi farlo: poverina, puoi sempre adottarne uno no?
  4. Perché fingiamo di essere emancipate, ma aspettiamo che il principe azzurro venga a salvarci, ci restiamo male quando ci accorgiamo che non esiste, ci sfiniamo di antidepressivi e rasiamo a zero il conto in banca con shopping compulsivo, e ci accontentiamo di dire la frase più fatta della storia: "chi non mi ama non mi merita", quando ci siamo fatte calpestare per mesi da un cretino convinto che il centro dell'universo fosse il suo pisello e i cinque minuti in cui era in grado di farlo funzionare.
  5. Perché ancora la donna è donna e resta tale, ma nel nostro mondo essere donna ha il significato di "da meno", e noi ci crediamo pure.
Non entro in merito di temi più alti e complessi cui l'argomento donna si porta con sé. Penso solo che il motivo per cui sul mercato appaiano oggetti del genere e di genere si radica in ciò che siamo e in come viviamo, in quello che abbiamo accettato come tale, senza renderci conto che ne avremmo pagato il prezzo.
Indignarsi per le penne for her è come voler costruire una casa, iniziando con comprare le tende per il soggiorno - meglio se a fiorellini rosa.
Le Bic for her sono apparse sul mercato nel 2012, la puntata di Ellen è andata in onda il 12 ottobre 2012 e ve la riporto qui sotto, perché a dispetto di ciò che si può dire o pensare, fa morire dal ridere. 
Inoltre mi sono imbattuta in un divertente articolo del 3 settembre 2012 Bic "For Her", la penna suscita polemiche e sarcasmo in rete dove si prendono in esame anche i commenti degli utenti di Amazon particolarmente indispettiti da questa operazione.

A me il tutto fa sorridere, e forse le comprerei anche le Bic for her, perché il rosa mi piace e le penne sbrilluccicose sono sempre state un must nel mio astuccio. 

martedì 13 ottobre 2015

#nosmoking - primo step: La CICCIOSITA'

Eccomi in tutto il mio splendore domenica pomeriggio al battesimo di Marta. Come potete notare dalla foto - e ho teso a mettere la peggiore della serie, almeno si vede la problematica che vorrei porre alla vostra attenzione - mi sto trasformando in un Cicciobombacannoniere. Cosce, sedere, pancia, fianchi e lonze ringraziano la mia decisione di smettere di fumare, dato che si stanno gonfiando come una palla e stanno prendendo la residenza. Sì, fra poco si promuoveranno a provincia. Insomma, tutto il lavoro fatto negli ultimi anni, il controllo del peso, le innumerevoli diete - da quella del crescione a quella delle proteine anche a colazione - se ne stanno andando nel cestino: sto ingrassando e questo è una dato di fatto. 
Vero, non rasento l'obesità cronica, ma l'ho ampiamente superata in età adolescenziale, e ho sconfinato senza ritegno in disordini alimentari più disparati, oscillando fra Bulimia e Anoressia, da abbuffate a digiuni, e me la sono vista brutta, dentro e fuori.
Per questo temo molto i quattro chili presi, li temo come un mostro che si sta nuovamente impossessando di me, perché una volta che sei stato obeso, lo resti sempre, anche se il tuo giro vita diventa 50 cm. Se sei cresciuto grasso, lo sarai in eterno, qualsiasi specchio tu possa comprare e qualsiasi taglia tu possa raggiungere, e ti basterà un attimo per perdere tutto il grande lavoro che hai fatto in anni e anni di sofferenze, diete drastiche e dolorose, emotivamente e fisicamente. 
Non sono d'accordo con chi mi ripete: "Meglio 10 chili che una sigaretta", non per me, non se devo iniziare nuovamente a sentire impulsi sbagliati, ad avvertire istinti malsani e psicosomaticamente deleteri. 
Fermi tutti: questo significa che ritornerò a fumare, e a quel paese tutti i giorni passati senza la maledetta sigaretta? NO! Per tutta la vita NO! Ma devo correre ai ripari, senza alcun dubbio.
Provo una fame infinita, senza fondo, a qualsiasi ora, in qualsiasi momento. Il mio stomaco gruglia, urla direi, richiede di essere saziato, e sto facendo una fatica enorme per controllare i miei istinti famelici. Mi metto a cantare, faccio flessioni, addominali, scrivo sul mio diario rosa fluo, leggo un libro, faccio training teatrale anche mentre aspetto il treno, esercizi di respirazione come se non ci fosse un domani.... ma quando mi metto a tavola, per quanto cerchi di trattenermi, mangio pur sempre di più di quanto mangiavo prima... ed eccolo lì, il culo che dilaga, la pancia che non sta più nei pantaloni, le lonze che troneggiano dalla maglietta... 
la traggedia!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Cari amici, non solo smettere di fumare è difficile, non solo ti mette a dura prova, ma ti fa ingrassare a dismisura, ti stressa, ti stanca, ti fa arrabbiare, non ti fa dormire, ti strazia e ti inganna...
è vero che starai meglio, ma con un culo grosso come due cocomeri da record.
Quindi mettetevi in testa che, se volete smettere di fumare: o vi preparate per tempo a una vita di stenti e culi enormi, o mettete in conto tempo per la palestra e una dieta equilibrata, sana e salutare a tavola. Lotterete contro la voglia di accendere una sigaretta a tutte le ore, e quando quella stronza si prende una pausa, subentrerà la fame nera!
Io vi ho avvisati...
Per questo #nosmoking si sta pian piano avvicinando a #fisioterapiarules... devo attivare un percorso di esercizi di una certo livello se voglio evitare di dovermi rifare il guardaroba!

