giovedì 23 luglio 2015

Work in progress

Pagina bianca.. che ansia! Con quale argomento dovrei cominciare a scrivere un blog? E un blog che si rispetti di cosa dovrebbe parlare?

Ho provato molte volte a scriverne uno, ma accadeva sempre qualcosa che mi portava a chiuderlo, blog dopo blog!

Poi ho capito il motivo: scrivevo solo per il gusto di scrivere e non davvero di ciò che mi riguardava; andavo alla strenua ricerca di temi che fossero attuali e di tendenza, insomma invitanti per i lettori, mi dilettavo in argomenti a me non familiari e, infine, mi trovavo a chinare la testa di fronte al "nessuna visualizzazione".
Poco importava se davo risposte giuste, o quanto i miei articoli - perdonatemi, POST! - fossero interessanti, erano le domande a essere sbagliate, una in particolare: perché mi sarei dovuta mettere a scrivere un blog?!
Non sapevo rispondere!
Ho deciso di documentarmi sul termine "Blog" e partire da ciò che ne sarebbe uscito. La prima risposta non mi ha soddisfatta, ma quantomeno mi ha resa più dotta. Sapevate che:

"La parola blog nasce dalla contrazione di web log, ovvero "traccia su rete".Più dettagliatamente il weblog è una parola costruita da due termini uniti tra di loro, "web" cioè la Rete e "log", cioè i software che servono per tenere traccia degli accessi ad un sito. Il termine weblog è stato creato da Jorn Barger nel dicembre del 1997.La versione tronca Blog è stata creata da Peter Merholz che nel 1999 ha usato la frase "we blog" nel suo sito, dando origine al verbo "to blog".Il fenomeno ha iniziato a prendere piede in America e nel 2001 è divenuto di moda anche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati alla gestione di blog. La possibilità di pubblicare documenti su Internet si è evoluta da privilegio di pochi (università e centri di ricerca) a diritto di tutti (i blogger, appunto)." (Se volete potete leggere l'intero post qui - buffo che il primo risultato sia stato del Comune di Torino, ma essendo uscito questo, mi è sembrato giusto ricompensare i soldi spesi per essere in cima alla lista di google!)


Quindi lasciare una traccia nella rete, Bloggare noi stessi nel mondo virtuale per non essere dimenticati (forse?), o più semplicemente dar libero sfogo al narcisismo che attanaglia ognuno di noi.

La rete è piena di siti e Blog - appunto - che ti insegnano come crearne uno, come farlo crescere, quali contenuti inserire, quando postare... insomma, vere e proprie guide all'uso di ciò che in teoria dovrebbe rispecchiare Te e nessun altro. (comunicare sul web di quelli che ho visitato, mi sembra uno dei migliori; in quanto evita di identificarsi come "il Dio del Blog" e utilizza un percorso a step anche divertente, seppur piuttosto banale, se si ha una qualche dimestichezza con i percorsi motivazionali che da anni imperversano nelle nostre vite.)
Purtroppo, però, ho sempre faticato a inserirmi nei "devi fare", "devi dire", e anche in questo caso non sarò da meno, caratteristica che porterà probabilmente il mio ennesimo blog alla rovina, proprio come è successo a tutti gli altri (ma del resto, stic...)
Una cosa, però, mi è piaciuta di tutte le pagine che ho visitato su questo argomento: ognuna parlava di "diario personale". Essendo figlia di un'epoca passata, in cui il computer esisteva, ma non per tutti, e lo si usava una volta alla settimana, giusto per copiare la ricerca fatta in biblioteca e stamparla per la prof. di turno, la mia passione era scrivere diari. Ogni tragggedia infantile o adolescenziale, ogni amore finito - perché mai cominciato davvero - ogni delusione, ma anche felicità, idee, sogni, tutto veniva categoricamente riportato su carta, e ne posso vantare casse intere. Talvolta mi trovo a sfogliarli, ma non sempre è piacevole. Alcuni raccontano storie brutte, e chissà, magari ne parlerò qui, nel mio nuovo Diario personale.
Ecco quello che sarà, un diario in cui riportare me e quello che sono, a prescindere dal fatto che possa interessare a qualcuno o meno.

Un work in progress a tutti gli effetti, perché questa è la mia vita: nessuna certezza di ciò che sarà, ma solo un costante lavoro per arrivare non so dove. E in una società che vorrebbe basarsi su certezze e concretezze del caso, essere in balia di me stessa sembra l'unica strada da seguire, ad oggi.

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