martedì 8 settembre 2015

Sull'amicizia...

Ho sempre ritenuto l'amicizia un universo strano, e nell'economia della vita sopravvalutato. Mi ha sempre fatto sorridere quanto impegno le donne mettessero nell'essere amiche, specialmente in età adolescenziale. Ci si confida ogni più piccolo segreto, si costituiscono alleanze, si ordiscono complotti e cerchi della fiducia dove vige la regola "se sei mia amica, allora...", si esclude quella perché è brutta, veste male, è bella, veste troppo alla moda, piace troppo ai ragazzi, non ha i capelli lunghi, non è cresciuta con noi, parla poco, è una facile, è una casa&chiesa, legge troppo, non legge affatto, ha il cane, odia gli animali... e così via, perché poco importa come eri e chi eri, se facevi parte di un gruppo, era matematico che almeno da uno ne eri stata esclusa. E in questo si andava a giro: prima o poi toccava a tutte, anche se c'erano quelle tre (sempre e solo tre) che la facevano da padrona e erano più amiche di tutte, avevano i loro segreti che non ti avrebbero mai confidato, i loro modi di dire, di vestire, di pettinarsi, si clonavano vicendevolmente - copiarsi sarebbe stato poco - e non ti avrebbero mai inclusa nel loro mondo perfettamente costruito sul niente. 
Ecco perché l'amicizia per me era ed è sopravvalutata. Esiste raramente e per comodo, non si muove seconde le leggi che noi tutti vorremmo, ed è fallibile quanto l'uomo che ha visto bene di crearsela. Ma qualche volta capita che ci sia, che si manifesti davvero, e si dimostri un appiglio per quando non sembra ci possa essere soluzione.

Di amici ne ho avuti tanti, amiche non ne parliamo neanche, mi sono impegnata affinché quei legami si consolidassero, divenissero fili rossi inalienabili, e talvolta mi sono vista deludere.
Non sono una di quelle che "sono brava solo io, è il mondo che è cattivo!", di errori ne ho fatti, li ho riconosciuti e pagati cari, anche perdendo qualcuno che credevo importante - altri errori mi sono stati attribuiti e, consapevole di non averli compiuti, ho esclamato un bel "Sticazzi" e ho liquidato con fredda e meravigliosamente sana indifferenza le figure che me li attribuivano.
Mi sono chiesta molto spesso il motivo di tante macchinazioni in un sentimento come questo che dovrebbe essere semplice nel suo manifestarsi. Se gli amici si scelgono per pregi che avvertiamo nel loro essere, dovremmo essere consapevoli del fatto che possono essere fallibili, proprio come noi, umani che in quanto tali sono muniti di difetti. Dovremmo essere in grado di accettarne le zone d'ombra e comprendere quanto sono disposti a dare, certi che non sempre ti offriranno quanto tu sei in grado di offrire loro. 
Questo è forse l'errore che maggiormente commettiamo: pensare che gli altri debbano comportarsi esattamente come faremmo noi. 
Ho un'amica cui voglio molto bene, la considero importante e la curo quanto mi è possibile, ma so che tutta la nostra amicizia ruota intorno a lei, e io non ne sarò mai il centro. Non posso meravigliarmi se non mi risponde mai al telefono quando la cerco, perché da anni è così, ci sentiamo anche quindici volte al giorno, ma esclusivamente quando serve a lei. Se al principio restavo delusa dei suoi comportamenti, e mi sono anche arrabbiata con lei (senza alcun risultato), in seguito ho imparato a vivere la nostra amicizia in modo diverso. Io sono il suo appiglio, lei non sarà mai il mio, ma la sua compagnia è piacevole e anche se so che per me farà un millesimo di quello che ho fatto per lei, accetto la sua fallibilità e la tengo nella mia vita, perché quando c'è è magica, e posso concentrare le mie disavventure quando chiama per raccontarmi le sue.
Ne ho un'altra con cui, invece, il rapporto è pari, ed è bellissimo. C'è e c'è stata sin dal primo giorno in cui ci siamo conosciute, io ho fatto lo stesso per lei. Ci siamo addirittura rincorse, perché i primi tempi stavamo lontane - una storia d'amore a distanza, quasi. Con lei è un do ut des continuo, mi conosce come poche persone al mondo e la considero un dono unico e speciale.
E poi ce n'è una che conosco da ben 24 anni, dal primo giorno di scuola della prima elementare. Ci siamo amate e odiate per anni, la mattina litigavamo, il pomeriggio eravamo insieme a giocare a mamme, guardie e ladri, maestre, e così via. Due perfette nemiche-amiche che crescendo si sono ritrovate anime gemelle e lontane, perché la sua vita l'ha portata via dal nostro piccolo paese - beata lei! - e torna di rado. Quando lo fa, però, è come tornare a essere bambine, ci raccontiamo di tutto, stiamo ore e ore a parlare, fino a che non reggiamo più il sonno e ci stravacchiamo in camera mia o in camera sua. L'ho vista combattere con la sua sessualità, nascondersi e scoprirsi al mondo mille volte, fino a comprendersi e divenire farfalla dai mille colori. La sua natura è talmente complessa da spaventare e tanto limpida da sembrare cielo azzurro in estate, proprio come i suoi occhi. Qualche giorno fa è tornata, siamo state a cena fuori, abbiamo passeggiato per il nostro piccolissimo paese e abbiamo ricordato quelle due bambine che saltellavano ovunque, le liti, i giochi, l'adolescenza... ci siamo raccontate il presente e abbiamo fantasticato sul futuro. 
Lei è la mia persona, testimone della me lontana che a volte dimentico e che prontamente lei mi fa ricordare, anche solo sorridendomi. 
Per questo, l'altra sera tornando a casa ho riflettuto sul giudizio che avevo dell'amicizia, e sono giunta a una conclusione: a poco valgono le definizioni, a poco i giudizi, l'amicizia va vissuta proprio come l'amore, consapevoli di potersi sbagliare, e cogliendo il meglio del momento; lasciare andare i pensieri e i bilanci (lei mi ha dato, io le ho dato, allora...). L'amicizia non è perfetta, è solo tale e va accolta per quella che è.  

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