giovedì 1 ottobre 2015

Ciao mi chiamo Caterina e sono una (spero) ex tossicodipendente

A questo punto dovreste salutarmi biascicando - anche mentalmente va bene - il "Ciao Caterina" noioso e cantilenante, tipico delle sedute di ex-alcoolisti o tossicodipendenti cui i telefilm americani ci hanno abituati.
Sono stata una tossicodipendente e non me ne vergogno, non adesso che ne sto uscendo, o quantomeno "sto cercando di", dovrei dire, perché esserne uscita significherebbe non sentire questo assurdo e devastante disagio del non avere più la mia meravigliosa e saporitissima droga: la nicotina. Dio il suo odore, quasi una specie di richiamo alla vita; annusare le mani di qualcuno che ha fumato era per me da piccola un'abitudine che si compiva di fronte agli occhi attoniti di mia madre, fumatrice anche lei, ma non amante delle sigarette quanto me. Io non amo le sigarette in realtà, adoro il tabacco, adoro farmele, crearla nelle mie mani, plasmarla a seconda delle esigenze: fine e "da due tiri" se non ho molto tempo per potermela gustare - se sta arrivando il treno, ad esempio - e per quanto non abbia che pochi secondi, non ne voglio buttare via neanche un soffio; o bella panciuta e soddisfacente, per fumate "a lungo termine", magari in compagnia di qualcuno - fumatore anche lui - o di un bel libro, del computer, del film di turno, del viaggio in macchina, dell'insonnia, del "sempre", perché un fumatore che si rispetti ha sempre una scusa per potersene accendere una.
Mi girano le palle
sono triste
sono felice
sono stanca
sono annoiata
sono assonnata
non riesco a dormire
ho fame
non ho fame 
ho fatto l'amore
non ho fatto l'amore
devo conoscere uno/a
devo darmi un contegno
devo sembrare sicuro/a
devo sembrare di classe
devo essere alla mano
devo consolarmi in qualche modo
devo regolarmi in qualche modo
devo arrivare a quell'ora, dai, manca poco...

