venerdì 11 settembre 2015

La Venere Bulgara #2

Eccomi di nuovo a parlare della Venere Bulgara, colei che ha dato inizio alla mia fisioterapia e che, suo malgrado, ne è rimasta vittima inconsapevole! Vi avevo già descritto il suo aspetto qui, la sua leggerezza, la sua voce, la sua bellezza, cui però rileggendo il post, mi sono resa conto di non aver reso adeguatamente giustizia.
Chiedo venia, Venere, ma ancora non ti conoscevo abbastanza per poterti descrivere appieno, e certo anche adesso non sono la tua più intima conoscitrice. Qualcosa in più, però, penso di averla intuita, e vorrei descriverti ancora un po', se per te va bene.

Ciò che mi aveva colpita durante il nostro primo incontro era la sua leggerezza, ricordate? Era entrata nella stanza quasi carezzando il pavimento, senza alcun rumore, la sua andatura era fluida e silenziosa, così come il tocco delle sue mani lunghe e affusolate. Osservandola nel corso di questo mese mi sono resa conto
che è il suo essere a manifestarsi nella leggerezza. Lo è nell'osservare i pazienti che ha in cura, nell'accompagnarli in palestra, nel seguirli dolcemente passo dopo passo, anche quando camminare per loro è difficile. Qualche giorno fa è entrata con un paziente in sedia a rotelle, un uomo sulla sessantina (forse più), e si è diretta proprio nella mia direzione. Ero intenta a fare i miei esercizi a terra, vicino alle parallele per la riabilitazione (una specie di camminamento, che può alzarsi per simulare salite o discese, con sbarre laterali cui sorreggersi) dove lei lo stava conducendo. Un cenno di saluto e pseudo-disapprovazione sorridente a me che - munita dei miei favolosissimi occhiali da sole - stavo facendo potenziamento attaccata al cellulare, e via. L'uomo si è sollevato e, ben saldo sulle sbarre, ha iniziato a camminare con grandi difficoltà. Lei dietro di lui, le mani poste sui fianchi di lui e la sua voce ad accompagnarlo: "Bene, così, piano... senza fretta. Bravo. Adesso da solo, io sono qui, guardami". Lei era lì, poteva dirlo forte, e lui poteva vederla dallo specchio che aveva davanti e che rimandava i loro riflessi. Lui, però, non alzava lo sguardo. Testa bassa e incerta, occhi aggrappati alla terra come se volessero chiederle di non tremare così tanto, ma a tremare erano le sue gambe, non più forti come un tempo. Lei, senza dire niente, è uscita dal camminamento e gli si è messa di fronte, è stato allora che lui finalmente ha sollevato la fronte - perché la testa la si può alzare senza che la fronte ci segua, è quando quest'ultima dice di volersi mostrare al mondo che decidiamo di iniziare qualcosa. E lui magicamente ha iniziato a camminare, da solo, sorretto dalle sue sole gambe, le mani ben salde sulle sbarre, e un unico obiettivo: la Venere Bulgara. I suoi occhi inchiodati su di lei che lo sosteneva con la voce: "bravo, così. Adesso torniamo indietro" e insieme hanno raggiunto quella sedia tanto lontana. 
E' di questa leggerezza che sto parlando, di quella che non si impara e che trascende la volontà del dover essere, che comprende silente l'altro e trasforma una debolezza in potenza. Ha capito che quest'uomo così fragile poteva essere forte solo di fronte a un vero obiettivo, lei, che lo avrebbe sorretto maggiormente mostrandosi a lui in carne e ossa, non come mero riflesso in uno specchio.

Ma la Venere Bulgara non è solo questo. Il suo mondo nasconde tanto, esperienze, sensazioni, vissuti lontani, che la rendono complessa nella sua apparente semplicità. Vi è mai capitato di avvertire che qualcuno avesse tanto da dire, ma che non lo facesse per puro timore? Ecco lei mi appare così: un universo che implode in silenziosi sorrisi e docili cenni della testa. Penso che vi siano racchiusi in lei arcani che forse neanche si immagina, ma che la rendono affascinante per colui che si trova a passare per la sua strada.
Stamattina, per esempio, mentre mi stavo sparando pose assurde per il selfie mattutino, me la vedo entrare nello spogliatoio in corsa (la Venere Bulgara che corre? Sì! Giuro!) e sobbalzare non appena mi ha vista. 
"Aspetta, mi sto facendo il selfie del giorno... mettiti dietro di me, di schiena... lasciamo un po' di suspense!"
Ed eccola sistemarsi i capelli, controllare lo scatto
"No aspetta, così i capelli sono brutti!" si toglie la pinza che li tiene legati...
Certo, come se potesse essere brutta... che dire, ognuna ha le sue fisime, e anche lei non fa eccezione!
Si avvicina lentamente, uno sguardo alla foto.
"Ecco così va meglio!"
un sorriso leggero, e scappa via.
E' stato come vederla sotto un'altra luce, più giocosa, effimera, divertita delle mie manie e felice di farne parte.
Ebbene questo qui sotto è lo scatto.
Di lei posso dirvi ancora poco, me ne rendo conto, ma di due cose sono certa:

1) Sono contenta che sia in uno dei miei selfie, è come renderla ufficialmente parte di uno dei miei mondi, e a buon diritto, dato che è con lei che questo mondo ha preso vita!

2) Ho intenzione di scoprire di più su di lei... perché quando si incontra sulla nostra strada un mistero, è un peccato contro natura non cercare il modo per scioglierne almeno un sospiro.



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