mercoledì 2 settembre 2015

Confesso: io sono un MANOVALE!

Confesso che a volte mi verrebbe voglia di prendermi a schiaffi, e se non lo faccio è per pura decenza e contegno – quel poco che mi è rimasto, o che ho mai avuto. Pochi giorni fa – esattamente il 28 agosto – apparivo bella pimpante nel promuovere i miei buoni propositi per l’anno nuovo, e proprio il giorno in cui questi avrebbero dovuto entrare in atto mi sono confermata la solita Caterina, senza se e senza ma.
Uno dei propositi, il primo per l’esattezza, prevedeva che se qualcuno mai avesse avuto bisogno dei miei servigi come artista avrebbe dovuto pagarli. Ieri pomeriggio, invece,
mi sono ritrovata (e non senza sapere come) in una performance per le strade di San Giovanni Valdarno, per una giovane artista che avrebbe esposto il risultato delle riprese durante l’inaugurazione di un progetto artistico che vede la presenza di numerosi artisti della zona – o formatisi in essa - il prossimo 5 settembre. Eccola lì! Grande Cate! Tu sì che sei in grado di tenere fede ai tuoi propositi! Il fatto è che non ho potuto farne a meno, non per come mi è stata proposta.
Qualche giorno prima mi aveva contattato un mio allievo, parlandomi di questa iniziativa, a lui proposta dalla sua ex insegnante presso l’Istituto d’Arte. Mi raccontò di queste strane maglie da lei ideate, che uniscono più persone insieme, cucite per il fianco, per le maniche, a tre, a due, a cerchio… insomma un vero concerto di corpi che avrebbero dovuto interagire. Inizialmente rifiutai, perché il 5 settembre sarei stata a Colorno a lavorare per quel meraviglioso Festival Tutti Matti per Colorno, e quindi mi sarebbe stato impossibile partecipare. Poi, contattata di nuovo da lui, gli dissi di passarmi il numero della sua insegnante e capire se avrei potuto esserle d’aiuto, anche solo in piccola parte.
Ecco qui l’errore, parlare, incontrarla telefonicamente, ascoltare la sua umile voce, farmi carezzare dal suo progetto e assorbirne gli obiettivi… e poi immaginare quanto sarebbero stati efficaci e potenti le miei creature (gli allievi), loro con la passione adolescenziale e la vita che invade le strade e le inonda di poesia… loro, avrei potuto non coinvolgerli in questo? Avrei dovuto restare fedele a un proposito come questo, sapendo che li avrei privati di una bellissima esperienza? La domanda è retorica e la risposta è banale.
Ho subito attivato il gruppo whatsapp – perché con i giovani le email non vanno bene, sono obsolete si sa! – e cinque di loro hanno risposto positivamente. Il gioco era fatto, e io avrei avuto la possibilità di vivermi un’esperienza unica insieme a loro, fra loro, dentro di loro, li avrei avuti attorno, sopra, addosso, avrei respirato la loro giovinezza, l’innocenza dei gesti, il sapore del nuovo e dell’inaspettato. Era impossibile dire di no.
L’incontro con lei è stato speciale. Quanta umiltà nei suoi occhi e quanta gratitudine per la nostra disponibilità. Mi sono detta di aver preso la giusta decisione, perché a volte si è ripagati da qualcosa di più importante del vil denaro, e ieri al termine della performance ho capito che ne avevo bisogno, ecco perché non avevo potuto rifiutare. Il nostro inconscio molto spesso ci conduce proprio dove dovremmo andare e non dove penseremmo giusto dirigere i nostri passi, e ieri ha avuto ragione lui.
(Certo, adesso devo dare non so quanti soldi allo Stato italiano, per quei pochi spiccioli che sono riuscita a guadagnare quest'anno, ma questa è un'altra storia...)
Mi sono anche resa conto di un fatto: mi sono chiesta perché fra gli artisti presenti non fosse emerso il mio nome, e la risposta mi è giunta quando il direttore dello spazio espositivo e ideatore del progetto mi si è presentato per la milionesima volta, come se non mi conoscesse.
Io non sono un’artista, ecco perché non ero stata inserita in quella rosa di persone speciali, io non sono come loro. Sono un manovale della scena e dell’arte, che arriva in aiuto a chi ne ha bisogno, che si mette al gradino più basso e si lascia andare al vento che in quel momento soffia, traendo il meglio, ma poche volte gli applausi. Sono quella che si sporca le mani e troppo spesso non si paga, né si fa pagare. Sono l’operaia dell’arte, non l’artista.
Sarà forse per questo che non sfonderò mai, sarà il motivo per cui ben pochi si ricorderanno il mio nome e diranno “sì, quella che ha insegnato teatro… ha fatto qualche spettacolo mi pare… si si, l’ho vista qui, là… qualche volta”. E andrà bene lo stesso.
Ieri quelle maglie hanno preso vita con me, sulla mia pelle. Sono state le mie mani a coinvolgere il pubblico che ha reagito positivamente, entrando nella performance in carne e ossa, vestendosi con me, al mio fianco, tenendomi la mano, raccontandomi di sé, unendo due vite sconosciute che per un attimo sono divenute gemelle…
L’obiettivo era raggiunto, per me, per loro… il manovale aveva fatto bene il suo lavoro. E chissà che stando accanto a questi artisti, prima o poi anch’io riesca a capire come fanno a essere tali.

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