Non hanno importanza i sono, non sono o devo della situazione: se sei un fumatore andrà bene qualsiasi cosa, pur di mettere in bocca una sigaretta e ogni volta ti illuderai di trovarvi giovamento, sempre, perché a te la sigaretta piace, ti piace l'odore, il sapore, la sensazione che ti dona a ogni boccata, il senso di libertà e fierezza che ti concede, anche solo per pochi istanti!
Il gesto soprattutto, quella specie di danza delle dita se sei un amante del drum - senza macchinetta per favore, i drummini si fanno a mano, punto e basta! Non voglio più tornare sull'argomento.
Apri il pacchetto di tabacco, lo metti fra indice e medio, e con l'indice tieni anche la cartina, il filtro ce l'hai in bocca, mentre con l'altra mano selezioni il tabacco da inserire - a seconda delle suddette esigenze. Chissà come mai ce ne va sempre un pochino di troppo e sei costretto a toglierne quel tanto che basta per farne un quantitativo accettabile, ma quando hai terminato di rullare, hai leccato la cartina, e con un gioco di pollici e indici, ruoti verso il cielo quella meraviglia di pochi centimetri, profumata e potente, la pace è raggiunta. Accendino, una fiammata e via, ecco sopraggiungere il piacere. E' questo che mi manca, tutto questo mondo racchiuso in un piccolo gesto che dilatato diviene poesia.

E' da domenica 20 settembre 2015 che non metto in bocca una sigaretta, ovvero dalle 19:30 circa di quella strana e distruttiva domenica in cui ho assaporato ciò che non credevo sarebbe stata la mia ultima sigaretta - altrimenti il rito lo avrei compiuto con maggior cura, anche in onore dei numerosi anni trascorsi l'una accanto all'altra. Vi starete chiedendo: Perché Caterina ti ostini a farti del male andando a sviscerare ogni particolare? Perché descrivere al dettaglio anche il più piccolo gesto legato al "fumo", arrivando a usare termini quali "danza" "poesia"? Perché ne ho bisogno, perché se non posso fumarla, almeno la racconto, e quasi mi sembra di averla fumata davvero quella maledetta sigaretta; in un certo senso mi sta appagando sì, mi sta togliendo quella sensazione di incazzatura devastante e travolgente che mi vedrebbe ingoiare un pacchetto intero, mangiarmelo direttamente - altro che sfumacchiarlo...

Perché ho deciso di smettere, poi, questa me la devo proprio spiegare!? Sono i miei polmoni che sto intossicando, mica quelli del mondo, e dei miei polmoni faccio quello che mi pare, a prescindere dal fatto che faccia loro bene o meno.
Mi ero detta che non avrei voluto essere una trentenne fumatrice, però, devo ammetterlo. Appena compiuti i fatidici 30, avrei gettato il pacchetto nel cestino e avrei detto addio per sempre a quella vita di fumo e bocche amare, per la gioia del mio corpo e del mio amodes che con tanta pazienza e sopportazione, non si era mai permesso né di giudicarmi, né di chiedermi si smettere (nonostante fosse asmatico e gli provocasse tosse e fastidi quando mi era accanto).
E poi che è successo? Il mio compleanno è passato in sordina, buttato là in un lunedì uguale a tanti altri, con qualche festeggiamento durante il lavoro e di prima mattina in casa del mio amodes. Sì perché quella meraviglia che mi ritrovo come fidanzato, ginnasta a livello agonistico, il giorno prima aveva visto bene di sfracellarsi in gara, sbriciolandosi il malleolo. Quindi che cosa c'era da festeggiare, che alle 8:00 del mattino eravamo belli pimpanti all'ospedale, pronti per il ricovero? Suvvia, ce ne sarebbero stati altri di compleanni - speravo - ma l'aver buttato nel cesso proprio il trentesimo, mi ha bruciato non poco, e mi brucia ancora, per quanto la colpa sia da imputare al destino bastardo.
Perché avrei dovuto smettere di fumare allora? E ho continuato, per un anno intero, dandoci sotto come se mi fosse stato concesso il lusso di drogarmi allegramente e giustificatamente; lo facevo con gusto, anche troppo.
Inutile, però, trovare scuse: non riuscivo a smettere, e non perché non ci fossero state le giuste contingenze. Se vuoi smettere basta un istante, l'attimo giusto in cui di fronte a un bivio scegli destra o sinistra, con un 50% di possibilità di acciaccare una merda il più delle volte, ma in questo caso di scelte sbagliate ce n'è una sola ed è evidente: continuare a fumare.
Poi il mio amodes prenota una vacanza di 10 giorni a settembre, destinazione Sardegna, "Hai bisogno di staccare!" mi dice, "quest'anno senza scuse, ci facciamo una bella vacanza insieme". Peccato che mi ritrovo a partire il 18 settembre sera, al porto di Livorno, con la febbre a 38; passo una nottata d'inferno sdraiata per terra, tremando come una foglia e maledicendo il mare troppo mosso per il mio stomaco; arriviamo al villaggio che nemmeno mi ricordo come abbiamo fatto, mi butto su letto e lì resto per due giorni: i due giorni più brutti dell'anno. La notte successiva la passo piangendo per il dolore alla testa, amodes che corre per tutto il villaggio alle 3:00 di notte in cerca del dottore che non c'è, e la giornata trascorre in maniera devastante fra un aulin e una tachipirina... e dopo tutto questo, alle 19:30 quando riesco a stare in piedi per la prima volta dopo giorni, la prima cosa che mi viene in mente di fare non è godermi il panorama con quel santo che ha vegliato su di me notte e giorno, NO! Mi accendo una merda di sigaretta, e mi rendo conto di mangiare la merda vera. Mi arriva una boccata di catrame talmente tanto amaro da farmi rimpiangere di essermi alzata. Mi sono fatta così schifo che me la sono finita tutta quella merda, e lo ripeterò fino a farmi male, era pura merda. L'ho assaporata tutta, fino all'ultimo tiro, e mentre osservavo quella vista mozzafiato, mi vedevo da fuori piccola e mediocre, stupida e fallibile, così brutta che avrei voluto graffiarmi la faccia fino a trasformarla nell'orribile visione che avevo di me.
E ho detto: Fanculo! Fanculo alle sigarette e a quello che si portano dietro, io smetto.
Ho chiuso tabacco, cartine e filtri nel luogo più recondito della valigia, e ho deciso che per tutta la vacanza non li avrei più toccati. E così è stato, senza alcuna fatica, senza nessun rimpianto. Ho smesso addirittura di bere caffè, per evitare di avere lo stimolo di accendermene una...

