giovedì 1 ottobre 2015

Ciao mi chiamo Caterina e sono una (spero) ex tossicodipendente

A questo punto dovreste salutarmi biascicando - anche mentalmente va bene - il "Ciao Caterina" noioso e cantilenante, tipico delle sedute di ex-alcoolisti o tossicodipendenti cui i telefilm americani ci hanno abituati.
Sono stata una tossicodipendente e non me ne vergogno, non adesso che ne sto uscendo, o quantomeno "sto cercando di", dovrei dire, perché esserne uscita significherebbe non sentire questo assurdo e devastante disagio del non avere più la mia meravigliosa e saporitissima droga: la nicotina. Dio il suo odore, quasi una specie di richiamo alla vita; annusare le mani di qualcuno che ha fumato era per me da piccola un'abitudine che si compiva di fronte agli occhi attoniti di mia madre, fumatrice anche lei, ma non amante delle sigarette quanto me. Io non amo le sigarette in realtà, adoro il tabacco, adoro farmele, crearla nelle mie mani, plasmarla a seconda delle esigenze: fine e "da due tiri" se non ho molto tempo per potermela gustare - se sta arrivando il treno, ad esempio - e per quanto non abbia che pochi secondi, non ne voglio buttare via neanche un soffio; o bella panciuta e soddisfacente, per fumate "a lungo termine", magari in compagnia di qualcuno - fumatore anche lui - o di un bel libro, del computer, del film di turno, del viaggio in macchina, dell'insonnia, del "sempre", perché un fumatore che si rispetti ha sempre una scusa per potersene accendere una.
Mi girano le palle
sono triste
sono felice
sono stanca
sono annoiata
sono assonnata
non riesco a dormire
ho fame
non ho fame 
ho fatto l'amore
non ho fatto l'amore
devo conoscere uno/a
devo darmi un contegno
devo sembrare sicuro/a
devo sembrare di classe
devo essere alla mano
devo consolarmi in qualche modo
devo regolarmi in qualche modo
devo arrivare a quell'ora, dai, manca poco...

Non hanno importanza i sono, non sono o devo della situazione: se sei un fumatore andrà bene qualsiasi cosa, pur di mettere in bocca una sigaretta e ogni volta ti illuderai di trovarvi giovamento, sempre, perché a te la sigaretta piace, ti piace l'odore, il sapore, la sensazione che ti dona a ogni boccata, il senso di libertà e fierezza che ti concede, anche solo per pochi istanti!
Il gesto soprattutto, quella specie di danza delle dita se sei un amante del drum - senza macchinetta per favore, i drummini si fanno a mano, punto e basta! Non voglio più tornare sull'argomento.
Apri il pacchetto di tabacco, lo metti fra indice e medio, e con l'indice tieni anche la cartina, il filtro ce l'hai in bocca, mentre con l'altra mano selezioni il tabacco da inserire - a seconda delle suddette esigenze. Chissà come mai ce ne va sempre un pochino di troppo e sei costretto a toglierne quel tanto che basta per farne un quantitativo accettabile, ma quando hai terminato di rullare, hai leccato la cartina, e con un gioco di pollici e indici, ruoti verso il cielo quella meraviglia di pochi centimetri, profumata e potente, la pace è raggiunta. Accendino, una fiammata e via, ecco sopraggiungere il piacere. E' questo che mi manca, tutto questo mondo racchiuso in un piccolo gesto che dilatato diviene poesia.

E' da domenica 20 settembre 2015 che non metto in bocca una sigaretta, ovvero dalle 19:30 circa di quella strana e distruttiva domenica in cui ho assaporato ciò che non credevo sarebbe stata la mia ultima sigaretta - altrimenti il rito lo avrei compiuto con maggior cura, anche in onore dei numerosi anni trascorsi l'una accanto all'altra. Vi starete chiedendo: Perché Caterina ti ostini a farti del male andando a sviscerare ogni particolare? Perché descrivere al dettaglio anche il più piccolo gesto legato al "fumo", arrivando a usare termini quali "danza" "poesia"? Perché ne ho bisogno, perché se non posso fumarla, almeno la racconto, e quasi mi sembra di averla fumata davvero quella maledetta sigaretta; in un certo senso mi sta appagando sì, mi sta togliendo quella sensazione di incazzatura devastante e travolgente che mi vedrebbe ingoiare un pacchetto intero, mangiarmelo direttamente - altro che sfumacchiarlo...