Ma il rientro nella quotidianità non è stato così leggero come avevo sperato. Riprendere le abitudini senza la mia fedele compagna fumante si sta rivelando un vero percorso in salita, e mi sono trovata in un giorno a combattere con me stessa come se fossi schizofrenica pura: due Caterine che litigano sul da farsi e si insultano a vicenda.

"Dai ma una sigaretta che mi fa? Posso fumarla e smettere lo stesso, ma gradualmente!"
"Cretina, infida, e stupida ragazzina, così non smetterai mai! Fai 50 addominali piuttosto, così scemi quella pancia da chiattona!!!!!"

Eccomi in una battaglia all'ultimo sangue fra il bene e il male, fra il diavolo che è in me e il buon senso che dovrei avere e che sto credendo di non trovare più.
MA NON VOGLIO MOLLARE!

Perché pensare che una cosina lunga qualche centimetro, sia più forte della mia volontà, mi fa pena, troppa pena per poterlo accettare.
E io sono forte più di lei, che è una droga, e dovremmo cominciare a chiamarla come tale!

martedì 15 settembre 2015

LIS - di cosa stiamo segnando?

LIS - Lingua dei Segni Italiana, un arcano, un surrogato di miti e leggende che si spargono in ogni dove.
Prima di tutto è universale, questo significa che ogni sordo (e non sordomuto!) si esprime allo stesso modo, che sia inglese, italiano, francese, americano, cinese, indiano, e via dicendo. Ne esiste una sola? Certo che sì, come esiste un'unica lingua parlata, la Uanasghena Cinci di Siena, famosissima e codificata, che ci permette l'interazione fra popoli diversi.
Ma ora, secondo voi, può essere possibile che persone provenienti da paesi, regioni, nazioni e continenti diversi parlino la medesima lingua? Via, basta usare un po' di gnegnero per capire che questa convinzione è assurda quanto credere ai ciuchi che volano! Eppure, ad oggi, la prima affermazione che mi viene fatta appena i miei interlocutori vengono a sapere che sto frequentando un corso LIS è questa, che la lingua dei segni è universale. 
Non lo è, credetemi, e non solo non ne esiste una globale, ma neanche una nazionale, regionale, locale e via dicendo. 
Mi spiego meglio: quanti Italiano esistono? Uno, ovvio. Vero! Ma quanti dialetti ci sono nel nostro bel paese? La nostra lingua è codificata - e in quanto tale riconosciuta per legge dal nostro e dagli altri stati del mondo - e lo fu (codificata, intendo), per così dire, a tavolino. Non si studiarono le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli per poi racchiuderle in un'unica lingua - non tutte almeno. Si scelsero le Tre Corone a baluardo della nostra favella, la codificammo per fare l'Italia ancor prima degli italiani, quasi come se partorito il dizionario, ogni individuo vivente sul suolo italiano se ne sarebbe sentito parte davvero e per la prima volta. Per questo la vera lingua Italiana - tutta la riflessione per mio modestissimo parere - non esiste nel parlato, ma solo nello scritto. Chiunque di noi si esprime in un dialetto generatosi nel tempo e nei secoli, sarà per questo che ci comprendiamo a malapena fra regioni. 
La LIS in questo non fa eccezione, così come le altre lingue dei segni. Ne esistono di varie e diverse, una per ogni nazione, e in esse si racchiudono dialetti molteplici per regione e città. Come esempio porto sempre la parola "settembre" che ad Arezzo è segnata in un modo e a Firenze in un altro.
Io ho iniziato il Corso LIS di primo livello presso l'ENS di Arezzo nel settembre 2013, per poi spostarmi l'anno successivo all'ENS di Firenze, e posso dirvi che ho dovuto integrare numerosi segni, per poter rimanere al passo con la mia classe. Tanto meglio, ne ho potuti conoscere di più e mi sono compresa al meglio con chi non segnava al mio stesso modo.
Segnare, sì, non parlare, e il segno è l'equivalente della parola, anche se non è del tutto vero... E' complicato da spiegare, ma una volta che ci sei dentro quella lingua ti cambia la vita. Ti insegna a osservare il mondo da prospettive diverse. Gli udenti sono abituati a discorrere anche senza il contatto visivo. Quante volte, parlando con qualcuno, ci affaccendiamo, scostiamo lo sguardo, diamo le spalle e diciamo la frase che più odio al mondo: "ti ascolto eh". Non è vero! Non mi ascolti! Sei impegnato a fare chissà cosa e non stai guardando me, la mia espressione, la mia postura. Sei altrove e lo sai, ma ti ostini lo stesso a farlo, anche se da fastidio a te, come a me.
Nella LIS sei costretto a guardare, a scrutare ogni più piccolo movimento, espressione, direzione, orientamento, sfumatura... vivi il qui e ora, e non puoi permetterti di perdere neanche un istante di ciò che sta accadendo.
Questo mi ha insegnato lo studio della Lingua dei Segni Italiana, a essere presente nell'attimo in cui qualcosa si manifesta, a non lasciarmi distrarre dal resto, ad amplificare i miei sensi, così come le potenzialità espressive del mio corpo, agente e padrone nello spazio.
Mi ci sono avvicinata per curiosità ed è diventata una parte importante di me, non solo una lingua che stavo studiando. Mi ha permesso di conoscere persone stupende, e altre no per carità, ma pur sempre di entrare in contatto con l'altro.
Oggi inizio il Terzo Livello, e mi sento come una bambina che torna a scuola, impaziente di mostrare a tutti il proprio zainetto nuovo! Io sfoggerò il mio quaderno Arbos, come ho fatto negli anni scorsi - ho le mie fissazioni, e per quanto riguarda lo studio rasentano livelli maniacali!
Varcherò quella soglia ritrovando vecchi amici e nuovi compagni di banco, felice di aver tenuto duro - non pensate che sia semplice! E' una lingua complessa e articolata, segue le sue regole e contiene un universo di eccezioni, ma ne vale la pena!
Per chi volesse informazioni, consiglio di andare sul sito dell'ENS e di cercare la sede più vicina alla propria città. Prendere informazioni non costa niente, e può aprire nuovi percorsi.
Buon inizio di scuola a me e ai mie compagni di corso!

Ah, ps: La Lingua dei Segni Italiana non è riconosciuta per legge dal nostro mitico stato italiano. La battaglia per il riconoscimento della LIS è lunga e difficile e vanta anni di impegno da parte delle numerose associazioni - fra cui l'ENS appunto, la più capillare e presente in Italia - sparse per tutto il suolo italiano. Ovviamente si tratta di un primato italiano - quello di non riconoscerla per legge intendo - dietro a cui si celano lobby farmaceutiche e dottori pro-impianto che farebbero impallidire chiunque. Credo, però, che con l'informazione e l'impegno da parte di tutti - sordi e udenti - riusciremmo a produrre risultati concreti, che già in qualche regione si iniziano a vedere.
In tal caso la scelta per l'impianto potrebbe essere una delle tante opzioni e non la più allettante, come in effetti lo è oggi.
Poiché un udente, con un figlio sordo, di fronte al dottore che spiega le numerose soluzioni chirurgiche - passate anche dallo stato, o quantomeno cofinanziate - potrebbe essere messo a conoscenza di una valida alternativa: quella di imparare una lingua insieme al proprio figlio e di concedergli la possibilità di esprimersi al meglio. In entrambi i casi andrà bene, ma almeno saranno state esposte tutte le strade possibili, e non solo alcune perché più fruttuose.
L'ENS, infatti, di fronte a chi chiede informazioni al riguardo, non inneggia a "Viva la LIS, abbasso l'impianto!". Dona tutte le informazioni, perché i genitori possano scegliere in piena libertà e coscienza personale. Lo Stato dovrebbe fare altrettanto!

lunedì 14 settembre 2015

Il primo giorno di scuola...