Perché ho deciso di smettere, poi, questa me la devo proprio spiegare!? Sono i miei polmoni che sto intossicando, mica quelli del mondo, e dei miei polmoni faccio quello che mi pare, a prescindere dal fatto che faccia loro bene o meno.
Mi ero detta che non avrei voluto essere una trentenne fumatrice, però, devo ammetterlo. Appena compiuti i fatidici 30, avrei gettato il pacchetto nel cestino e avrei detto addio per sempre a quella vita di fumo e bocche amare, per la gioia del mio corpo e del mio amodes che con tanta pazienza e sopportazione, non si era mai permesso né di giudicarmi, né di chiedermi si smettere (nonostante fosse asmatico e gli provocasse tosse e fastidi quando mi era accanto).
E poi che è successo? Il mio compleanno è passato in sordina, buttato là in un lunedì uguale a tanti altri, con qualche festeggiamento durante il lavoro e di prima mattina in casa del mio amodes. Sì perché quella meraviglia che mi ritrovo come fidanzato, ginnasta a livello agonistico, il giorno prima aveva visto bene di sfracellarsi in gara, sbriciolandosi il malleolo. Quindi che cosa c'era da festeggiare, che alle 8:00 del mattino eravamo belli pimpanti all'ospedale, pronti per il ricovero? Suvvia, ce ne sarebbero stati altri di compleanni - speravo - ma l'aver buttato nel cesso proprio il trentesimo, mi ha bruciato non poco, e mi brucia ancora, per quanto la colpa sia da imputare al destino bastardo.
Perché avrei dovuto smettere di fumare allora? E ho continuato, per un anno intero, dandoci sotto come se mi fosse stato concesso il lusso di drogarmi allegramente e giustificatamente; lo facevo con gusto, anche troppo.
Inutile, però, trovare scuse: non riuscivo a smettere, e non perché non ci fossero state le giuste contingenze. Se vuoi smettere basta un istante, l'attimo giusto in cui di fronte a un bivio scegli destra o sinistra, con un 50% di possibilità di acciaccare una merda il più delle volte, ma in questo caso di scelte sbagliate ce n'è una sola ed è evidente: continuare a fumare.
Poi il mio amodes prenota una vacanza di 10 giorni a settembre, destinazione Sardegna, "Hai bisogno di staccare!" mi dice, "quest'anno senza scuse, ci facciamo una bella vacanza insieme". Peccato che mi ritrovo a partire il 18 settembre sera, al porto di Livorno, con la febbre a 38; passo una nottata d'inferno sdraiata per terra, tremando come una foglia e maledicendo il mare troppo mosso per il mio stomaco; arriviamo al villaggio che nemmeno mi ricordo come abbiamo fatto, mi butto su letto e lì resto per due giorni: i due giorni più brutti dell'anno. La notte successiva la passo piangendo per il dolore alla testa, amodes che corre per tutto il villaggio alle 3:00 di notte in cerca del dottore che non c'è, e la giornata trascorre in maniera devastante fra un aulin e una tachipirina... e dopo tutto questo, alle 19:30 quando riesco a stare in piedi per la prima volta dopo giorni, la prima cosa che mi viene in mente di fare non è godermi il panorama con quel santo che ha vegliato su di me notte e giorno, NO! Mi accendo una merda di sigaretta, e mi rendo conto di mangiare la merda vera. Mi arriva una boccata di catrame talmente tanto amaro da farmi rimpiangere di essermi alzata. Mi sono fatta così schifo che me la sono finita tutta quella merda, e lo ripeterò fino a farmi male, era pura merda. L'ho assaporata tutta, fino all'ultimo tiro, e mentre osservavo quella vista mozzafiato, mi vedevo da fuori piccola e mediocre, stupida e fallibile, così brutta che avrei voluto graffiarmi la faccia fino a trasformarla nell'orribile visione che avevo di me.
E ho detto: Fanculo! Fanculo alle sigarette e a quello che si portano dietro, io smetto.
Ho chiuso tabacco, cartine e filtri nel luogo più recondito della valigia, e ho deciso che per tutta la vacanza non li avrei più toccati. E così è stato, senza alcuna fatica, senza nessun rimpianto. Ho smesso addirittura di bere caffè, per evitare di avere lo stimolo di accendermene una...

Ma il rientro nella quotidianità non è stato così leggero come avevo sperato. Riprendere le abitudini senza la mia fedele compagna fumante si sta rivelando un vero percorso in salita, e mi sono trovata in un giorno a combattere con me stessa come se fossi schizofrenica pura: due Caterine che litigano sul da farsi e si insultano a vicenda.

"Dai ma una sigaretta che mi fa? Posso fumarla e smettere lo stesso, ma gradualmente!"
"Cretina, infida, e stupida ragazzina, così non smetterai mai! Fai 50 addominali piuttosto, così scemi quella pancia da chiattona!!!!!"

Eccomi in una battaglia all'ultimo sangue fra il bene e il male, fra il diavolo che è in me e il buon senso che dovrei avere e che sto credendo di non trovare più.
MA NON VOGLIO MOLLARE!

Perché pensare che una cosina lunga qualche centimetro, sia più forte della mia volontà, mi fa pena, troppa pena per poterlo accettare.
E io sono forte più di lei, che è una droga, e dovremmo cominciare a chiamarla come tale!

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