Oggi per molti studenti è il primo giorno di scuola, e se anche per alcuni la campanella suonerà domani o dopodomani, faccio finta che sia già stata udita da tutti quei piccoli nani malefici che invaderanno i corridoi e le aule, muniti di zainetto del supereroe, della cantante o del telefilm preferito, astucci dai mille colori, e penne che si cancellano - non si sa mai che prendano consapevolezza che gli errori nella vita non se ne andranno, neanche con la migliore delle cancelline in circolazione.
Scusate, piccola polemica emotiva dovuta al lunedì! Torno subito in modalità blogger positiva.
Dicevamo, primo giorno di scuola e tragedia per molte mamme, sollievo per altre, disperazione per ogni studente. Quanti bruschi risvegli, quante sveglie maledette perché hanno suonato proprio all'ora prestabilita, quanti mal di pancia agognati o raffreddori dell'ultimo minuto cui appellarsi per evitare di varcare la soglia del bastardissimo primo giorno di scuola.
Eppure, cari studenti, quanto vi invidio. Invidio la vostra giovinezza, le possibilità che avete davanti, le migliaia di strade che potrete percorrere, le merende di metà mattina, gli intervalli strasciconi per i corridoi, magari a rincorrere quello bello della C, i diari strapieni di scritte e dediche, i libri consunti e malconci a fine anno, l'odore dei quaderni nuovi e la sensazione al tatto di quelli vecchi, le copertine colorate e lucide, il compagno di banco che non ti passa mai la lezione, il secchione odioso e saputello, lo scanzonato giocherellone e la bellina tutta capelli e pantaloni attillati, la grassottella presa in giro (all'epoca ero io!), la snob stupida, la ciancica gomme da masticare, lo sportivo, l'amico migliore da amare in segreto, l'amica migliore con cui litigare a ogni ora, il gruppetto di cui sparlare, il gruppetto che sparla di te, quelli che ti prendono in giro, quelli che ti difendono, quelli che difendi tu per solidarietà, il professore bastardo e incompetente che spara sentenze a caso, quello dolce e comprensivo, ma che di insegnare non ha voglia, quello giovane e pieno di speranze che si smostra per farvi amare la sua materia e che viene bistrattato peggio di un appestato nel 1348 (se non sapete a quale evento mi riferisco, studiate!!!!!). Invidia, pura invidia. Perché se potessi tornare alla vostra età rifarei tutto meglio, con più slancio e con meno paranoie.
Me ne fregherei di essere apostrofata come "buzzona, grassona, obesa, gorilla, balena, caterpillar, mostro" e via dicendo, e ancora "Mentadent" dato che per una malformazione congenita ho passato l'adolescenza e più (fino ai 22 anni) senza denti!
Aspetterei il bullo della scuola all'uscita e lo pesterei rendedogliele tutte a quel demente, tutte quelle che mi aveva dato in mezzo al corridoio, con i bidelli e i professori a guardare immobili e disinteressati. Poi aspetterei anche loro e li tonferei come Dio comanda, per far capire a chi dovrebbe tutelare gli studenti che non è lì per caso, che il suo lavoro ha uno scopo, e non è solo quello di spiegare, interrogare e mettere voti. Ne terrei un paio anche per i codardi dei miei amici, ciechi e silenziosi prima, durante e dopo il pestaggio.
Studierei di più e con più voglia, perché saprei che mi sarebbe utile dopo, e quando arriverebbe il momento di scegliere della mia vita, potrei farlo in modo più consapevole, e non solo per emozioni dettate dal momento.
Vi chiediamo troppo, è vero, ci aspettiamo tanto da voi e forse non è giusto, ma sappiate che più una persona conosce, meno potrà essere ingannata. Chiudete i social per qualche ora, spegnete il cellulare, dai! Allargate la vostra mente, siate critici di fronte a chi vi mette su un piatto d'argento verità e assiomi e lasciatevi il tempo per decidere quale voce ascoltare. 
Combattete il bullismo come si è sempre fatto quando ancora di bullismo non si parlava: dentro e fuori dal cortile, con braccia sanguinanti e gambe piene di lividi, guerre aperte per il rispetto e la dignità. La scuola è un campo di battaglia, e dovrete essere forti, ogni mattina, senza mollare mai. Difendete gli amici anche quando sbaglieranno, poi li menerete dopo, in separata sede, perché il vostro rimprovero servirà molto più di quello di mille adulti. 
Amate quello/a della B, C, D, o della sezione che preferite, scrivete lettere d'amore su carta e fogliolini con "vuoi metterti con me?" e caselline da riempire con "sì, no, forse". Sarà bello ritrovarli quando sarete grandi.
Prendete un 4 - a volte serve anche sbattere il naso - ma cercate di rimediarlo in corsa alla fine della scuola - è importante anche questo!
Non pensate che i professori abbiano il coltello dalla parte del manico, non c'hanno niente, ve lo dico io, e spesso sono più persi di voi - non è facile stare davanti a 20 persone e sentirne il giudizio costante sulla faccia - non fatevi impaurire se minacciano o millantano bocciature, e battetevi se non vi danno il voto che meritate. Ma portate anche rispetto, perché se non ne date, non potrete riceverne, e ultimamente ne avete concesso poco a voi e agli altri. 
Non prendete in giro il diverso, pensate che diversi lo siete anche voi, e il fatto che abbiate un fisico migliore di un altro o vi vestiate alla moda, fa solo di voi il prodotto perfetto che la società vuole che siate, non vi rappresenta e non vi contraddistingue come esseri umani. Le vostre azioni sì, siatene consapevoli.
Non pensate che i voti che prenderete diranno chi sarete in futuro, a giudicarvi ci sono pur sempre persone, e in quanto tali sono fallibili.
La mia professoressa di Italiano e Latino all'esame di maturità, di fronte alla mia risposta "vorrei fare l'Università"  - data alla presidentessa esterna, fra l'altro, manco a lei! - ebbe il coraggio di dirmi, ridendo: "no, tu no. Non riusciresti mai a fare l'Università! Vai a lavorare, è meglio!"... e io l'ho ripagata con due 110 e lode, e una media del 30. Non pensate che di fronte a tali vittorie si sia ricreduta, ha solo esclamato: "La tua era un'Università facile!", e con quello mi ha pagata.
Di persone povere di spirito ne incontrerete a bizzeffe, la scuola serve solo a darvi la dimensione in piccolo del casino che è la società cui andrete incontro, imparate a gestire il liceo, e gestirete la vita al meglio.
Le assemblee sono fatte per discutere e insegnarvi la politica, prima di noi tanti hanno combattuto perché voi aveste la libertà di riunirvi e dire la vostra, non lasciate che siano momenti per cazzeggiare, o fare forca giustificata! Nella politica ci entrerete poco dopo, credetemi, e sarà un brusco risveglio, peggio di quello di stamattina!
Ricordate che chi governa non vuole un popolo istruito, e per quanto abbaino il contrario, quegli zuzzurelloni dei politicanti non fanno niente per migliorarla. Si impegnano a darsi rimborsi a caso, quello sì, ma questi sono luoghi comuni, ahimè! e quanta miseria c'è in tale verità.
Non mandate i genitori a fare le vostre ragioni, fatevele da soli: la vostra voce è importante quanto la loro; e cercate di capire quando la ragione potete chiederla a buon diritto e quando no.
E' assai triste quando babbo e mamma vanno a litigare l'insegnante di turno per le vostre mancanze come persone rispettose delle regole, ci fanno una pessima figura e non vi insegnano al meglio... l'amore per un figlio annebbia la vista, ma la vostra ci vede bene, siate onesti, vi servirà. (Ovviamente liberate le belve quando c'è bisogno, i miei non l'hanno mai fatto, anche quando avrebbero dovuto, e seppur sia sopravvissuta, un vaffanculo a qualche mia/o insegnante non ci sarebbe stato male!)
Riguardo ai professori, ce ne saranno di cani - vedi il vaffanculo di cui sopra - ma anche di buoni, davvero! Io ne ho incontrati (elementari, medie, liceo e università compresi) e mi hanno cambiato letteralmente la vita. Mi sono resa conto, però, che parte di quella magia dipendeva da me, quindi ascoltatevi, e se la vostra amica prende il giro la prof di turno, mentre per voi è un esempio da seguire, difendete il vostro pensiero, di pecoroni al mondo ce ne sono fin troppi.

Adesso, se sarete giunti alla fine di questo sfogo maldestro, dovrete sorbirvi le mie scuse.
Chiedo scusa se alla fine questo post è dedicato a una specifica fascia d'età, non ne ho potuto fare a meno... è quella che preferisco, e la più decisiva, per me!
Mi dispiace se avete alzato gli occhi, ma vi ringrazio se vi siete dati il tempo di leggermi fino a qui.
E' che voi siete il nostro futuro, la passione e la forza che a noi mancano, a quelli come me che a 30 anni si ritrovano in balìa degli eventi, fra un contratto a progetto, e un pagamento a nero che non arriva mai. 
Noi siamo la generazione che in parte ha fallito il suo scopo. Vittime della crisi e dell'inadempienza che ci ha contraddistinti da sempre.
Eravamo bravi, anche noi, avevamo passione proprio come voi, speravamo nel futuro e ci vedevamo mordere il mondo a cavallo dei nostri sogni.
Poi ci siamo dimenticati di un periodo storico: dal 1600 al 1900. Quello proprio ce lo siamo perso.
Perché se ce ne fossimo ricordati, ad oggi non elemosineremmo qualche spicciolo (i più sfigati, tipo me!) o non ci terremmo ben stretti il nostro stipendio (quei fortunati che hanno scelto la carriera giusta, o hanno avuto culo! e se ne stanno nel loro orticello, beandosi del "sono stato più bravo di..."): saremmo tutti insieme in piazza, memori di popoli in sommossa e ribellione in tempi di crisi, di contadini armati di forcone a combattere per la propria dignità. Ci ricorderemmo di una verità assoluta: che lassù, a dirci quante tasse dobbiamo pagare, quanta merda ingoiare, sono pochi, rispetto a quanti siamo noi... Pochi privilegiati che dovrebbero temere la nostra mente, la nostra conoscenza, la nostra potenza, e i nostri numeri.

Noi ce ne siamo dimenticati, voi non fate altrettanto. E quando sarete ben coscienti di quanta forza avete nelle vostre mani, prendete le nostre e portateci oltre la paura e l'apatia che ci affanna. Ricordateci il valore della piazza e di un popolo istruito che chiede giustizia.
Questo lo imparerete fra uno sbadiglio e l'altro, proprio su quel banco di scuola, quindi impegnatevi quanto più potrete!
E parafrasando, concludo dicendovi:


Siate cauti nell'accettare consigli, ma siate pazienti con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.
Ma accettate il consiglio... per questa volta. 
Ps per chi non lo sapesse è la fine del monologo tratto dal film "The Big Kahuna", che merita di essere visto!



Buon primo giorno di scuola, e buoni tutti quelli a seguire! Rendetevi orgogliosi di voi!